Habemus modernam vulgatam
di Carla Monni
Il gruppo comico musicale-teatrale Oblivion è tornato nella città che lo ha visto nascere, con il nuovo spettacolo La Bibbia riveduta e scorretta.
Bologna, 25 novembre 2018 – Famosi per le parodie di canzoni e racconti celebri, come la leggendaria versione dei Promessi Sposi in dieci minuti o i memorabili mash-up come “Lady Gaga vs Johann Sebastian Bach”, e ispirati da artisti quali il Quartetto Cetra, Giorgio Gaber, Rodolfo De Angelis e i Monty Python, il gruppo degli Oblivion – formato da Graziana Borciani, Davide Calabrese, Francesca Folloni, Lorenzo Scuda e Fabio Vagnarelli – è tornato nella città “natale” con un nuovo show, La Bibbia riveduta e scorretta, il suo primo musical scritto con musiche completamente inedite.
Concepito come uno spettacolo per tutti, già il titolo ne suggerisce la trama sottilmente derisoria, che ruota in maniera beffarda attorno alla storia del tipografo tedesco Johannes Gutenberg, iniziatore dell’Età Moderna grazie all'invenzione della tecnica a stampa dei caratteri mobili. È nella Germania del 1455 che Gutenberg pubblica la Bibbia – il primo libro della storia stampato con la rivoluzionaria invenzione –, dal contenuto ideale e sfaccettato per gli Oblivion, che non perdono l’occasione per tessere un vero e proprio intreccio comico, rivisitando il testo sacro e rendendo partecipi gli stessi personaggi biblici, che intervengono all’interno del racconto. Il musical appare dunque come una sorta di metaromanzo, in cui le idee dell'editore si confrontano con quelle di un Dio sceso in terra, bramoso da millenni di divulgare la sua Sacra Scrittura in tutto il mondo – grazie a un “promotional tour del libro” – e diventare in questo modo lo scrittore più celebre della storia.
Tra diatribe sconfinate e pareri discordanti nello stile dell'opera, nella tipografia gutenberghiana si avvicendano le vicissitudini più assurde dell’Antico e del Nuovo Testamento, senza alcuna censura. Il testo teatrale – scritto da Calabrese, Scuda e Vagnarelli– non trascura infatti gli episodi biblici omessi, ed elegge gli stessi interpreti dell'autobiografia a consulenti della stesura della sacra storia. Da un Gesù grossolano a un Noè svampito, da una Maria Maddalena schietta a un Mosè equilibrato, gli autori sono riusciti e rendere originale uno dei testi storici più “classici”, arricchito da una minuziosa ricerca teatrale, ma intinto da un'abile e sagace tocco umoristico e di leggerezza.
Cruciali nello show sono le ventidue composizioni inedite, scritte da Lorenzo Scuda, che rendono omaggio alle pagine musicali militanti nella storia del musical dagli anni Venti ad oggi – quali quelle di Cole Porter o Stephen Sondheim – imperniate da una commistione di effetti, generi e strumenti musicali, come chitarre heavy metal, sintetizzatori e sonorità barocche, jazz ed elettroniche. Scene e personaggi sono caratterizzati da un sound consacrato ad hoc; si pensi a un Gesù che canta rap – interpretato da uno scherzoso Scuda – o alla canzone swing affidata alla voce pregnante di Calabrese, che impersona Gutenberg.
Tra un intermezzo canoro e uno sketch divertente (“sto facendo Ponzio pilates”), non mancano i messaggi sociali, gli insegnamenti educativi, le contraddizioni storiche e i sarcastici adattamenti testuali all'attualità – si pensi alle gag “Paternoster Chef” o “resorto paradiso fiscale” –, che il quintetto tratta con un pizzico di ironia, dando però la possibilità agli spettatori di riflettere su ciò che è stato tramandato.
Versatili, bizzarri, innovatori e mai prevedibili – grazie anche al loro considerevole bagaglio culturale e alle poliedriche esperienze che vanno dal mimo alle esibizioni circensi, dal teatro di rivista al musical –, gli Oblivion hanno lasciato il pubblico sbalordito, riuscendo a instaurare un dialogo continuo con l'intera platea del Teatro Celebrazioni bolognese. D'altronde sono cinque artisti, numero esemplare che simboleggia la sperimentazione, la curiosità, la voglia di avventura e l'ispirazione, qualità adatte ad un performer che ha l'obiettivo di arrivare nell'immediato allo spettatore. Il regista del musical, Giorgio Gallione, li chiama «cinque straordinari “filosofi assurdisti”»; e se quel nome che intitola il gruppo è nato per caso, di certo non gli rende giustizia, perché degli Oblivion ne sentiremo sicuramente parlare ancora.