Quaerendo invenietis
di Luca Fialdini
Ton Koopman e i Solisti dell’Amsterdam Baroque Orchestra firmano una raffinata esecuzione dell'Offerta musicale nel segno di una scrupolosa interpretazione del testo
PISA, 16 settembre 2024 – Nel suo pur già monumentale corpus, Johann Sebastian Bach ha incluso – quasi fossero un lascito – due autentici monumenti dell’invenzione e della scienza contrappuntistica: l’Arte della fuga e l’Offerta musicale. Della seconda sono particolarmente celebri le condizioni che ne hanno determinato la genesi, dal soggetto di Federico il Grande alla pubblicazione offerta al sovrano, così come i molti enigmi in essa contenuti; in breve un sottobosco di misteri e omaggi regali che hanno senz’altro contribuito ad accrescere sensibilmente la notorietà della composizione. Per risolvere canoni così criptici, la XXIII edizione di Anima Mundi ha chiamato un autentico specialista bachiano di altissimo lignaggio come Ton Koopman insieme alla formazione di solisti della “sua” Amsterdam Baroque Orchestra: Catherine Manson e David Rabinovich ai violini, Marta Jiménez alla viola, Konstanze Waidosch al violoncello, Michele Zeoli a violone e contrabbasso e Kate Clark al traversiere.
Due aspetti colpiscono immediatamente l’attenzione: il primo è che Koopman dimostra una certa fantasia creativa proprio nella risoluzione dei canoni, dato che in un paio di occasioni si è discostato dalle soluzioni (ormai usuali ma non le uniche possibili) proposte nell’edizione del Neue Bach-Ausgabe; l’altro elemento e molto più evidente è come nella realizzazione si sia posta attenzione agli interventi del clavicembalo. È piuttosto frequente che nell’Offerta la tastiera richieda per sé un ruolo a dir poco di primo piano, invece Koopman tiene per sé solo il primo Ricercare, quello a 3 voci (e non c’è nulla da obiettare visto che è l’unico contrappunto a riportare un’indicazione di strumento per l’esecuzione, dato che è scritto su due righi di tastiera), su tutti gli altri brani preferisce salvaguardare la nitidezza delle linee contrappuntistiche, mantenendo in un’unica soluzione sia quella trasparenza caratteristica delle texture bachiane sia quell’atmosfera di astrazione che così spesso si affaccia negli ultimi lavori del Kantor e. Questa sensazione aleggia per tutta la durata dell’esecuzione, abbastanza da far tornare in mente le parole riservate da Anton Webern nel Cammino verso la nuova musica all’Arte della fuga ma più che valide anche per l’Offerta musicale (di cui orchestrò il Ricercare a 6 voci): «un lavoro che conduce nella sfera dell'astratto più assoluto, una musica alla quale manca tutto ciò che generalmente si indica con le annotazioni: se sia un pezzo per voci o per strumenti, segni d'interpretazione, insomma non c'è assolutamente niente. È davvero quasi una astrazione, - ma io vorrei meglio dire "la più alta realtà!" Tutte queste fughe sono costruite sulla base di un solo tema, che muta sempre: un grosso libro di idee musicali, il cui contenuto parte da una sola idea! Cosa significa tutto questo? Aspirazione alla più alta unitarietà. Tutto deriva da una entità, da quel solo tema di fuga! Tutta resta "in tema"».
Ogni sforzo, ogni cura, ogni attenzione sono volti a rendere nel modo più cristallino possibile i complessi intrecci contrappuntistici, ma questo non faccia pensare a una lettura fredda di queste pagine. Tutt’altro, la formazione cameristica propone una lettura intensa delle dieci elaborazioni canoniche guidati dalle indicazioni lucide di Koopman al cembalo, in particolare della Sonata sopr’il Soggetto Reale per flauto, violino e continuo, connotata da fortissima espressività. Suggestiva anche la decisione di proporre un ordine di esecuzione diverso dal consueto, proponendo il Ricercare a 6 come pezzo conclusivo e quindi regalandogli un vero e proprio posto d’onore.
La seconda parte del programma è costituita dalla Suite n. 2 in si minore BWV 1067. Nell’opinione di chi scrive, dopo l’Offerta musicale non c’è spazio per nulla e ogni altra proposta è meramente pleonastica (après nous, le déluge!), ma si possono capire le volontà di non presentare un’esecuzione di “soli” sessanta minuti e di congedarsi dal pubblico con qualcosa di meno austero del clima dell’Opfer.
In questo senso la Suite – al secolo Ouverture – assolve perfettamente alla funzione e consente all’ensemble di esibirsi anche con un repertorio meno abbottonato rispetto a quello già udito. Anche nel contesto stilistico alla francese si osservi come Koopman e i suoi prodigiosi sei solisti abbiano mantenuto una grande sobrietà, in particolare sugli abbellimenti: eseguiti rigorosamente in stile, ça va sans dire, ma senza affettazioni o speziature che vadano a confondere l’impasto. Il risultato è una suite di grande freschezza, con un’esecuzione capace di restituirne la particolare brillantezza; in breve questa è l’ennesima dimostrazione che filologia può rimare con espressività.
Il foltissimo pubblico (come sempre ad Anima Mundi, del resto) ha accolto positivamente questa serata dall’ascolto impegnativo con lunghi applausi, anche al termine della Sonata interna all’Offerta.