L’Ape musicale

rivista di musica, arti, cultura

 

Fascino e tragedia

di Michele Olivieri

Grazie a Rai 5 il grande pubblico ha potuto assistere il 10 novemvre 2024 in prima tv al balletto in tre atti basato sul romanzo dell’abbé Prévost nella storica coreografia di Kenneth MacMillan, ripreso dalle telecamere lo scorso luglio sul palcoscenico della Scala.

L’opera coreografica di Kenneth MacMillan sulle musiche di Jules Massenet è ritornata dal vivo, dopo i passati consensi milanesi, con una sontuosa esecuzione grazie all’interpretazione vibrante del corpo di ballo del Teatro alla Scala diretto da Manuel Legris, dei solisti, dei primi ballerini e dei protagonisti, che, nella trasmissione televisiva registrata l’8 luglio 2024, hanno avuto il volto e il corpo della étoile scaligera Nicoletta Manni e del primo ballerino del Royal Ballet Reece Clarke.Un titolo classico, nel repertorio della compagnia scaligera dal 1994, a cinquant’anni dalla creazione - avvenuta nel 1974 - coinvolge in maniera non mutata lo spettatore per la sua forza drammatica e teatrale. MacMillan è stato il maestro dei balletti narrativi a serata intera, ricchi di potenza emotiva e di classicismo. Basti pensare al Romeo e Giulietta oppure a Mayerling (in scena in questi giorni all’Opéra di Parigi). Senza dimenticare Anastasia - che purtroppo è rimasto lontano dalle scene italiane - incentrato sulla granduchessa russa e sulla figura di Anna Anderson, che per un certo periodo venne creduta (per poi essere smentita) essere l’autentica Principessa Imperiale dei Romanov da buona parte dell’opinione pubblica, compreso lo stesso MacMillan. Oppure Isadora un balletto incentrato sulla vita della leggendaria danzatrice e coreografa Isadora Duncan, tra le anticipatrici più significative della danza moderna. Sono tutte opere che danno l’esatta misura del ruolo di narratore e se vogliamo anche di psicologo che si era ritagliato MacMillan con la sua singolare capacità di empatizzazione di cui Manon è stato il capolavoro. Da quando il romanzo di Antoine François Prévost è stato pubblicato nel 1731, L’Histoire du Chevalier Des Grieux et de Manon Lescaut è stata oggetto di numerosi adattamenti sia per la scena teatrale sia per lo schermo. Nel XIX secolo, Jules Massenet, Daniel François Esprit Auber e Giacomo Puccini ne trassero le loro opere. Nel 1974 il coreografo scozzese MacMillan propone la sua versione danzata concentrandosi sui due interpreti principali in un allestimento temerario, in grado di forgiare uno stile capace di tradurre i sentimenti di due anime abusate dagli accadimenti negativi della vita, e dalle loro fragilità. Sir Kenneth MacMillan, già direttore artistico del Royal Ballet, decide inoltre di non utilizzare la Manon di Massenet, prediligendo una selezione di altre partiture dello stesso autore, come Elegie e la Meditation di Thaïs nell'orchestrazione di Leighton Lucas, rinnovata poi da Martin Yatesnel 2011. Forse la musica è l’unico neo, più che altro perché non sempre il tessuto sonoro va di pari passo con la narrazione e si verifica quello scollamento che è tipico di un potpourri.

