L’Ape musicale

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ettore majorana

ETTORE MAJORANA

Cronaca di infinite scomparse

NOTE DI REGIA

IN n VARIABILI. APPUNTI PER UN'OPERA CONTEMPORANEA di Stefano Simone Pintor

Cosa vuol dire fare opera lirica oggi? Se è vero che il ’900 ci ha portati verso il concetto di ‘frammentazione’, dove ci sta portando il XXI secolo? Sono queste le domande che ci siamo posti quando abbiamo deciso di aderire al bando di concorso Opera Oggi per la composizione e la realizzazione di un’opera lirica contemporanea. Il progetto, indetto da OperaLombardia, in coproduzione con Theater Magdeburg e il Palau de les Arts di Valencia e in collaborazione con Casa Ricordi, era a tema libero, ma lo stesso titolo del concorso richiedeva già implicitamente una profonda indagine sull’oggi. Fondamentale era dunque domandarsi se l’opera lirica potesse ancora costituire un linguaggio in grado di parlare al pubblico odierno e, se sì, in che modo, e quali potessero essere degli argomenti validi a rappresentare il nostro mondo.

Una personale risposta a queste questioni l’abbiamo ottenuta indagando sopra alle nozioni di ‘serialità’ e ‘realtà aumentata’, due concetti oggi pressoché onnipresenti in ogni ambito della nostra vita. Con ‘serialità’ intendiamo sì la tendenza narrativa odierna della produzione di episodi in successione, ma anche e soprattutto lo sviluppo (in qualsiasi campo) di diverse strutture o modelli posti uno in seguito all’altro e collegati fra loro da una certa circolarità. Questi modelli, che esistono da sempre in natura, sono stati largamente riprodotti anche dalle tecnologie umane: basti pensare al funzionamento dei circuiti elettrici o delle telecomunicazioni. Il concetto di ‘realtà aumentata’ è legato, invece, sia all’arricchimento della percezione sensoriale umana tramite informazioni convogliate elettronicamente, sia a tutte quelle realtà abitate oggi dall’uomo e che vanno al di là di quella fisica: parliamo della realtà del pensiero o del sogno e di quella, appunto, virtuale. Queste due realtà effettivamente aumentano o, piuttosto, completano la nostra realtà fisica, ed esistono parallelamente a essa. In poche parole, oggi viviamo una vita basata su una sorta di sistema seriale, fatto di uno sviluppo verticale e contemporaneo di più realtà parallele (quella fisica, quella del sogno e quella virtuale), ma collegate fra loro circolarmente, dove ognuna di esse dipende strettamente dall’altra.

Se volevamo restare fedeli a queste nostre riflessioni, il soggetto da scegliere doveva allora racchiudere in modo unitario tutti questi concetti. Fisiologico è stato l’avvicinamento al mondo della fisica quantistica che, fra le altre cose, ha avuto il merito di aprire le porte del pensiero umano alla complementarietà, ovvero sia alla coesistenza, all’interno di uno stesso sistema fisico, di diversi stati, talvolta opposti, in correlazione fra loro. Fra i più illustri iniziatori di queste teorie ci fu un fisico teorico italiano che, già negli anni ’30, influenzò profondamente la ricerca internazionale in questo campo. Il suo nome era Ettore Majorana.

Majorana fu un fisico profetico per la sua epoca. Alcuni dei suoi lavori sulle particelle elementari, sulle forze nucleari e sull’antimateria sono tutt’oggi oggetto di studio; ma ai ricercatori contemporanei Majorana è soprattutto noto per una complessa e affascinante teoria: ‘L’equazione a infinite componenti’. Nello sviluppo di questa equazione, Majorana si lasciò guidare dal principio della relatività, e pose come condizione iniziale che la sua equazione non descrivesse un solo elettrone, bensì qualsiasi cosa che possedesse uno spin, ossia la rotazione di una particella intorno al proprio asse. Majorana scoprì così una torre infinita di particelle, tutte descritte dalla stessa equazione e unificabili in un’unica onda quantomeccanica. A basse energie queste particelle parevano distinguersi e acquisire differenti valori di spin e massa, ma a un livello più profondo tutte quante erano in realtà diverse facce della stessa entità, manifestatesi in diverse ‘dimensioni’ (intendendo qui questo termine in senso figurato, come aspetto o carattere con cui una qualche cosa si presenta). Nel tentativo di ‘fotografare’ queste particelle,

nei decenni seguenti, studiosi di tutto il mondo svilupparono tecnologie rivoluzionarie poi riutilizzate nel campo medico o delle nanotecnologie informatiche.

