Il respiro dell'orchestra
di Luigi Raso
Yutaka Sado dirige i complessi del San Carlo in un programma che spazia dal Brahms più spensierato alle grando architetture di Bruckner passando per Handel rivisitato da Schönberg. Il risultato merita applausi scroscianti.
NAPOLI, 26 gennaio 2019 - È la spensierata Akademische Festouvertüre op. 80 di Johannes Brahms ad aprire il concerto che segna il ritorno di Yutaka Sado, attualmente tra i più grandi direttori giapponesi, alla testa dell’orchestra del San Carlo.
Composta nell’estate del 1880 a titolo di ringraziamento per il conferimento di una laurea honoris causa da parte dell’Università di Breslavia, l’Ouverture si presenta come un divertente pot-pourri di canzoni goliardiche.
L’approccio di Sado alla Ouverture è preciso, ironico e, quando occorre, incisivo: l’orchestra dimostra subito di essere in una delle sue (frequentissime) migliori serate.: suono pieno e rotondo in tutte le sezioni, precisione ritmica, ampia gamma dinamica, capacità di alleggerire in modo appropriato. Un’esecuzione scintillante e coinvolgente che riscalda da subito il clima in teatro e cattura l’attenzione del pubblico.
Di non frequente esecuzione, il Concerto per quartetto d’archi e orchestra in si bemolle maggiore di Arnold Schönberg, tratto dal Concerto grosso op 6 n.7 in si bemolle maggiore di Georg Frederic Handel, è stato composto nel 1933 negli Stati Uniti, all’indomani dalla sua fuga dalla Germania infestata dall’antisemitismo.
Si tratta di un ritorno temporaneo al sistema tonale per questa trascrizione e orchestrazione da Handel, compositore comunque non particolarmente amato da Schönberg. Il tratto più interessante del Concerto è, però, da ricercarsi proprio nella originalità e dalla varietà della tavolozza timbrica di questa rielaborazione per grande orchestra. Yutaka Sado ne dà una lettura pulita, attenta a mettere in risalto le linee contrappuntistiche, con un perfetto bilanciamento dei pesi sonori tra il quartetto d’archi solista e l’orchestra.
Il Concerto - sicuramente non classificabile tra le migliori composizioni di Schönberg - offre la possibilità di mettere in risalto le ottime capacità esecutive e la coesione sonora del Quartetto d’Archi del Teatro di San Carlo, complesso costituito dalla prime parti dell’orchestra (dai violini di Cecilia Laca e Luigi Buonomo, dalla viola di Antonio Bossone e dal violoncello di Luca Signorini) che dialogano tra loro in perfetto stile cameristico, con estrema pulizia sonora e rigore ritmico, estraendo dai loro archi sonorità, secondo l’occasione, morbide, incisive e graffianti.
Una prova di notevole affidabilità tecnica e interpretativa per il Quartetto del San Carlo, che viene premiato da molti applausi.
Il bis non si fa attendere ed ecco il terzo tempo Prestissimo dal Quartetto per archi in mi minore di Giuseppe Verdi, unico lavoro per questo organico scritta durante il soggiorno napoletano del compositore ed eseguito la prima volta in forma privata a Napoli, nel 1873, proprio dalle prime parti del San Carlo: ieri come oggi,
Dopo l’incipit brillante, il violoncello di Luca Signorini introduce il meraviglioso, nobile, verdianissimo tema lirico, incastonato tra i temi dello Scherzo che viene ripreso in conclusione.
La seconda parte del programma è dedicata a uno dei capolavori sinfonici, la Sinfonia n. 4 in mi bemolle maggiore "Romantica" (1874) di Anton Bruckner, una gigantesca architettura sonora intrisa di misticismo, immersa in un mondo misterioso, romantico appunto.
Nei quattro movimenti che la costituiscono, Yutaka Sado e l’orchestra del San Carlo innalzano un edificio sonoro poderoso e vivo.
La concezione orchestrale di Anton Bruckner, organista, cattolico fervente e umile, uomo dall’animo candido, si fonda sulla sonorità dell’organo: l’orchestra, quindi, viene trattata come un enorme organo da Cattedrale. Le sezioni alludono ai registri dello strumento, la contrapposizione improvvisa tra piano e fortissimo ricorda molto da vicino l’affondo degli accordi organistici.
Yutaka Sado conosce ogni rivolo di questa maestosa partitura e la domina completamente con un gesto asciutto, limitato, ma eloquente, di estrema sintesi e precisione.
L’amalgama sonoro e la sutura tra le sezioni sono risolti alla perfezione: il suono degli ottoni è preciso, nitido; intenso quello degli archi, sia nei tanti tremoli disseminati nella partitura che nell’introduzione dei temi: meravigliosa, nel colore e nella compattezza del suono, l’introduzione del primo tema del secondo movimento ad opera dei violoncelli. Un colore cinereo, dal cupo pessimismo che con immediatezza scolpisce quella che è la cifra dell’intero movimento.
La direzione di Sado fa respirare l’orchestra, esalta l’intima sonorità delle pause, dei silenzi dai quali germogliano le frasi musicali, estremamente curate nel loro ingresso, ora sommessamente, ora con esplosioni sonore. È un fraseggiare analitico, tornito che si pone l’obiettivo di rischiarare ogni singola frase e anche la più piccola dinamica. La tenuta generale è assicurata dal dominio che Sado, in passato assistente di mostri sacri del podio quali Leonard Bernstein e Seiji Ozawa, ha della partitura: si percepisce, anche nei rallentando, la pulsazione vitale della partitura.
Il rischio, in composizioni dall’ampiezza smisurata come le Sinfonie di Bruckner, che si possa affievolire o estinguersi il “soffio vitale” è reale; Sado, tuttavia, sa tenerlo sempre vivo, grazie a un fraseggio cesellato e a una tenuta agogica senza sbavature, né in eccessivi rallentando, né in accesi parossismi.
Lo Jagdscherzo (Scherzo della caccia) del terzo movimento è un racconto gioioso in musica di una scena di caccia: gli ottoni e i legni risolvono al meglio il compito affidato loro.
Il quarto movimento finale sembra compendiare tutti i pregi dell’esecuzione sparsi nei precedenti movimenti: le sonorità si fanno turgide, esplosive, non c’è sezione orchestrale che sia messa alla prova nel contrasto di dinamiche e nello scolpire i temi. Il risultato finale è davvero sorprendente.
Senza dubbio il concerto è da ricordare tra i migliori degli ultimi anni, una conferma delle ottime potenzialità della compagine orchestrale, che diventano tangibili quando a salire sul suo podio è un concertatore della caratura e dal bagaglio tecnico di Sado. Al termine di questa pregevole esecuzione gli applausi, calorosi e prolungati, sono meritatissimi.