Il balletto ha registrato un costante successo fin dagli esodi a Londra, quando nei ruoli principali figuravano Antoinette Sibley e Anthony Dowell. Oggi L’histoire de Manon è a pieno diritto un punto di riferimento dell’arte tersicorea drammatica. Il genio di MacMillan esprime una predilezione nei riguardi della capricciosa Manon e della sua lotta per sfuggire alla povertà, aspetto ben sottolineato dalle rievocative scene di Nicholas Georgiadis, che riproducono uno sfarzoso periodo di lusso e opulenza incrinato al contempo da una latente povertà. Gli spettacolari quadri corali restituiscono chiari ritratti sul divario sociale, anche se il tutto rimane ancorato agli appassionati pas de deux di Manon (Nicoletta Manni) e Des Grieux (Reece Clarke), che punteggiano l’incombente sciagura e i lati umani più ombrosi. Vediamo Lescaut (Nicola Del Freo) offrire la sorella Manon al miglior offerente; nel momento in cui lei incontra Des Grieux, se ne innamora e fugge con lui a Parigi. In seguito Monsieur G.M. (Gabriele Corrado) chiede a Manon di diventare la sua amante in cambio di una vita lussuosa e la donna non riesce a resistere. Incoraggiato da Lescaut, Des Grieux bara al gioco nel tentativo di sottrarre denaro a Monsieur G.M., ma i tre vengono smascherati. Manon subisce l’arresto per prostituzione e l’esilio in una galera di New Orleans; Des Grieux la segue. Mentre fuggono, Manon muore esausta (brava la Manni nel palesare che non si può dare la vita a chi non può più vivere, o forse a chi non desidera più vivere) e Des Grieux rimane atterrito tanto da imprimere il dolore nel proprio animo come fosse una implosione che non gli lascia nemmeno la forza di gridare (straordinario Reece Clarke con una prova attoriale e di interiorizzazione toccante). Ruoli di rilievo sono quello dell’amante di Lescaut (Martina Arduino), Madame (Francesca Podini), il carceriere (Gioacchino Starace), il capo dei mendicanti (Domenico Di Cristo). E via via le cortigiane interpretate da Gaia Andreanò, Caterina Bianchi, Camilla Cerulli, Linda Giubelli, Agnese Di Clemente. I tre gentiluomini sono impersonati da Mattia Semperboni, Navrin Turnbull, Emanuele Cazzato. Le cinque ragazze che hanno il volto di Alessia Auriemma, Greta Giacon, Giordana Granata, Benedetta Montefiore, Madoka Sasaki. I clienti Frank Aduca, Edoardo Caporaletti, Andrea Crescenzi, Darius Gramada, Fabio Saglibene. Le prostitute rappresentate da Stefania Ballone, Christelle Cennerelli, Chiara Fiandra, Denise Gazzo, Marta Gerani, Chiara Ferrara, Letizia Masini, Asia Matteazzi, Sena Motoyoshi, Giorgia Sacher, Martina Valentini, Serena Sarnataro. Il vecchio gentiluomo è Massimo Dalla Mora, mentre le cameriere sono Antonella Luongo, Licia Ferrignato. Infine, i sei mendicanti: Eugenio Lepera, Andreas Lochmann, Valerio Lunadei, Francesco Mascia, Marco Messina, Saïd Ramos Ponce.

La ripresa della Scala, unitamente alla trasmissione televisiva di Rai 5, ha evidenziato con smalto i vari gradi di intensità melodrammatica nell’irrazionale destino dei due protagonisti sullo sfondo del XVIII secolo. La Manon della Manni e il Des Grieux di Clarke appaiono vividi, di una purezza trasparente su cui prevale in primis il controllo tecnico, esaltando la creazione di Kenneth MacMillan nel suo apice massimo.

Paul Connelly ha diretto l’Orchestra del Teatro alla Scala con distinzione. La coreografia (ripresa da Julie Lincoln e a cura di Manuel Legris, Laura Contardi, Massimo Murru, Lara Montanaro, Antonino Sutera) offre assoli, duetti, terzetti, scene d’insieme, sollevamenti, rotolamenti, scivolate, cadute a terra, corse a capofitto e tanti salti a far da contraltare a gesti di affetto delicati e intimi ponendo l’accento sul virtuosismo accademico. Sebbene sia strutturato in maniera simile ad un tradizionale balletto del XIX secolo, al debutto del 1974 ha aperto inediti orizzonti a cui si sono rifatti altri coreografi dopo MacMillan. Da sottolineare le congeniali riprese della Rai nella accurata regia di Stefania Grimaldi, che ha saputo cogliere ogni sfumatura tra primi piani e scene corali senza cali di tensione o distrazioni. Sul palcoscenico teatrale Manon è un meccanismo perfetto: qualsiasi suo componente è un ingranaggio che si muove nei giusti tempi, nella stessa direzione e in sincronia agli altri. Ogni cosa e ogni persona si trova al punto giusto, anche i più piccoli comprimari hanno la giusta importanza nella scacchiera dell’allestimento. Le scenografie spaziano da scintillanti saloni a piazze di mercato, da moli a paludi e i costumi restituiscono la moda del tempo. L’illuminazione è suggestiva e a secondo dei quadri scenici sembra cambiare calore rispetto ai sentimenti degli esecutori. La compagnia scaligera è apparsa buona con una lodevole dose di impegno. L’espressione fisica si esprime chiara e diretta, soprattutto nel finale, perché non sono presenti decorazioni aggiuntive e permette la massima concentrazione sull’incisività del corpo e della mimica. Il balletto è un misto tra una commedia romantica che prende una piega infausta come fosse una tumultuosa tempesta e un racconto morale con momenti di grande radiosità. Ma qualunque cosa sia, è sicuramente uno spettacolo imperdibile.


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