Lavori in corso…e incompiuti!
di Stefano Ceccarelli
Il Teatro dell’Opera di Roma, nelle fluttuanti incertezza della situazione sanitaria nazionale, mette in scena un’eccellente versione della Zaide, Singspiel incompiutodi Wolfgang Amadeus Mozart. Lo spettacolo è diretto teatralmente da Graham Vick e musicalmente da Daniele Gatti.
ROMA, 22 ottobre 2020 – Questo periodo storico è una stretta tremenda e soffocante per la cultura, in generale, e per il teatro, in particolare. L’incertezza continua sulla fattiva possibilità di mettere in scena un’opera porta molti teatri ad avere problemi incredibili di gestione della programmazione annuale, con cancellazioni continue e spostamenti dei vari spettacoli.
In questo clima di incertezza a più livelli, dunque, fa certamente piacere vedere uno spettacolo bello, fruito in totale sicurezza, che fa apprezzare l’impegno profuso dal Costanzi. La Zaide andata in scena all’Opera di Roma, infatti, è una produzione tutta italiana, che vede la collaborazione del maggior teatro romano con quelli del Circuito Lirico Lombardo.
La regia è affidata a Graham Vick, che al solito presenta uno spettacolo non solo intelligente e piacevolmente fruibile, ma anche attuale, nel vero senso della parola. Il palco si presenta, infatti, aperto alla vista dello spettatore fin dal suo ingresso in sala. Come nel teatro antico, non c’è sipario a rimarcare l’inizio e la fine dell’azione scenica: chi guarda è sempre immerso nello spettacolo e, al contempo, nell’edificio teatrale. L’idea di Vick è semplice e assai ben eseguita. Degli operai stanno lavorando (naturalmente, provvisti di mascherina, coniugando l’utile al dilettevole) a un cantiere; il palcoscenico è come ‘sventrato’ e mostra tutte le impalcature e i macchinari che servono agli usi di scena. A narrare la storia è una voce esterna, qui impersonata da Remo Girone, che regala una performance di grande effetto drammatico, con una recitazione teatrale di notevole spessore. I testi recitati dalla voce narrante vennero scritti da Italo Calvino per una versione dell’opera andata inizialmente in scena a Batignano (Grosseto) negli anni ‘80, nel festival Musica nel Chiostro organizzato – come ricorda lo stesso Vick in una nota nel programma di sala – da Adam Pollock. Fu lo stesso Pollock a chiedere a Calvino di completare Zaide. Regista della première di questa Zaide di Mozart/Calvino fu proprio Graham Vick, che a distanza di quasi quarant’anni ritorna su un titolo evidentemente a lui ben caro – in un mondo (come scrive sulla nota di sala) di incertezza, solitudine e isolamento («a word of uncertainty loneliness and isolation with freedom only a dream on the horizon»).
Riprendendo le fila del discorso, Vick ha ideato un palco privo di scenografia, quasi sventrato, appunto, e ha letteralmente creato la scenografia di volta in volta con gli oggetti di scena coerenti con un cantiere edile e, quindi, già presenti sul palco stesso (gru, luci, impalcature, secchioni, sabbia etc.). Questa idea proteiforme è perfettamente coerente con il lavoro sul libretto operato da Calvino. Mozart, infatti, aveva lasciato il Singspiel incompiuto a quindici numeri musicali. Calvino doveva, in un certo senso, creare un collante logico a quei numeri ed escogitare anche un finale. Da genio qual era, lo scrittore ha creato un perfetto esempio di narratologia aperta, inglobando i numeri musicali mozartiani in maniera da proporre più spiegazioni possibili alle ragioni delle azioni dei personaggi. Si hanno, dunque, spesso flashback and flashforward, che analizzano diversi passaggi della storia dal punto di vista di più personaggi. L’operazione di Calvino è straordinaria e si armonizza perfettamente con i numeri chiusi composti da Mozart.
L’unico elemento che dona, quindi, una reale ambientazione orientaleggiante sono i costumi dei personaggi (Italo Grassi). Ottimo il gioco di luci (Giuseppe Di Iorio), che crea effetti in più di una scena – soprattutto quelle ambientate nel deserto.
Le vestigia della Zaide sono dirette dal maestro Daniele Gatti, che fa un ottimo lavoro con l’orchestra. Il ruolo del titolo è cantato da Chen Reiss che si distingue per una voce aggraziata e cristallina, che sa rendere bene la sensuale voluttà del personaggio. In particolare, emerge nell’aria più celebre dell’opera, «Ruhe sanft, mein holdes Leben», rimasta famosa proprio per quel suo carattere di dolcezza tipicamente mozartiano; per citare, invece, un momento dove il suo mezzo vocale è messo maggiormente a cimento, soprattutto per la scrittura più graffiante, ricordarei l’aria «Tiger! Wetze nur die Klauen», che Zaide rivolge irata e sdegnata contro Solimano. La parte dello schiavo Gomatz è cantata da Juan Francisco Gatell, la cui voce, non troppo potente ma pastosa e espressiva, è anche lievemente brunita nel registro basso; Gatell interpreta, peraltro, assai bene un personaggio che presenta una massiccia parte recitata, come nel monologo con aria che apre Zaide. Markus Werba canta e interpreta un eccellente Allazim; basti citare l’aria «Ihr Mächtigen seht ungerührt», dove si sono potute godere le doti di fraseggiatore di Werba, che volentieri fa vibrare la parte centrale della corda baritonale. Paul Nilon, pure, canta un eccellente Soliman. A un’ottima recitazione coniuga, infatti, una voce squillante che si fa sentire nelle due arie scritte per il sultano. Infine, vorrei sottolineare come l’Osmin di Davide Giangregorio nell’arco di una sola aria si faccia notare per una voce potente, ricca di armonici, ben assestata: insomma, ottima serata per lui.
In conclusione, la Zaide romana è un successo, certamente apprezzata dal poco pubblico (purtroppo) che ha avuto il piacere di vederla. Speriamo si possa replicare in tempi migliori.