L’Ape musicale

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Note di Attilio Bolzoni

Anche se ci sei stato dentro per tanto tempo, anche se pensi di conoscerla nelle sue pieghe più intime e inaccessibili, scrivere di Palermo non è mai facile. A volte mi sembra di saperne molto di Palermo, a volte niente.

Quando mi sono messo davanti a un foglio bianco – in certi momenti ho bisogno della carta per segnare i pensieri – per scoprire dove avrei potuto iniziare questa mia lunga e un po’ immaginifica cronaca palermitana (dopotutto, sono sempre solo un giornalista) su questo celebre quadro rubato – un furto che non è solo un furto - mi sono affidato all’istinto e lasciato trasportare nella città. Il territorio racconta sempre tutto. Me l’ha insegnato Palermo.

Piazze, chiese, monumenti, strade, vicoli, fontane, muri, chiese, palazzi, giardini, piante. Per tornare alla Kalsa, all’oratorio di San Lorenzo, sono partito dai luoghi che per lunghi anni ho attraversato. Non potevo che partire da quello che ho sempre considerato e considero la «mia» Palermo, per provare a ricongiungermi con la musica di Giovanni Sollima e le immagini di Letizia Battaglia, con i video di Igor Renzetti e con l’arte di Cecilia Ligorio che ha messo insieme tutti noi davanti a una nascita, davanti a un bambino.

A ogni passo ho avuto un dubbio, a ogni pagina di questo testo che stava nascendo sul «Caravaggio rubato» ho sempre avuto un’incertezza che apparentemente mi ha agitato e rallentato, ma poi quella stessa incertezza ha permesso di liberare molti dei miei ricordi.

Avrei voluto metterci dentro tanto di più. Di Palermo e del resto. Il resto che poi, per me, è sempre Palermo.

Palermo vista da lontano. Palermo a confronto con altri mondi. Palermo prima e Palermo dopo.

La scrittura è sempre stata accompagnata da una convinzione, forse complicata da far comprendere sino in fondo fuori dalla Sicilia. Chi ha conosciuto Palermo tanto tempo fa - alla fine degli Anni Settanta, o alla metà degli Anni Ottanta, o al principio degli Anni Novanta – lo sa che questa città ha intrapreso un cammino faticoso e doloroso che l’ha portata, più di chiunque altro luogo nel nostro Paese, a cambiare. Quest’idea ha rappresentato una guida, una bussola nella stesura del mio lavoro. La rappresentazione della nascita di un bambino è stata l’occasione per onorare questo grande cambiamento di Palermo. Ho presente quali sono le contraddizioni che ancora si rimescolano nelle viscere della città e dell’isola, trasformismi, travestimenti, maschere. Ma ho capito che Palermo ha dentro di sé, ancora una volta, le energie per esprimere la sua voglia di spostarsi in avanti sotterrando il suo passato peggiore.

Questo racconto ha fatto fare anche a me qualche passo in più. Allontanandomi da un prima e spingendomi oltre. Scrivendo, sono partito dai luoghi ma anche dalle persone che ho incontrato a Palermo e che, vive o morte, ho sempre con me in ogni parte dell’Italia e del mondo dove mi capita di arrivare. Ne ho lasciato piccole tracce in questo testo su un bambino che si sono portati via. Solo piccole tracce. Ma per me molto importanti.


 

 

 
 
 

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