Dove il canto regna sovrano
di Luis Gutierrez
La qualità della musica dei Puritani, affidata al MET ad un cast di primissimo ordine, è tale da far dimenticare ogni cosa. Diretti da Michele Mariotti, Olga Peretyatko, Lawrence Brownlee, Mariusz Kwiecen e Michele Pertusi hanno letteralmente incantato il pubblico.
NEW YORK, 29 aprile 2014 - Mozart scrisse a suo padre il 13 ottobre del 1782 “Perché le opere buffe italiane piacciono in ogni luogo - nonostante i loro miserabili libretti - e perfino a Parigi, dove io stesso sono stato testimone di questo successo? Solo perché in esse la musica regna sovrana e quando le si ascolta si dimentica tutto il resto.” I puritani non è certo un'opera buffa, però il libretto è effettivamente mediocre. Debuttò il 25gennaio del 1835, quasi 53 anni dopo la lettera di Mozart, e la sua musica fa sì che si possa dimenticare tutto il resto, libretto e messa in scena inclusi. La produzione di Sandro Sequi, nata nel 1976, è quel che si suol dire "tradizionale", cioè di quelle che si pretendono "realistiche" e che allora erano in voga. La maggior parte del pubblico del MET adora questi allestimenti, benché non siano più di moda e vadano tramontando di fronte alle nuove messe in scena europee e dello stesso MET, tanto quelle in cui il regista considera il compositore come il vero drammaturgo dell'opera quanto quelle in cui il regista non s'interessa dell'opera se non come pretesto per esprimere il suo "concetto", con l'obbiettivo, in molte occasioni, di scandalizzare il pubblico. Io sono fra coloro i quali preferiscono spettacoli sia "tradizionali" sia "moderni" purché rispettino la partitura e, se lo merita, il libretto. E chiedo venia per aver espresso il mio “concetto” a riguardo! In questo caso la produzione è visivamente attraente e rispetta essenzialmente la partitura.
Bellini ebbe il privilegio di poter contare su quattro interpreti formidabili: Giulia Grisi (Elvira), Giovanni Battista Rubini (Arturo), Antonio Tamburini (Riccardo) e Luigi Lablache (Giorgio). Questa circostanza permise a Bellini di comporre una delle sue più belle partiture. Questo, tuttavia, comporta la difficoltà di allestimento ai nostri tempi, giacché non si incontrano tutti i giorni cantanti in possesso della tessitura necessaria e della tecnica indispensabile a render giustizia all'opera. La struttura musicale è un esempio dell'adesione al “codice Rossini” che costituì la regola dell'opera italiana finché Verdi non l'abbandonò per la novità di Rigoletto e La traviata – con un successivo ritorno al "codice" per Il trovatore. Mariusz Kwiecien (Riccardo) ha offerto una magnifica prova di sé nell'aria “Ah, per sempre io ti perdei” il cui larghetto è un perfetto esempio di stile belliniano e culmina in una cabaletta, “Bel sogno beato”, che combina agilità vocale e ardore romantico. Nonostante il baritono polacco fosse stato annunciato raffreddato, non si è notato alcun problema nel suo canto. Lawrence Brownlee (Arturo) ha brillato all'inizio del quartetto del primo atto intonando con grande espressione “A te, o cara” e salendo poi nella ripresa fino a un Do acuto, scritto in partitura, con gran sicurezza. Il primo atto termina con Arturo che riconosce la Enrichetta (Elizabeth Bishop) prigioniera dei Puritani e la salva abbandonando però Elvira. Nota a margine, che peccato commette il tenore che lasci una bellezza come Olga Peretyatko!
Nel secondo atto Michele Pertusi (Giorgio) ha esibito un fascino vocale fuori dal comune nella sua aria “Cinta di fiori”, affrontata con assoluta naturalezza sotto ogni punto di vista. Olga Peretyatko (Elvira) è dotata di una voce molto bella, probabilmente meno ampia rispetto ad altri soprani belcantisti, ma gestita con un dominio magistrale della coloratura. “Qui la voce sua soave”, una delle più belle scene di follia del XIX secolo, è stata un vero regalo per il pubblico. Il soprano russo ha reso la cabaletta “Vien, diletto” brillantemente, con inteligenza e virtuosismo. Anche scenicamente è stata splendida, assai diversa rispetto alla sua connazionale Anna Netrebko, qualche anno fa nel medesimo allestimento; la Peretyatko ha plasmato il personaggio più attraverso il canto, mentre la Netrebko, meno a suo agio nella coloratura pura, puntò più sulle sue doti di attrice, novella Lady Tespi.
Pertusi e Kwiecien hanno cantato con fierezza il famoso duetto che chiude il secondo atto, “Suoni la tromba”, a mio giudizio uno dei numeri più sopravvalutati della storia dell'opera, non più che una fanfara gloriosa. Il maestro Michele Mariotti ha diretto stupendamente il coro e l'orchestra del MET con tutti i cantanti, dai quali ha ottenuto un'interpretazione magnifica, in particolare da sua moglie Olga. In sintesi, ho visto I puritani; ho scoperto un gioiello in Olga Peretyatko e ho provato il vivo desiderio di tornare a vedere un'opera in cui “la musica regna sovrana e quando la si ascolta si dimentica tutto il resto”.