Mortal diletto ai Numi
di Roberta Pedrotti
AA.VV.
The 50 Greatest Tracks
Fritz Wunderlich, tenore
con Lucia Popp, Lisa Della Casa, Walter Berry, Hans Hotter etc.
Böhm, Jochum, Karajan, Bartoletti, Prêtre, Kubelik etc direttori
2 CD Deutsche Grammophone 479 6418, 2016
“Muor giovane colui ch'al cielo è caro”, ricorda Leopardi traducendo Menandro e ricorda ciascuno ogniqualvolta una scomparsa prematura consegna al mito un nome e una vita, preservandoli dagli oltraggi del tempo.
Per Fritz Wunderlich, però, il caso sconcertante di una caduta dalle scale banale e fatale pochi giorni prima di compiere trentasei anni, mezzo secolo fa, è anche il tragico sigillo di una parabola artistica straordinaria: come per Mozart, strappato alla vita più o meno alla stessa età, il breve tempo in cui si è sviluppata ascendendo a tali vertici la rende ancor più eclatante, ma non ne costituisce il valore primario.
Proprio ascoltandolo in Mozart, nelle arie da Die Zauberflöte, non si può non pensare che se potesse esistere un'interpretazione perfetta, nient'altro che perfetto potrebbe essere definito questo Tamino. Giovane, fresco, nobile, elegante, capace di esprimere la ricchezza della sua lingua madre libera da ogni rigidità, in un gusto purissimo del canto. Ecco la virilità autentica del principe, la sua idealità settecentesca, il piglio che ispirerà il futuro heldentenor, lo stile sovrano di un fraseggio che è tutt'uno con un'emissione sempre salda, ben sostenuta e ben proiettata, tale da piegarsi con la massima naturalezza all'articolazione della nota e della parola. Con la stessa qualità lo ascoltiamo, per esempio, dare al canto dello Steuerman del Fliegende Holländer quella qualità vocale, quella spontanea franchezza, quell'intensità drammatica e finezza espressiva, nel legato e nella dinamica, che dovrebbero essere stella polare di ogni interprete wagneriano.
Tutto quel che Wunderlich tocca nella propria lingua si tramuta in oro, perché la tecnica e la musicalità eccellenti possono permettergli di esaltare ogni piega espressiva del testo con tutta la finezza di un nobile equilibrio, di un gusto misuratissimo e quantomai incisivo nei piccoli dettagli, in quel cesello liederistico innervato da una schietta vitalità che si esalta in Mahler come in Schubert e Schumann. Non si avverte mai la minima tensione nel canto, mai un limite o una difficoltà che debbano esser elusi o mascherati, bensì la totale libertà di entrare nella musica senza mai uscirne, dandole corpo con colori, accenti, dinamiche sempre esatti, sempre dosati con gusto naturale quanto intelligente, mai nulla di troppo né di troppo poco, dalla tragedia all'operetta, dal Lied a Verdi e Puccini, dal barocco e dal sacro fino alla romanza e alla canzone. Solo la gestione del fiato, un sostegno continuo che fa di canto e respiro una sola cosa, basterebbe a fare di Wunderlich un modello assoluto, ammonendo che il perfetto dominio della voce è il primo e più efficace strumento dell'artista e dell'interprete: chi predica non necessaria una tecnica forte e completa per ogni repertorio, chiamando in causa le eccezioni di chi ha saputo fare anche magnificamente di necessità virtù, semplicemente non dice il vero e rischia di metter fuori strada chi aspira a questa carriera. Wunderlich si muove per tre secoli di musica, opera, operetta, Lied, canzone, oratorio, fino a sfiorare una leggerezza quasi da musical, tutto cantando benissimo, senza sforzo, con stile, accento, comunicativa sempre centrati.
Certo, quando dal tedesco passa all'italiano noi madrelingua nella terra dove “il bel sì suona” non potremo non notare qualche fonema un po' più rigido, una prosodia assai buona ma non perfetta (soprattutto nelle canzoni napoletane o nella scatenata tarantella rossiniana), per cui la bella linea e la vocalità impeccabile non gli garantiranno gli stessi vertici assoluti delle pagine interpretate nel proprio idioma. Ciò non toglie che si tratti sempre di esecuzioni splendide, semplicemente con quel minimo margine di imperfezione che rendeWunderlich un po' più umano, caro agli dei, sì, ma non (sempre) un dio egli stesso. Chissà, se fosse vissuto, se avrebbe saputo superar sé stesso.
Il doppio CD comprende cinquanta tracce le più varie, pescate dall'archivio preziosissimo delle incisioni ufficiali e private di Wunderlich. Se a qualcuno parrà un po' pomposo definirle “le più grandi” (per quanto basterebbe a dirle tali quel sestetto da Capriccio diretto da Prêtre con Popp, Della Casa, Kmett, Kerns, Berry alla Wiener Staatsoper), si ricorderà che la scelta è stata effettuata personalmente dalla vedova Eva Wunderlich, e che, dunque, questo ritratto assume un valore anche intimo particolarmente toccante. Non importa se qualcuno non troverà qui la sua registrazione del cuore, perchè potrà ascoltare quelle che sono nel cuore di chi è stato più vicino al grande tenore, raccontano anche la prospettiva di chi lo ha amato in vita. Altri sguardi di diverso amore, l'ammirazione di colleghi e musicisti, sono presenti in un piccolo album di dediche e ricordi firmati da Rolando Villazon, Thomas Hampson, Anneliese Rothenberger, Hubert Giesen, Brigitte Fassbaender, Nicolai Gedda, Christa Ludwig, Peter Schreier, Placido Domingo, Joseph Calleja. Non frasi di circostanza: ascoltando questi due CD pubblicati per i cinquant'anni dalla morte, non si può che sottoscriverle tutte.