L’Ape musicale

rivista di musica, arti, cultura

 

L’incantesimo del Lago (II)

 di Stefano Ceccarelli

L’Opera di Roma riporta in scena Il lago dei cigni di Benjamin Pech, sotto la direzione di Koen Kessels. Étoiles ospiti della serata sono i due principal dancers del Royal Ballet, Fumi Kaneko (Odette/Odile) e Vadim Muntagirov (Siegrfied).

ROMA, 22 giugno 2024 – Il Teatro dell’Opera di Roma ripropone, nella corrente stagione, il suo allestimento de Il lago dei cigni di Pëtr Il’ič Cajkovskij coreografato da Benjamin Pech, che ebbe il suo battesimo nel 2018 (leggi la recensione). L’impressione generale sull’idea di Pech rimane invariata, dunque riporto quanto scritto nella recensione alla ripresa del 2021 (leggi la recensione).

Pech rilegge in maniera alquanto originale la trama del Lago e ne snellisce la coreografia di Petipa/Ivanov con l’intento – esplicitamente dichiarato – di modernizzarla. L’esito è certamente gradevole su un piano generale: gli elementi di pantomima sono più immediati e si lasciano comprendere con una certa agilità. Pur non essendo favorevole ai tagli, su un puro piano di principio, in un balletto come Il lago, capisco le esigenze che hanno portato Pech a operarli: in effetti, la pura narrazione ne giova, così come la sua personale idea di sfrondamento coreografico. Parlando, invece, della sua rilettura complessiva della trama, mi pare affascinante e innovativa per talune scelte, discutibile, se non narrativamente debole, per altre. L’elemento più interessante è certamente il personaggio di Benno che assorbe anche quello di Rothbart; è Benno, infatti, che per invidia tradisce il principe Siegrfied, maledice alcune ragazze trasformandole (almeno parzialmente) in cigni e fa innamorare Odette di Siegrfied, facendo in modo che quest’ultimo la tradisca, poi, con il di lei doppelgänger Odile. Insomma, Benno, invidioso dello status di Siegrfied e di lui anche innamorato, muove occultamente le fila della trama. Il tema dell’omosessualità è, dunque, fondante nella rilettura di Pech, dato che Siegrfied, innamorandosi di una donna/cigno, in realtà svelerebbe semplicemente la sua impossibilità di amare una donna reale, proprio in virtù del suo essere omosessuale (evidente alter ego di Čajkovskij). Tale lettura di Pech, benché affascinante su un piano puramente teorico, è poco funzionale alla narrazione, non essendo immediatamente perspicua per chi non abbia prima letto le note di sala; in particolare, poi, Pech crea un finale francamente poco d’effetto. Nella scena finale, infatti, Pech mette in scena Siegfried che, tentando di colpire Benno con la balestra, trafigge invece Odette, la quale spira mentre Benno si pente, incontrando persino il perdono di Siegrfied. Tutto questo complesso torno di sentimenti è effettivamente opaco guardando la coreografia; ma soprattutto, rimango nostalgicamente fedele all’idea che i due amanti debbano morire assieme, inghiottiti dalle acque del lago, mentre i cigni volano in lontananza (com’era l’idea originale di Čajkovskij).Al netto delle varie opinioni sulle scelte registiche di Pech, il coreografo fa un ottimo lavoro sull’intero corpo di ballo. Le coreografie delle danze di carattere del I e del III atto sono tutte efficaci e ben eseguite: lo stesso corpo di ballo, peraltro, si mostra in forma eccellente, concorrendo all’esito positivo della serata. Gli atti II e IV sono caratterizzati da delicatissime coreografie, che valorizzano l’aspetto aereo ed elegiaco delle cigne: splendido l’effetto in cui Odette sparisce e riappare fra le compagne cigne durante le evoluzioni delle coreografie ‘a croce’ – in questi atti del balletto, forse più che altrove, la mano di Pech è più efficace nel plasmare le sequenze coreutiche, ma sono anche più pesanti i tagli.