Tutto questo dà già un’idea dell’importanza e del peso degli studi di Majorana. Eppure, ci fu anche un altro aspetto che contribuì a renderlo ancora oggi un soggetto attuale. Secondo le parole di Enrico Fermi, infatti, Majorana era un genio «paragonabile solo a Galileo o Newton», un genio che aveva «doni che era il solo al mondo a possedere». Tuttavia, doni del genere hanno i loro contrappesi: infatti, Majorana non sapeva vivere fra gli uomini e all’età di soli 31 anni decise di sparire per consegnarsi a una ‘dimensione altra’. Nella notte fra il 26 e il 27 marzo 1938, s’imbarcò su un postale che collegava Palermo a Napoli e, da lì, si volatilizzò per sempre. Il suo corpo non fu mai ritrovato, alimentando così il famoso ‘caso Majorana’, tutt’oggi vivo e apertissimo. Innumerevoli sono le ipotesi su quale possa essere stata la sua fine: dal suicidio alla fuga in Venezuela e Argentina, dal ritiro in convento a una nuova vita da clochard… e si potrebbe ancora andare avanti. La cosa singolare è che, benché qualche prova a riguardo di una sua vita dopo la sparizione esista, nessuna di queste prove permette di invalidare realmente le altre. Anzi: tutte queste ipotesi sono plausibili e valide contemporaneamente; e questo è stato, forse, l’aspetto che ha maggiormente illuminato i nostri pensieri a riguardo.

Ci sembra, infatti, che la fine di Majorana costituisca in un qualche modo un concreto esempio della sua stessa equazione. Così, ispirandoci anche formalmente alla sua matematica, abbiamo pensato a un’opera dove il contenuto potesse completamente aderire alla forma; e questo soggetto-oggetto del racconto è divenuta proprio l’infinita fine di Majorana. Poiché non si trattava qui di rappresentare una normale biografia, un’opera del genere non poteva certo essere pensata in maniera lineare. Così, abbiamo optato per una ‘torre verticale’ di più variabili di uno stesso avvenimento o episodio, per l’appunto la sparizione di Majorana, declinato in tutte le più o meno probabili versioni che, negli anni, sono state ipotizzate. Ne è nato uno spettacolo operistico atipico, fatto di loop narrativi dove spazio e tempo si muovono costantemente: si va avanti, ma si torna anche indietro nel tempo, si salta in realtà parallele o distorte, in futuri distopici, in passati anacronistici... il tutto pur sempre coerentemente rispetto a un’immaginaria visione ‘in contemporanea’ di tutto lo spazio-tempo che ha circondato e che tuttora circonda la figura di Majorana. Quale sia stata poi realmente la sua fine, in fondo, poco importa, anche ai fini dello spettacolo. Quel che importa maggiormente è semmai l’insieme di interrogativi con cui ci ha lasciato e che ancora oggi ci spronano a volgere lo sguardo all’infinito, a guardare al progresso.

E' in virtù di questo progresso che abbiamo anche noi tentato, nel nostro piccolo, un rinnovamento degli stilemi operistici, sia portando in campo i concetti sopra citati, sia cercando un proficuo incontro di più linguaggi, solo apparentemente distanti fra loro. Anche se, da questo punto di vista, dovremmo forse dire che quest’opera non potrebbe essere più tradizionale di così nell’affermare, come si soleva fare nell’antica Grecia, che musica, poesia e scienza fanno in fondo parte della stessa famiglia.


 

 

 
 
 

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