L’Ape musicale

rivista di musica, arti, cultura

 

Markus Werba apre il 2023 alla Scala

Recital di canto 2022~2023

Domenica 8 gennaio 2023 ~ ore 20

Baritono

Markus Werba

Pianoforte

Michele Gamba

Franz Schubert

Winterreise op. 89 D 911

La Stagione dei Recital di Canto è realizzata con il sostegno di Allianz.

Prezzi: da 60 a 12 euro più prevendita

Infotel 02 72 00 37 44

www.teatroallascala.org

Markus Werba e Michele Gamba

aprono il 2023 con Winterreise di Schubert

L’immenso capolavoro schubertiano per i Concerti di canto l’8 gennaio

Il Teatro alla Scala riapre i battenti dopo le feste domenica 8 gennaio presentando per i Recital di Canto Winterreise, l’estremo ciclo di Lieder di Franz Schubert che come pochi altri ha ispirato la filosofia e l’estetica del Romanticismo, imponendosi tra i testi capitali del Canone Occidentale. A misurarsi con il tragico, dolente viaggio invernale il baritono Markus Werba, che in questi giorni è impegnato come Papageno alla Wiener Staatsoper e che alla Scala è di casa dal 2006 (Harlekin nella Ariadne auf Naxos diretta da Jeffrey Tate) ed è stato tra l’altro Figaro nelle Nozze con Franz Welser-Möst, Beckmesser nei Meistersinger con Daniele Gatti, Roland in Fierrabras con Daniel Harding, Frank in Die tote Stadt con Alan Gilbert e da ultimo Mercurio ne La Calisto diretta nel 2021 da Christophe Rousset. Interprete elegante, sensibilissimo e idiomatico, Werba è stato protagonista alla Scala nel gennaio 2021 di un recital schumanniano in cui al pianoforte sedeva Michele Gamba, che continua l’attività di pianista accanto a quella di direttore. Dopo l’affermazione alla Scala con la prima assoluta di Madina di Fabio Vacchi e con la nuova produzione di Rigoletto con la regia di Mario Martone, Gamba è tornato alla Semperoper di Dresda per Die Zauberflöte e ha debuttato alla National Opera di Washington con Il trovatore e al Metropolitan di New York con L’elisir d’amore, mentre è atteso per Aida al Teatro Regio di Torino.

Franz Schubert compone i 24 Lieder per voce e pianoforte su testi di Wilhelm Müller nel 1828 all’età di 31 anni, quando è già prossimo alla morte, che l’avrebbe colto prima della fine dell’anno. L’estremo viaggio del viandante solitario, metafora del percorso del giovane compositore condannato dalla malattia, è stato all’origine nel corso dei decenni di innumerevoli versioni e adattamenti. Ricordiamo tra l’altro la versione per piccola orchestra di Hans Zender del 1993 Schuberts Winterreise – eine komponierte Interpretation, il libro del tenore Ian Bostridge Il viaggio d’inverno pubblicato in Italia dal Saggiatore, la versione video firmata da David Alden e interpretata dallo stesso Bostridge con Julius Drake al pianoforte nel 2001, fino a Savage Winter di Douglas J. Cuomo presentato al BAM di New York, o a progetti extramusicali tra i quali una mostra fotografica di Roberto Masotti. Anche in campo coreografico il capolavoro di Schubert ha ispirato molteplici letture: la versione di Zender è alla base della Winterreise di John Neumeier con scene e costumi di Yannis Kokkos che dal 2001 è parte del repertorio dell’Hamburg Ballett, come anche della recentissima versione firmata da Christian Spuck e presentata nell’ottobre 2018 dal Ballett Zürich con le scene di Rufus Didvizius. All’originale per canto e pianoforte si rifà invece Angelin Preljocaj per la sua Winterreise, commissionata dal Teatro alla Scala nel 2019. Nel novembre 2022 la Triennale ha portato a Milano il progetto del Proton Theatre e Kornél Mundrukzo che associa l’inverno del Viandante a quello dei profughi al confine ungherese.

