In ricordo di Giorgio Gatti
di Gina Guandalini
Il 1 aprile scorso è deceduto a Roma in ospedale, per Covid, il baritono buffo Giorgio Gatti. Nato a Poggio a Caiano, in provincia di Prato, nel 1948, vantava una lunga attività di servizio come cantante in tantissimi teatri europei e come ricercatore musicale. Il suo eloquio toscano e la sua verve effervescente hanno fatto di lui un interprete della nostra opera buffa del Settecento e primo Ottocento di grande caratura, e un entertainer di contagioso umorismo. Il pubblico televisivo lo ha visto come Sagrestano nella Tosca nei luoghi e nelle ore di Tosca con la regia di Giuseppe Patroni Griffi nel 1992, accanto a Catherine Malfitano, Placido Domingo e Ruggero Raimondi; come Marchese d’Obigny nella Traviata girata a Parigi sempre da Patroni Griffi nel 2000 con Eteri Gvazava, Josè Cura e Rolando Panerai; e come Conte di Ceprano nel Rigoletto realizzato da Marco Bellocchio a Mantova nel 2010, con Placido Domingo quale Rigoletto, Julia Novikova e Vittorio Grigolo.
Ma a partire dal 1972, quando vinse il concorso televisivo «Voci nuove rossiniane» insieme a Lucia Valentini non ancora Terrani ed Ernesto Palacio, Gatti ha vissuto una vivace carriera protagonistica. Per tutti gli anni ’70 ha fatto parte del complesso «Piccolo Teatro Musicale della città di Roma » con « I Virtuosi di Roma » diretti da Renato Fasano, e per tutti gli anni ’80 del «Gruppo Recitar Cantando » diretto da Fausto Razzi. La moglie Maria Teresa Conti, pianista, clavicembalista e docente raffinata, lo ha sempre accompagnato nello studio e nei recital. A Teresa e ai loro figli Paolo e Daniela vanno la nostra simpatia e solidarietà.
Chi scrive vide Giorgio Gatti per la prima volta a Roma nell’Impresario delle Canarie di Domenico Sarro; nacque subito una viva amicizia, grazie anche alle doti di Giorgio di “diffusore di buonumore”, in palcoscenico attore comico nato e nel corso delle cene barzellettiere insuperabile. Eccolo quindi affrontare in scena tutta una galleria di personaggi desueti in opere e melodrammi spesso ripresentati al pubblico per la prima volta: si tratta di L'Ormindo di Francesco Cavalli, l’oratorio Ester di Stradella al primo Festival di Musica Antica nella Roma Barocca, La Dirindina di Domenico Scarlatti e Lesbina e Adolfo di Alessandro Scarlatti. Eccolo trasformare la specializzazione in un’attività esplorativa costante: San Guglielmo D'Aquitania di Pergolesi, Il barone di Rocca Antica e la riscoperta Maga Circe di Pasquale Anfossi, La pescatrice di Niccolò Piccinni, Il mondo della luna e Il filosofo di campagna di Baldassarre Galuppi, entrambi su libretto di Goldoni: e ancora La serva scaltra e Larinda e Vanesio di Hasse, La contadina in corte di Antonio Sacchini, due rari titoli buffi di Cherubini come Il giocatore e L’arlecchinata, Il maestro di cappella di Cimarosa. Il Settecento volge alla fine ma l’opera buffa continua a fiorire e Gatti inserisce in repertorio Le cantatrici villane e I matrimoni per magia di Valentino Fioravanti.
Non resta naturalmente estraneo alla Rossini Renaissance, partecipando a L'inganno felice. Quanto a due interessanti titoli coevi di Francesco Morlacchi che Gatti cantava in scena e in concerto, quali Il Barbiere di Siviglia e Il poeta disperato, è da ritenere che avrebbero degnamente figurato al Festival di Pesaro degli anni ’80 se i criteri di scelta degli organizzatori fossero stati diversi. Nel vasto repertorio del nostro cantante non voglio dimenticare due creazioni donizettiane, Sigismondo nel Giovedì grasso agli inizi di carriera e Don Annibale nel Campanello. La presenza scenica e la splendida parlata toscana l’hanno poi soccorso in due spettacoli contemporanei, nel «musical» Caruso, la Storia di un mito di Gianluca Terranova, con la Ricciarelli e lo stesso Terranova, nel 2002 e nella commedia musicale Victor Victoria tratta dal film omonimo di Blake Edwards, con Paolo Ferrari e Matilde Brandi, nel 2003-2004. Se avesse ancora un senso istituire scuole di canto, Giorgio Gatti sarebbe stato il docente ideale, oltre che di “disinvoltura scenica” (esiste questa materia?), di pronuncia e dizione italiane per tutti gli stranieri che massacrano la nostra lingua. Tra i progetti che avevamo discusso insieme al telefono un paio di mesi fa c’era anche questa idea.