Le voci erranti nel Mediterraneo
di Andrea R. G. Pedrotti
Voces de Sefarad
four centuries of spanish and sephardic songs
Romina Basso, mezzosoprano
Alberto Mesirca, chitarra classica e barocca
Fahrettin Yarkinm, direttore
Turkish Ensemble
Registrato a Padova e Istanbul, giugno 2015
CD Brilliant Classics, 95222, 2016
Finora, scrivendo su queste pagine di musica e musicisti ebrei, ci siamo sempre a occuparci di artisti di provenienza ashkenazita. In questa giornata della memoria è importante che vengano ricordati tutti coloro che hanno subito una persecuzione e la musica sefardita ne è simbolo. Il Cd Voces de Sefarad offre uno spaccato della presenza ebraica nella penisola iberica, presenza attestata da numerose fonti antiche, tanto che l'indicazione di Sefardim come abitanti della Spagna appare nel libro di Ovadia della Bibbia.
La più celebre musica ebraica dell'Est-Europa ha avuto una fama più recente, attestata anche dal fatto che il termine stesso che la identifica (klezmer, ossia strumento musicale) non affonda la sua coniazione in un passato remoto. La musica sefardita contenuta in questo CD abbraccia un arco temporale che va dal '500 sino ai giorni nostri. Non molto tempo addietro abbiamo avuto modo di vivere il doloroso ricordo dell'istituzione del primo ghetto al mondo: a Venezia il 29 marzo 1516 [leggi il servizio]. Quel XVI secolo in cui la presenza ebraica cominciava a essere perseguitata nella cattolicissima Spagna, dove si scatenò la spietata inquisizione contro i figli di Israele, senza nessuna colpa se non quella di essere ebrei. Diceva Anna Frank: “se un cristiano commette una errore la colpa è solo sua, se la commette un ebreo, diventa di tutti gli ebrei”. Nel regno secolare di Carlo V si ebbero fra le più dure persecuzioni antisemite, che tuttavia non estirparono la presenza del popolo di Israele.
L'ebraismo fa del ragionamento, della logica, dell'interpretazione, del rifiuto del culto dell'immagine fine a sé stessa il suo unitario collante, sia che si provenga dalle rive del Reno, sia dall'assolata Spagna. Gli ebrei si dondolano durante la preghiera, poiché mai il ragionamento può cessare e questo nell'Est si manifestò in una forma analitica quasi più scientifica che teologica, nel prendere coscienza del mondo attraverso un viaggio nell'interiorità, comune a molti musicisti e letterati dell'epoca, come Kafka o Gustav Mahler. Nel bacino del Mediterraneo la riflessione simbolica, invece, accentuò l'aspetto mistico, quasi un'unità spirituale fra gli ebrei forzosamente erranti, e nel contempo un'appropriazione culturale degli usi e dei costumi dei popoli che capitava loro di incontrare, ma senza mai rinunciare appieno alla propria identità.
Le musiche qui proposte abbracciano cinque secoli, temi popolari anonimi e nomi illustri come quelli di Federico Garcia Lorca o Manuel de Falla: le accomunano il misticismo continuo, riflessivo e inarrestabile, fra sonorità che ricordano ed evocano le spiagge del Mediterraneo, talora con sinuose linee barocche. Chi non ha mai letto I promessi sposi di Alessandro Manzoni? Chi non ricorda i signorotti spagnoli in terra d'Italia? Ebbene, non è che la riprova, niente affatto casuale, di una nutrita presenza sefardita anche nella penisola italica, tanto da caratterizzarne nella ritualità la maggior parte delle comunità presenti. Non scordiamo che il Ladino (presente come lingua autonoma in alcune zone del nord Italia) altro non è che una lingua ebraica sefardita. La stessa musica alla corte dei Gonzaga a Mantova non può che rammentare i brani di questa incisione, poiché erano proprio ebrei coloro che erano chiamati, pur senza diritto alcuno, ad allietare le giornate dei varii potenti rinascimentali. Non sarebbe, tuttavia, stato possibile proporre un brano dal titolo Triste estaba el rey David di Alonso Madurra (primo pezzo del disco) senza incorrere in critiche pretestuose, atte solo a contenere una manifestazione di pensiero, utile solo all'occorrenza per le proprie utilità e i propri lazzi.
Sono la difficoltà e la forza di reazione di un ossessivo pensiero ad aver sempre tenuto vivo il popolo di Israele, un termine che, come tutte le parole dell'ebraico (ma non solo) è di difficile traduzione, ma che nel suo significato più recondito non può prescindere da forza e costanza: un'interpretazione lo fa derivare da tre varianti ebraiche (śarar, śarah, Ish roe El, aver autorità, combattere, o colui che vide JHWH). Nessuna di esse è in contrapposizione con le altre, poiché la ricerca, il percorso e il ragionamento portarono a vedere l'origine, l'Alef (in ebraico la prima lettera dell'alfabeto, simbolo di Dio, dell'origine, dell'uomo, etc...) come il demiurgo platonico, nonché la necessità stessa di combattere per sopravvivere.
Questo è il percorso di un popolo oppresso che ha attraversato i secoli e continua a farlo, unica religione dell'antichità sopravvissuta alla storia, e che, nonostante le continue vessazioni e calunnie, continua a sopravvivere. Questo percorso (giustappunto il significato del termine “ebreo”) è presente anche in questo CD: un percorso attraverso i secoli.
Tutti egualmente bravi e degni di menzione gli interpreti: Romina Basso (mezzosoprano), Alberto Mesirca (chitarra classica e barocca) e la partecipazione del Turkish Ensemble col direttore artistico Fahrettin Yarkin. Gli strumentisti di questo ensemble sono: Nağme Yarkin, Murat Aydemir, Enver Mete Aslan, Volkan Yilmaz, Fahrettin Yarkin e Şehvar Bęsiroğlu.
Si consiglia vivamente l'ascolto, per una riflessione che scongiuri il ripetersi in futuro di drammi come l'inquisizione, la Shoah o le nefandezze dell'Isis. Non esiste un eterno ritorno: l'uomo resta sempre lo stesso e ripete i suoi errori: conoscenza, insegnamento e ragionamento, al contrario, possono evitarli.