Prestigiosa la storia esecutiva di Winterreise alla Scala. Tutti i grandi interpreti del ciclo degli ultimi 50 anni (eccezion fatta per Bostridge e pochissimi altri) lo hanno portato al Piermarini: nel 1972 alla Piccola Scala canta Hermann Prey e al pianoforte siede Wolfgang Sawallisch: Prey tornerà nel 1976 e nel 1986 nella sala del Piermarini con Leonard Hokanson, Sawallisch nel 1980 con Dietrich Fischer-Dieskau. Nel 1975 anche Elizabeth Schwarzkopf presenta due Lieder del ciclo (Der Lindenbaum e Der Leiermann) nell’ambito di un Liederabend dedicato a Schubert e Schumann. Nel 1990 di nuovo una voce femminile, ma con l’intero ciclo: il mezzosoprano Brigitte Fassbänder è accompagnata dal pianista Markus Hinterhäuser, oggi Sovrintendente del Festival di Salisburgo, mentre nel 1992 José van Dam è accompagnato da Valery Afanassiev (tornerà nel 2006 con Roberto Giordano). Nel 2001 canta Thomas Hampson, al pianoforte Wolfram Rieger, nel 2009 è Daniel Barenboim a sedere al pianoforte con Thomas Quasthoff. Matthias Goerne raccoglie il testimone nel 2013 con Eric Schneider al pianoforte, mentre l’anno successivo Ferruccio Furlanetto, unico italiano, divide il palcoscenico con Igor Chetchev. Sempre nel 2014 Jonas Kaufmann è l’unico tenore ad affrontare il ciclo, insieme a Helmut Deutsch. Infine, nel 2019, Christian Gerhaher e Gerold Huber.

Markus Werba

Nato a Villach, in Carinzia (Austria), ha studiato al Conservatorio di Klagenfurt e alla Universität für Musik und darstellende Kunst di Vienna, perfezionandosi con Walter Berry e Robert Holl. Dal 1998 al 2000 ha fatto parte dell’ensemble della Volksoper di Vienna. Ha cantato nei teatri e nei festival più prestigiosi con i più grandi direttori d’orchestra del nostro tempo, tra cui Claudio Abbado, Daniel Barenboim, James Conlon, Iván Fischer, Rafael Frühbeck de Burgos,Daniele Gatti, Nikolaus Harnoncourt, James Levine, Lorin Maazel, Zubin Mehta, Riccardo Muti, Kent Nagano e Jeffrey Tate. Alla Scala ha debuttato in Ariadne auf Naxos nel 2006, tornandovi nel 2016 come Figaro nelle Nozze di Figaro, nel 2017 come Beckmesser nei Meistersinger von Nürnberg, nel 2021 come Mercurio nella Calisto di Cavalli e nel 2022 come Maestro di musica in Ariadne auf Naxos, ruolo che ha recentemente cantato anche al Maggio Musicale Fiorentino con Daniele Gatti. Sempre al Maggio è stato Eisenstein in Die Fledermaus con Zubin Mehta sul podio; inoltre è stato il Dottor Malatesta nel Don Pasquale alla Royal Opera House Covent Garden di Londra e Onegin nell’opera omonima all’Opera di Roma. Tra i suoi cavalli di battaglia vi sono i ruoli di Papageno (Die Zauberflöte), che ha cantato al Metropolitan in un allestimento diffuso nei cinema di tutto il mondo, a Londra e alla Staatsoper di Vienna, Beckmesser nei Meistersinger von Nürnberg, che ha interpretato alla Scala, al Festival di Salisburgo, al Metropolitan e alla Staatsoper Unter den Linden di Berlino con Barenboim e Rodrigo nel Don Carlo, che ha cantato, tra l’altro, al New National Theatre di Tokyo e alla Semperoper di Dresda. Il suo ampio repertorio comprende anche il ruolo eponimo nel Don Giovanni, Figaro (Le nozze di Figaro), Don Alfonso (Cosí fan tutte), Enrico (Lucia di Lammermoor), Alphonse (La favorite), Marcello (La bohème), Figaro (Il barbiere di Siviglia), Germont (La traviata), Roland (Fierrabras), Frank/Fritz (Die tote Stadt), Nick Shadow (The Rake’s Progress) e Doctor Marianus/Pater Seraphicus (Szenen aus Goethes Faust di Schumann). Nella Stagione 2022-2023 tornerà a Firenze come Beckmesser e come Araldo nel Lohengrin, e sarà Papageno alla Staatsoper di Vienna.

