L’Ape musicale

rivista di musica, arti, cultura

 

L’estremo Mozart a Palermo

di Giuseppe Guggino

Due concerti nella medesima giornata vedono fronteggiarsi l’Orchestra Sinfonica Siciliana con il pianista e direttore Alexander Lonquich e l’Orchestra del Teatro Massimo con Fabio Biondi, rispettivamente alle prese con l’ultimo concerto per pianoforte e orchestra e le ultime tre sinfonie di Mozart.

Palermo, 3 novembre 2024 - Neanche la più rodata sinergia fra istituzioni musicali avrebbe potuto congegnare l’incastro perfetto – verosimilmente ascrivibile alla casualità – fra i due concerti, uno pomeridiano dell’Orchestra Sinfonica Siciliana e uno serale al Teatro Massimo, rispettivamente dedicati all’ultimo concerto per pianoforte e orchestra e le ultime tre sinfonie di Wolfgang Amadeus Mozart. Né a questo si ferma la casualità, giacché se la Sinfonica Siciliana si affida a Alexander Lonquich l’Orchestra del Massimo si lascia guidare da Fabio Biondi, entrambi pressappoco coetanei e accomunati dall’approdo al podio in affiancamento all’attività solistica, rispettivamente al pianoforte e al violino. Eppure le analogie di fondo conducono paradossalmente a risultati dagli orizzonti stilistici e dagli esiti alquanto divergenti.

Nella sala del Basile l’approccio serale di Biondi alla scrittura mozartiana è alquanto nervoso, scattante, volto a sollecitare i contrasti; cosa di per sé non priva di interesse, se non fosse che il musicista di origine palermitana tende a differenziare in maniera estrema dal punto di vista agogico le frasi musicali giustapposte negli sviluppi, con un continuo allargare e stringere che alla lunga risulta financo stucchevole, per non parlare proprio di procurata cinetosi. Non si invidia la compagine del Teatro Massimo nell’assecondare puntualmente tale disegno interpretativo radicalizzato, vieppiù in una configurazione d’archi un poco squilibrata, con ben quattro contrabbassi, con un’esagerata evidenza richiesta a legni e ottoni, e particolarmente alle trombe nella K 543 e nella K 551, essendo fortunatamente non previste dall’organico nella K 550. Né la precisione d’insieme è sempre ineccepibile, registrandosi oltre a qualche sbavatura di troppo anche una carenza di smalto su cui certamente ha giocato a sfavore dal punto di vista acustico l’assenza di riflessione del suono derivante dall’abitudine ormai consolidata di sfoggiare il sipario con l’incoronazione di Ruggero II, peraltro non ascrivibile alle migliori realizzazioni del pittore catanese Giuseppe Sciuti.

Non gioca a favore del concerto serale neanche l’esito ben più entusiasmante di quello pomeridiano conclusosi neanche mezz’ora prima nella vicinissima sala di Damiani Almeyda, sede dei concerti dell’Orchestra Sinfonica Siciliana che, a preludio dell’imminente inaugurazione della nuova stagione, aveva proposto un appuntamento d’anteprima aperto dal Concerto n. 27 affidato ad Alexander Lonquich, doppiamente impegnato come direttore e solista. La disposizione del pianoforte tradizionale da concerto, con coperchio della cassa armonica reclinato comporta inevitabilmene la collaborazione fra l’eccellente solista-direttore e il violino di spalla dell’ottima Eva Bindere. Sin dall’articolato Allegro iniziale si coglie la ricerca di sonorità quasi cameristiche, ben calibrate, apollinee. Il disegno espressivo di Lonquich alla tastiera, proteso ad evidenziare le linee essenziali del discorso musicale, ben distinguendole dagli innesti esornativi pur tracciati con cristallina precisione, si trasfonde con completa unità di intenti nel suono asciutto restituito dalla compagine orchestrale. Prodigiosi i pianissimi del solista, senza peraltro mai perdere il fondo del tasto, si coniugano ad altrettanto sorprendenti sonorità impalpabili dell’orchestra che valgono al pagina il consenso unanime e persistente del purtroppo non numerosissimo pubblico in sala.

La delicata esecuzione dell’Arabeske in do maggiore di Schumann concessa a mo’ di bis è l’ideale ponte tra Mozart e Brahms, di cui la seconda parte del concerto prevede la Seconda sinfonia. In stato di grazia la Sinfonica Siciliana asseconda Lonquich sul podio che, pur esigendo un’articolazione del suono più vigorosa, rimane ben al di qua dei turgori retorici di esecuzioni brahmsiane d'antan. Rimpolpata da giovanissimi aggiunti fra le prime parti, fra cui si deve quantomeno lodare il tanto giovane quanto notevole corno di Claudio Minervini, l’Orchestra festeggia il direttore, che ricambia concedendo numerose e meritate alzate, in un clima di armonia e reciproco apprezzamento.

Ottimo viatico per la sessantacinquesima stagione sinfonica che si inaugura il prossimo 7 novembre con la Terza di Mahler affidata ad Hartmut Haenchen.

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