I responsori dell'Ufficio della Settimana Santa
Una ricostruzione dello svolgimento liturgico del Mattutino del Giovedì e del Venerdì Santo
Coro “Estro Armonico”
Direttore Silvana Noschese
Voci narranti
Igor Canto, Cristina Recupito
Mercoledì 1 aprile alle 20.30, per le celebrazioni della Settimana Santa, la Fondazione Pietà de’ Turchini accoglie il Coro Estro Armonico diretto da Silvana Noschese, nell’ambito del progetto Re.Crea (residenza Creativa) per la valorizzazione della Chiesa di San Rocco a Chiaia. Il programma intende approfondire l’atmosfera “pasquale” partendo da testi liturgici messi in musica e collegati a frammenti poetici assemblati in modo da costituire dei “quadri “ di meditazione sugli aspetti storici, culturali, musicali, umani dell’evento “Crocifissione e Morte di Cristo”.
I testi, legati alla passione di Cristo e al rito delle tenebre come morte e della luce come resurrezione sono quelli originali dei responsori.
Nella liturgia della Chiesa di Roma i responsori si cantano durante l’officium Hebdomadae Sanctae ovvero durante il Mattutino del giovedì santo Venerdì e sabato santo.
Il testo liturgico è quello proposto dal Concilio di Trento.
Di carattere a volte omofonico, altre polifonico con alternanze di parti affidate ai soli, i testi liturgici dei Responsori evocano gli ultimi drammatici momenti della passione e morte di Gesù. Vennero composti quasi sicuramente nei primi secoli della cristianità e formarono in seguito il nucleo di preghiere del cosiddetto “triduum sacrum” ovvero del giovedì e del venerdì santo.
All’inizio del rito l’unica luce che illuminava la chiesa proveniva da un candeliere triangolare detto “saetta”, su cui ardevano quindici candele (raffiguranti gli undici apostoli fedeli, le tre Marie e quella al vertice, il Cristo) e da sei ceri sull’altare.
Dopo il canto veniva spenta una candela, e così tutte (dopo 14 salmi) ad eccezione di quella posta più in alto. Al termine si prendeva l’unica candela rimasta accesa e la si celava dietro all’altare.
Si rimaneva cosi’ immersi “ in tenebris” per simboleggiare le tenebre che ricoprivano la terra alla crocifissione del Cristo e Nel momento della sua sepoltura.
Dopo l’orazione finale i fedeli facevano un po’ di rumore e strepito per rappresentare le convulsioni della natura alla morte di Gesù: cessato il fragore, si prendeva nuovamente –segno di resurrezione-la candela accesa dietro l’altare, la si riponeva sul candelabro e la si spegneva. In questa fase di raccoglimento veniva recitato il Pater Noster e intonato il Miserere. Dopo una breve orazione, il cerimoniale prevedeva “fragore et strepitus aliquantulum”: la candela accesa, simbolo della luce di Cristo, solo per breve tempo offuscata dalla morte eterna, veniva nuovamente riposta sul candelabro dinanzi dall'altare. Con questo atto si poneva termine al rito.Tra l’Alleluia gregoriano iniziale e il brano finale si inseriscono i brani che commentano i momenti più drammatici della vita di Cristo: il dolore, la morte, la pietà, la resurrezione .
Nella liturgia della Chiesa di Roma i responsori si cantano durante l’officium Hebdomadae Sanctae ovvero durante il Mattutino del giovedì santo venerdì e sabato santo. Il testo liturgico è quello proposto dal Concilio di Trento. Di carattere a volte omofonico, altre polifonico con alternanze di parti affidate ai soli, i testi liturgici dei Responsori evocano gli ultimi drammatici momenti della passione e morte di Gesù. Vennero composti quasi sicuramente nei primi secoli della cristianità e formarono in seguito il nucleo di preghiere del cosiddetto “triduum sacrum” ovvero del giovedì e del venerdì santo. All’inizio del rito l’unica luce che illuminava la chiesa proveniva da un candeliere triangolare detto “saetta”, su cui ardevano quindici candele (raffiguranti gli undici apostoli fedeli, le tre Marie e quella al vertice, il Cristo) e da sei ceri sull’altare. Dopo il canto veniva spenta una candela, e così tutte (dopo 14 salmi) ad eccezione di quella posta più in alto. Al termine si prendeva l’unica candela rimasta accesa e la si celava dietro all’altare. Si rimaneva cosi’ immersi “ in tenebris” per simboleggiare le tenebre che ricoprivano la terra alla crocifissione del Cristo e nel momento della sua sepoltura. Dopo l’orazione finale i fedeli facevano un po’ di rumore e strepito per rappresentare le convulsioni della natura alla morte di Gesù: cessato il fragore, si prendeva nuovamente –segno di resurrezione-la candela accesa dietro l’altare, la si riponeva sul candelabro e la si spegneva. In questa fase di raccoglimento veniva recitato il Pater Noster e intonato il Miserere. Dopo una breve orazione, il cerimoniale prevedeva “fragore et strepitus aliquantulum”: la candela accesa, simbolo della luce di Cristo, solo per breve tempo offuscata dalla morte eterna, veniva nuovamente riposta sul candelabro dinanzi dall'altare. Con questo atto si poneva termine al rito
I brani musicali sono di autori estremamente rappresentativi della polifonia antica e contemporanea.
Di carattere a volte omofonico, altre polifonico con alternanze di parti affidate ai soli, i testi liturgici dei Responsori evocano gli ultimi drammatici momenti della passione e morte di Gesù. Vennero composti quasi sicuramente nei primi secoli della cristianità e formarono in seguito il nucleo di preghiere del cosiddetto “triduum sacrum” ovvero del giovedì e del venerdì santo.
Frequentemente i brani vengono presentati nella duplice versione antica e contemporanea.
In programma musiche di L. Molfino, A. Tucapsky; M. A. Ingegneri; A. Lotti; G. Deakbardos; Z. Kodaly ; M. Haydn; M. Duruflé; A. Gabrieli; U. Sisask