In aggiunta ai suoi impegni operistici, tiene concerti e recital con brani di Mahler, Schumann, Schubert, Brahms, Liszt, Fauré, Ravel e Debussy in tutto il mondo, in sedi prestigiose quali la Wigmore Hall di Londra, la Philharmonie e la Pierre Boulez Saal di Berlino, il Musikverein di Vienna, il Théâtre des Champs-Élysées, la Salle Pleyel e la Philharmonie di Parigi, il Mozarteum di Salisburgo, la Schubertiade a Schwarzenberg, il Rudolfinum di Praga, la Suntory Hall di Tokyo.

Ha inciso i Lieder eines fahrenden Gesellen e Des Knaben Wunderhorn con l’Orchestre National d’Île-de-France.

Michele Gamba

Nato a Milano, ha studiato pianoforte e composizione al Conservatorio “Giuseppe Verdi” e si è laureato in Filosofia all’Università Statale con una tesi su Hannah Arendt, perfezionandosi poi in accompagnamento vocale e direzione d’orchestra alla Musikhochschule di Vienna, all’Accademia Chigiana di Siena e alla Royal Academy di Londra. Dopo le importanti esperienze come assistente di Antonio Pappano e Daniel Barenboim, ha debuttato al Covent Garden dirigendo il mozartiano Bastien und Bastienne e una versione scenica dei Folk Songs di Berio, e poi alla Staatsoper di Berlino in un’acclamata produzione delle Nozze di Figaro per la regia di Jürgen Flimm.

Invitato da numerosi teatri e orchestre europei, ha debuttato alla Scala nel 2016 e da allora ha diretto sette produzioni nella sala del Piermarini, fra cui la prima assoluta del balletto Madina di Fabio Vacchi, “… a riveder le stelle”, spettacolo inaugurale della Stagione 2020-2021, L’elisir d’amore, Le nozze di Figaro e nel giugno 2022 il Rigoletto con la regia di Mario Martone.

Altre importanti tappe della sua carriera comprendono Die Zauberflöte alla Semperoper di Dresda, nuova produzione per la riapertura dopo la pandemia, numerosi impegni al Maggio Musicale Fiorentino (tra cui una nuova produzione di Linda di Chamounix), alla Staatsoper di Amburgo (Le nozze di Figaro), a Stoccarda (La bohème e La sonnambula), all’Opéra du Rhin a Strasburgo (Il barbiere di Siviglia), al Théâtre du Capitole di Tolosa (Macbeth), alla Israeli Opera di Tel Aviv (Idomeneo e Le nozze di Figaro), all’Opera di Roma (Rigoletto) e alla Deutsche Oper di Berlino (ancora Rigoletto).

Molto attivo in ambito sinfonico e particolarmente interessato alla musica contemporanea, dirige spesso orchestre importanti quali la Tokyo Symphony Orchestra, l’Orchestra Sinfonica Nazionale della Rai, l’Orchestra del Maggio Musicale Fiorentino, i Duisburger Philharmoniker, l’Orchestre National du Capitole de Toulouse, l’Orchestra Sinfonica di Milano, il Divertimento Ensemble. Ha inaugurato il Festival Milano Musica nel 2019 e ha chiuso l’edizione 2021, dirigendo prime esecuzioni di importanti autori come Francesconi, Saunders, Vacchi, Reich, Adès e proponendo programmi che accostano i grandi di oggi a classici del Novecento storico come Berg, Mahler, Šostakovič, Britten.

