La voce del violino
di Luigi Raso
Al teatro Sannazaro di Napoli, il gradito ritorno nella stagione dell'Associazione Scarlatti di Suyoen Kim e del suo violino Stradivari Lord Newlands per un programma tutto dedicato a Bach.
NAPOLI, 5 dicembre 2019 - L’incertezza che aleggia intorno alla genesi compositiva delle Sonate e Partite per violino solo di J.S. Bach e le ipotesi sulla loro destinazione svaniscono in un colpo solo dinanzi una considerazione banale e a un’eventualità non affatto scontata: è possibile cogliere il loro altissimo valore musicale soltanto se interpretate da un artista attento ad ogni minima sfumatura dello spartito e, in particolare, capace di intelligere tra il complesso ordito strumentale, facendo emergere il profondo mondo poetico e musicale adombrato nella filigrana della scrittura bachiana. In assenza di ciò, tra le sublimi Sonate di Bach e gli studi per violino di Czerny e Kreutzer la differenza, almeno dal punto di vista espressivo ed emozionale, rischierebbe di essere estremamente esigua.
Occore, poi, un altro irrinunciabile elemento per avvicinarsi a questi capolavori della letteratura violinistica (e non solo): assicurarsi di impugnare uno strumento che abbia una voce tale poter scandagliare e imitare la scrittura semi orchestrale delle composizioni del genio di Eisenach.
Ebbene, nel nostro caso i fondamenti indefettibili per un approccio proficuo e interessante a queste pagine ci sono entrambi.
Suyoen Kim, giovane violinista tedesca di origine coreana, e il suo meraviglioso Stradivari “Lord Newlands”del 1702 (gentilmente messo a sua disposizione dalla Nippon Foundation) con questo concerto concludono con convinto successo di pubblico l’esecuzione integrale delle Sonate e Partite per violino solo di J.S. Bach.
La Kim, nel tornare a Napoli a quasi un anno dal suo primo concerto (leggi la recensione), convince e conquista immediatamente con una scintillante esecuzione della Partita n. 1 in si minore BWV 1002. Quella della giovane artista, primo violino del Quartetto Artemis e del Konzerthausorchester di Berlino, è una lettura fluida, limpida, estremamente pulita, improntata a una rigorosa compostezza ritmica, a un suono luminoso, terso sul cantino e particolarmente robusto e ombroso sulla quarta corda.
Si parte con la solenne Allemande per poi infiammare il gioco agogico nelle successive Double e Courante; la meditativa Sarabande e la successiva Double preparano alla deflagrazione ritmica e armonica della Bourrèe, eseguita con impeto e incedere convinto e perentorio. La voce - violini come lo Stradivari di Suyoen Kim non suonano, ma cantano - del “Lord Newlands” muta registri sonori e cromatici all’interno di una tinta dominata da una madreperlacea iridescenza sonora, in linea con la connotazione mondana e danzante della composizione.
Il clima espressivo cambia radicalmente con la successiva Sonata n. 2 in la minore BWV 1003 e, ancor più, con la terza Sonata in do maggiore BWV 1005. Suyoen Kim e il suo Stradivari optano per un suono sbalzato, più tormentato, figlio di quel contrasto di dinamiche che conferisce plasticità, monumentalità e profondità espressiva alle Sonate, composizioni dall’andamento sospeso tra il ripiegamento interiore e la magistrale costruzione delle poderose architetture musicali delle Fughe. Sin dal Grave della seconda Sonata si avverte il mutato approccio interpretativo rispetto alla precedente Partita n. 1: il suono si fa più cupo, ogni nota è cesellata, il vibrato diventa più intenso e largo, la cavata dell’archetto più possente, il suono della corda sol si irrobustisce e incupisce ancor di più. In confronto alla Partita introduttiva Suyoen Kim tende ad esasperare, con notevole risultato in termini di espressività, i contrasti dinamici, in modo da esaltare lo sbalzo delle linee melodiche. La Fuga della seconda sonata è eseguita con una chiarezza tale che rende individuabili, pur nel profluvio di bi e tricordi, i soggetti e il loro sviluppo, ammantata com’è di un suono oscillante tra il brunito e la luce vespertina. Nel successivo Andante Suyoen Kim immerge il pubblico in una meditazione dolorosa, scandita dall’ossessiva pulsazione ritmica del do ribattuto sulla quarta corda, dal suono scuro, robusto, in contrasto perfetto con la linea melodica.
L’intenso raccoglimento di Kim e del “Lord Newlands”, sempre più complementari, prosegue con la ancor più metafisica e “religiosa” nello spirito Sonata n. 3 in do maggiore, nel cui Adagio introduttivo la violinista accentua le sonorità cupe del suo strumento strappando accordi sempre più lancinanti, appena mitigati dalla solennità della linea melodica che fluisce come un fiume carsico nelle armonie. La successiva Fuga alla breve è un miracolo di pulizia melodica per precisione e tenuta ritmica, nel quale i soggetti risultano evidenti e visibili come i contorni delle pitture toscane del ‘400: pulizia, rigore e nitore in ogni nota. Souyen Kim ritrova gli accenti meditativi e dolorosi nel Largo, staccato con tempo giusto, che permette di cogliere di sfumature dinamiche, gustare il silenzio delle pause di semicroma senza appesantire e illanguidire il fluire musicale. L’ Allegro assai conclusivo, impetuoso e di immediata luminosità sonora, sgombra il passo dalla precedente introspezione per condurre gli ascoltatori in un turbinio di semicrome, gioioso e liberatorio e nel quale Suyoen Kim, celando le difficoltà tecniche di esecuzione, dopo la penombra caravaggesca dei Largo, Grave e Adagio delle due Sonate, illumina l’ultimo tempo della Sonata.
Il pubblico dell’Associazione Scarlatti apprezza molto e tributa applausi prolungati e calorosi.
Un nota informativa conclusiva: l’11 dicembre sarà inaugurata nella splendida cornice di Villa Pignatelli a Napoli un’interessante mostra che ripercorre, attraverso le sue stagioni e i tantissimi artisti ospitati, la storia dei primi 100 anni dell’Associazione Scarlatti. Chi si trovasse a Napoli farebbe bene a non perderla, visto il ruolo che questa istituzione ha svolto e svolge per la cultura musicale a Napoli.