Assaggi di futuro
di Roberta Pedrotti
Non solo opere e concerti al Teatro Olimpico, per il Festival Vicenza in lirica la mattina del 6 settembre nella chiesa di San Rocco si esibiscono gli allievi del master tenuto da Barbara Frittoli.
VICENZA, 6 settembre 2020 - La sera stessa si esibiranno per beneficenza all'Olimpico volti noti, conoscenze teatrali di data più o meno lunga (Barbara Frittoli, Diletta Scandiuzzi, Ekaterina Gubanova, Fabio Armiliato, Lucio Gallo, Alberto Mastromarino, Bruno de Simone e Natale De Carolis); la mattina è tutta per loro, i ragazzi che hanno frequentato il master con Barbara Frittoli promosso nell'ambito del Festival Vicenza in Lirica. Al pianoforte, in entrambi i casi, Mzia Bakhtouridze, da trent'anni fra i punti di riferimento anche del Teatro alla Scala.
Nella chiesa di San Rocco sfilano sette soprani, un tenore e un baritono e per un'oretta si respira l'atmosfera febbrile della scoperta e del debutto. Una giovane voce assomiglia a un vino: c'è la bottiglia che, appena stappata, esala subito tutti i suoi aromi, conturba, ma l'effetto finisce presto; c'è quella che ha bisogno di "respirare" un po' per aprirsi e mostrare il meglio di sé; c'è quella che va sorseggiata più volte, a intervalli di tempo; quella che si gusta subito e quella che necessita di invecchiare un po' in cantina... Mentre si cerca di indovinare quale tipo di vino stiamo degustando, non si può che provare empatia per questi ragazzi che danno tutto nello spazio di una sola aria e ci lasciano immaginare una combinazione di studio, progressi, emozioni elettrizzanti o traditrici. Possono venire in mente dei consigli, si possono notare i punti di forza che riescono a emergere o quelle vulnerabilità che la tensione lascia scoperte, quando si ha poca esperienza e ci si trova a dimostrare i frutti di una settimana di studio intensivo una mattina in chiesa di fronte a sconosciuti e ad artisti celebri (alcuni degli interpreti del concerto serale, oltre alla docente Barbara Frittoli, siedono ad ascoltare).
Di certo si avverte l'affinità di Miriam Carsana con il repertorio barocco e solo le si suggerisce di fare attenzione a diversificare l'espressione nelle strofe dolenti o furiose di "Piangerò la sorte mia" da Giulio Cesare di Haendel. Coraggioso nell'affrontare un arduo cimento mozartiano è il tenore Massimo Frigato, che mostra mezzi promettenti ma anche una tecnica da consolidare alle prese con "Dalla sua pace" da Don Giovanni. Mozart anche per Mariastella Saraceno: in "Padre, germani, addio" da Idomeneo con relativo, asperrimo, recitativo, dimostra bello smalto temperamento, che il tempo potrà indirizzare nel dosaggio di forze e accenti. Luisa Bertoli canta con gusto e buon controllo "Oh quante volte, oh quante" dai Capuleti e i Montecchi di Bellini e Gaia Pelizzari offre una scalpitante Lauretta pucciniana con "O mio babbino caro". Il baritono Omar Cepparolli si mostra disinvolto con "Bella siccome un angelo" da Don Pasquale, mentre sembra molto emozionata Hana Sugiura nell'intonare "Non so le tetre immagini" dal Corsaro, una di quelle arie tanto insidiose proprio perché apparentemente semplici. Greta Lirussi colpisce per la scelta intelligente di un brano non scontato che ne mette in luce personalità e musicalità nell'aria di Lia dall'Enfant prodigue di Debussy, "Azaël, Azaël! Pourquoi m'as-tu quittée?". Per contro, arcinota, è "Un bel dì vedremo", che Marina Nachkebiya canta in modo molto convincente, sicché le si raccomanda solo di fare attenzione al controllo del registro grave. Ma, d'altra parte, qualche banco più in là sta seduta in platea Barbara Frittoli, che, dietro la mascherina, con qualche gesto e lo sguardo segue ogni respiro dei suoi allievi. È il segno tangibile dell'arte che si tramanda, passa di generazione in generazione arricchendosi sempre di nuovi stimoli, contributi e personalità. Come raccomanda Dante nel De Monarchia: "come loro [gli uomini] sono arricchiti dalla fatica degli antichi, così s'impegnino per arricchire a loro volta i posteri". Quel che succede quando un grande artista trasmette la sua esperienza a chi non si limita ad assorbire e imitare, ma cerca di far proprio l'insegnamento per costruire un cammino futuro personale.
Per chi ascolta la punta dell'iceberg del saggio finale ora è tempo solo di dire in bocca al lupo, e arrivederci a teatro.