Fra i suoi impegni più recenti, Il trovatore alla National Opera di Washington, Turandot al Festival Puccini di Torre del Lago,Die Zauberflöte alla Semperoper di Dresda.Nonostante gli impegni sempre più prestigiosi come direttore, non trascura l’attività pianistica, esibendosi in sale come il Teatro alla Scala, il Gasteig di Monaco di Baviera, la Wigmore Hall di Londra, la Philharmonie di Berlino. Recentemente ha inciso, con la violoncellista Martina Rudić, il CD Correspondences, che accosta brani di Bach, Berio e Boulez.

Unamodernadiscesaagliinferi

RaffaeleMellace

Or poserai per sempre,

stanco mio cor. Perì l’inganno estremo,

ch’eterno mi credei. Perì. Ben sento,

in noi di cari inganni,

non che la speme, il desiderio è spento.

Posa per sempre.

Giacomo Leopardi, A se stesso, 1833

Ilmonumentopiùaffascinanteeorganicodellascritturaschubertianaperlavoceè probabilmente un doppio ciclo di Lieder, Winterreise op. 89 D 911, composto a due riprese tra il febbraio e l’ottobre 1827. La frequentazione con i versi di Müller – che scomparve nella natia Dessau il 30 settembre 1827,ignaro che in quegli stessi mesi veniva a compimento un capolavoro ispirato dai suoi versi – era iniziata quattro anni prima,col ciclo Die schöne Müllerin op.25 D795,in cui non è arbitrario leggere una premessa poetica e ideologicaa Winterreise.Laparabola tragica dell’infelicemugnaio,dall’illusione alla delusione d’amore e al conseguente suicidio, rappresenta infatti uno stadio precedenterispettoallacondizioneesistenzialemessainscenainWinterreise. Quilavita non pulsa ormai più, ogni aspirazione alla felicità su questa terra appartiene a un passato inattingibile.Lasciati a distanze siderali gli ingenui,strazianti conflitti sentimentali dellagelosia, l’ioliricoassumelamascheradiunpersonaggiochehaguadagnatoin saggezza, riscaldatounicamentedallafiammagelidadiunalucidadisperazione. Tale guadagno conoscitivo è pagato a caro prezzo,con la condanna a una consapevolezza disperatacheloprivadell’estremodiritto: lamorteliberatrice. L’accettazionedelpropriodestinocorrispondeaunatteggiamentodifilosoficaatarassianeiconfrontidel reale, il congelamento dei furori giovanili nella tinta omogenea della ruminazione interiore. È un viaggio nei recessi della psiche, tra segni da interpretare e figure emblematiche,immobile rispetto a ogni orizzonte spaziale realistico e tuttavia animato da una direzione verticale che lo rivela un’autentica discesa verso gli abissi tenebrosi dell’essere: l’“abissoorrido, immenso”incuiprecipiterà, soltantodueannipiùtardi, il leopardiano“vecchierelbianco,infermo”delCantonotturnodiunpastoreerrantedell’Asia.Un viaggiodalvaloreconoscitivocheriproponel’anticomitodelladiscesa agli inferi (ne ha dato un’articolata lettura in tal senso Carlo Lo Presti),reso immortaledall’XIlibrodell’OdisseaedalVIdell’Eneide,nelcontestodiun metaforicoinverno dell’animo,incuil’assenzadilucesignificaassenzadivita.