Un Lago, quello di Pech, che si giova delle storiche, splendide scene e dei costumi di Aldo Buti. Si tratta di una concezione dell’allestimento scenografico per balletto estremamente classica, basata sulla ricchezza del mobilio, sull’attenzione per i particolari, sullo sfarzo incredibile dei costumi: qualcosa che appaga gli occhi e non può che dilettare, in particolare, i laudatores temporisacti. La sala dei festeggiamenti del compleanno di Siegfried, infatti, è incorniciata da vaporosi tendaggi che sfumano sulle tonalità del blu e che anticipano alla vista il vero tripudio d’oro e color dei lapislazzuli che è la sala, rigorosamente dipinta a fondale. Allo stesso modo, stupenda è la sala, con le porte in stile arabeggiante, che fa da sfondo all’atto III. Piacevole, poi, anche la citazione dell’Isola dei morti di Böcklin che fa da sfondo alle scene lacustri. I costumi di Buti, poi, un vero e proprio tripudio sono la chiara testimonianza che l’attenzione alla conservazione e alla valorizzazione degli allestimenti tradizionali ‘in magazzino’ porta sempre a ottimi risultati, soprattutto se tali allestimenti sono ben collaudati, come nel caso del presente Lago (in scena almeno dal 2003).

La direzione di Koen Kessels si distingue per una certa verve: il polso è netto e l’agogica spedita, esaltando molto l’energia coreutica della partitura – inevitabilmente, però, si perdono alcuni particolari della partitura, una trama delicata, malinconica, brunita. L’orchestra fa bene la sua parte. Nella serata del 22/06 vengono ospitati al Costanzi, nei ruoli principali, due étoiles ospiti: Fumi Kaneko e Vadim Muntagirov, ambedue principal dancers del Royal Ballet. Kaneko (Odette/Odile) è una danzatrice che ha nella grazia la sua dote principale, oltre ad una tecnica di specchiata qualità. Le sue linee pulitissime, la naturalezza delle tensioni muscolari, l’aerea compostezza dello stare sulle punte quasi impallidiscono davanti alla sua grazia, ovvero l’esprimere al massimo grado non solo l’emozione di ogni passaggio, ma farlo con una compostezza ed un’immediatezza, al contempo, straordinarie. Tale grazia è espressa al massimo grado quando la danzatrice impersona il cigno bianco, Odette: impressionante quanto la Kaneko riesca a calarsi nel personaggio, comportandosi come un cigno braccato, al contempo sensuale ed etereo. I delicati movimenti delle braccia sono la cifra di questa ottima riuscita. Vanno almeno citati due momenti della sua performance: il pas de deux del II atto, leggero come una piuma, pura interpretazione ed armonia di prese, ed il grand pas de deux del III atto, quello del ‘cigno nero’, dove Kaneko si trasforma, persino nelle sue espressioni facciali, e dà corpo alla fisicità degli elementi tecnici, in particolare nella sua variazione, dove non può mancare, a fianco del campionario di salti, arabesques e posizioni, anche un manège di notevole qualità. Muntagirov si armonizza bene con la Kaneko proprio perché è quel tipo di ballerino che, più dell’esplosività muscolare, possiede la pulizia delle figure ed una palpabile nobiltà di gesti. Pur interpretando certamente bene il lato adolescenziale di Siegrfied, Muntagirov è anch’esso un danzatore aggraziato, carico di emozioni. Ancora, val la pena di citare il pas de deux del II atto, ma pure i gesti disperati del IV, dove interpreta con convinzione il personaggio. Il momento per lui più complicato, tecnicamente, è la variazione del citato grand pas de deux del III atto: salti, tours en l’air, entrechats si affastellano sotto un ritmo incalzante e baldanzoso, che il russo affronta con precisione e pulizia, puntando sull’aerea compostezza della sua tecnica. I fouettés di ambedue i danzatori,che chiudono questo passo a due, mandano il pubblico in visibilio. È bene citare anche l’eccellente Benno di Alessio Rezza, étoile del corpo di ballo ‘di casa’, un danzatore straordinario per tecnica e muscolarità, che regala un pas de trois nel I atto (assieme a Federica Maine e Eugenia Brezzi), con la relativa variazione, di assoluta qualità. Gli applausi, dunque, non possono che coronare questa ripresa del Lago dei cigni e vanno diretti anche all’eccellente corpo di ballo capitolino, che ancora mostra il grado di qualità della sua preparazione.


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