Il fondato sospetto che si tratti di un viaggio sui generis coglie l’ascoltatore già dal primo Lied, Gute Nacht, immobilizzato nella condanna a una circolarità che è emblema sonoro della ruminazione della psiche,dell’inesorabile tendenza depressiva dell’io,a una coazione a ripetere che non risulterà nuova all’ascoltatore della Schöne Müllerin. Si notilagrandesemplicitàd’impianto,unitatuttaviaaunpreziosolavorodicesello,testimoniato dalla precarietà imprevedibile dell’attacco della voce,da una dissonanza precoce, dalla modulazione al maggiore quando viene menzionata la ragazza amata. L’opposizione dell’io rispetto alla Natura si materializza invece nel descrittivismo aggressivo dellaWetterfahne,prima che il mondo sonoro di Gute Nacht si riproponga in Gefrorne Tränen, privato tuttavia di quell’impulso motorio grazie al quale il primoLied aveva dato l’abbrivio al ciclo.Il calore della passione può finalmente manifestarsi nell’urgenza melodica di Erstarrung,fin convulso nella sovrabbondanza dell’invenzione musicale, atteggiamento eccezionale in un contesto che tende piuttosto a promuovere,lungol’interaWinterreise,larigidamonotoniadell’economiamotivica.Appare allora sulla strada un primo segno: il tiglio, tanto caro all’immaginario romantico e preromantico, cui Schubert riserva una delle sue invenzioni più popolari, Der Lindenbaum.Trionfo della regolarità e simmetria, spira un tono popolare che gli è valso una fama su vasta scala; eppure, l’apparente semplicità cela il felicissimo connubio romantico tra aspirazione al folklorico e sottigliezza del grande artista,ad esempio nell’alternarsi, carico di senso, del modo, che compone l’immagine sonora di una “profondissima quiete”, foriera della pace della tomba. Segue Wasserflut, su un icastico temada ballata, insaporito da repentine svolte espressive e piegato a una sorta di recitativo, così caro alla liederistica del compositore,che culmina costringendo la voce a un’innaturale,dolorosa asprezza.Il magnifico Auf dem Flusse incede invece col ritmo inesorabile e sinistro di una passacaglia,proponendo l’ambiguità di un simbolo naturale terribile:le acque della morte,minaccia e liberazione a un tempo.Se Rückblick riprende sin dal preludio pianistico il materiale generatore di Gute Nacht, dopo un ulteriore segnosul cammino del viandante (i fuochi fatui di Irrlicht),nell’orbita del primo Lied parrebbe gravitare anche Rast, che irretisce l’ascoltatore con l’immobile, inquietante pedale dell’esordio.Un capolavoro come Frühlingstraum si fonda invece sul contrasto,efficacissimo,fra tre sezioni musicali che provengono da distanze siderali; Schubert giustappone infatti senza mediazioni il cullante incanto infantile della prima (un’analoga,spensierata atmosfera primaverile spirava nell’Andantedella Prima Sinfonia, dell’ormai remoto 1813), la violenza angosciosa della seconda (il volto orribile della realtà) e l’estatica contemplazione della terza (l’evanescenza,mai così consistente,del sogno),rappresentando,in una sintesi geniale,la dialettica tra illusione,speranza e disinganno.Conclude la prima parte di Winterreise il Lied Einsamkeit,anticipando l’asprezza che sarà di uno degli estremi Lieder schubertiani,DerAtlas (da Schwanengesang D 957),in cui il titano del mito è condannato, nei versi di Heine, a sostenere l’insopportabile: l’intero universo del dolore.

LasecondapartediWinterreiseè avviataall’insegnadeldinamismodaDiePost, apparentemente un bozzetto dal carattere mimetico, un unico fremito in cui risuonano lo squillodeicornipostali,ilmotodellecarrozzeefors’ancheilcuorepalpitantedelprotagonista. Eppure, l’incanto termina già con la prima strofa, con quella pausa sinistra e quellamodulazionealminorechecapovolgonodisegnol’euforiainiziale:losguardoal passato,svelatonellasuasterilità,avvialaspiraledisforicaincuisiavviteràanchequesta secondapartediWinterreise, colpreannunciodiquell’aggettivocapitale,wunderlich, connessoallasferadellamorte.DergreiseKopf,apertodaunintensoampiogestomelodico,ripristina il predominio del modo minore che si aggiudica due terzi del totale,sediciLiedersuventiquattro. Si tratta in particolare del dominore condivisodal celebreAllegretto per pianoforte D915, datato 26 aprile 1827, da un ulteriore Allegretto D 900, rimasto allostatodiframmentoeprobabilmentecoevo,dalprimoImprovvisoop.90D899edalla Sonata D 958,composta a un mese dalla morte,nell’ottobre 1828.In questo Lied la stasiconsenteununicomoto:quelloversol’abissoincuilamelodiasprofonda.Analogamente,nell’allucinato Die Krähe la musica di Schubert è attratta fatalmente dall’immagine della tomba (Grab), apice drammatico cui tende l’intera lirica, come dichiara senza reticenze l’accompagnamento pianistico sin dall’apertura, mentre copre l’arco di un’ottavadiscendente.InLetzteHoffnunglamusica,modernissimaeaudace,rappresenta il protagonista sperduto attraverso una pervasiva incertezza tonale, in un depauperamento assoluto che coinvolge l’armonia, il ritmo, la melodia, mentre voce e pianoforte si dividono in apertura le note dell’accordo dissonante di settima diminuita. Im Dorfe è animato invece dalla consueta, sottile alternanza schubertiana di momenti musicalidiversiall’internodiununicocontestopoetico,unnotturnorappreso eostile, mentre Der stürmische Morgen ripropone con schietta aggressività marziale quello che sta maturando come il coraggio del disperato.Per Täuschung Schubert si è avvalso di un brano dell’opera Alfonso und Estrella, composto cinque anni prima su un argomentosimile:ilfascinodiunarealtà“altra”,tentatriceeingannevole,simboleggiata ‒ qui e altrove nella produzione di Schubert ‒ dallo splendore illusorio del modo maggiore (in particolare del la maggiore dei sogni, condiviso con Frühlingstraum e Die Nebensonnen). La tonalità minore è tuttavia in agguato, a esprimere l’infelicità del protagonista. L’articolato, drammatico Der Wegweiser propone, attraverso la ripresa delle modalità espressedalfondamentaleGuteNacht,undilemmafilosoficotipicodell’animoromantico,preludioalverocentroideologicodell’interaWinterreise:DasWirtshaus.Quest’ultimocostituisceinfattilametastessadelladiscesaagliinferi,lavisitaaimorti: etuttaviail viandante non può trovarvi requie.Anzi, il mondo infero, evocato attraverso un’invenzione musicale dal carattere sacrale (l’incedere solenne del corale),lo respinge,costringendo questo antieroico fliegende Holländer, privodella speranza di qualsiasi redenzione wagneriana, a riprendere il proprio desolato cammino.

Le ultime stazioni di questa laica viacrucisprevedonounulteriorepassoversol’accettazionedisperataecoscientedeldestino. Conl’aggressivoMut,infatti,ilnostroeroesiaffrancadaognicontattoconl’esterno,concentrandosisull’ariditàdellapropriaautocoscienza,coloratadititanismoprometeico.DieNebensonnen,collocatodaSchubertinrilievoinpenultimaposizione,impiega iltemadelSanctusdellaDeutscheMesseD872,ancorafrescad’inchiostronell’autunno 1827.Ma l’estrema icona,spettrale e rarefatta,dell’esito desolato della nostra vicenda è DerLeiermann,messainscenadell’unicoincontroumanodell’interaWinterreise: l’apparizione ipnotica del wunderliche Alter, opaca manifestazione del Male della Realtà. Il monotono immobilismo di questa vita irrigidita, feroce nella propria autonegazione(si tratta di unasortadianti-Lied,hascrittoHansHeinrichEggebrecht),significailritirarsi dell’io dall’illusione di credersi protagonista del proprio destino, emblema estremo di unadisperazione cosciente.In questa scenettadigeneredipintadaMüller, lamusicadiSchubert,conperfettasimmetriarispettoall’esordio del ciclo, annulla sin dall’inquietante accompagnamento pianistico ogni movimento.Lavocedelviandantedialogaora per la prima volta con un’altra voce, voce musicale che parla solo attraverso i suoni: non sarà arbitrario riconoscere nel profilo del misterioso suonatore lo sguardo disincantato dello stesso Schubert,altrettanto disilluso sulla vita e sul destino del proprio canto.


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