L’Ape musicale

rivista di musica, arti, cultura

 

Gigliola Frazzoni e Franco Corelli

Va', Minnie, addio...

 di Roberta Pedrotti

Si è spenta nella notte fra il 3 e il 4 dicembre Gigliola Frazzoni. Un ricordo del grande soprano, nato a Bologna il 22 febbraio del 1923, la cui carriera è stata segnata soprattutto dalla stella di Puccini e del Verismo.

A pochi giorni dalla prima della Scala con Madama Butterfly, quando i pensieri son tutti concentrati su Puccini e le sue eroine, arriva come un fulmine la notizia della scomparsa di Gigliola Frazzoni. Lei che, nella sua quasi identificazione con Minnie, aveva instaurato con il maestro di Lucca un rapporto speciale, quasi sovrannaturale, tanto da raccontare con ardore persino l'apparizione dello spirito del Sor Giacomo in persona.

Bastava averla incontrata una volta, Gigliola, per ricordarne l'energia travolgente, una forza della natura con un intuito teatrale fuori dal comune, sempre e comunque. Ho avuto la fortuna di condividere con lei diverse esperienze in giurie di concorsi, fra Budrio e Bologna, e di conoscerne il temperamento sanguigno, indomito, passionale. Era una vera primadonna, e come tale andava trattata, ma non pesava, perché il tatto e il rispetto lei sapeva guadagnarseli e ripagarli con una grande generosità, con veri gesti d'affetto, di consigli preziosi dati dall'esperienza (impossibile dimenticare l'importanza che conferiva ai vocalizzi quotidiani).

Ricordo le sue lacrime per la scomparsa di Corelli: Franco, il “suo” Dick Johnson, nominato da Gigliola con quell'inflessione dolce e malinconica ti toccava il cuore, come una presenza familiare in carne e ossa ben oltre l'icona di mille e mille registrazioni, immagini, video. Questa è solo una delle emozioni che le devo e di cui le sarò sempre grata, ricordandola mentre sfogliava sotto ai miei occhi il suo album di foto e ritagli. C'era lei, in camicia rustica, gonna sfrangiata, stivali e cinturone, lei con il busto di Puccini, c'era la foto scattata alla prima assoluta dei Dialogues des Carmélites alla Scala: era Mère Marie e con lei si riconoscevano Leyla Gencer, Virginia Zeani, Gianna Pederzini... In mezzo un omino, Francis Poulenc, di cui Gigliola raccontava la mitezza, con quelle sue vivide pennellate che ti facevano subito apparire un nome storico come una conoscenza diretta, in carne e ossa.

Parlava di come Les dialogues si dava “naturalmente” in italiano, lei che poi s'insospettiva anche quando sentiva una Carmen in lingua originale. Era il retaggio del suo tempo, e le si voleva bene anche per questo, anche quando storceva il naso di fronte a “Glitter and be gay”, che le sembrava pezzo più da musical che da opera. Aveva le sue idiosincrasie, le sue passioni e le sue convinzioni, ma anche un istinto notevolissimo che sapeva andare al di là dei confini delle sue esperienze. Mi capitò di giudicare con lei un bravissimo contraltista che ora gira meritatamente per il mondo fra opere e concerti: al primo impatto si stranì “Questo ragazzo sembra che canti come una donna, non come un tenore”, ma non si lasciò disorientare e chiosò subito “però canta benissimo, è proprio bravo: gli do un bel 10!” Era schietta nell'esprimere il suo pensiero, sempre e comunque, anche ad alta voce, forte magari dell'alibi di un udito che si andava affievolendo quando si parlava per risvegliarsi acuto di fronte alla musica. La sua franchezza vivace, estrosa, ci mancherà, come il suo calore generoso: ricordo l'entusiasmo con cui festeggiò un giovane soprano sudafricano rievocando le sue esperienze nel suo Paese, ma potrebbero essere mille e mille gli esempi. Anche di litigi focosi, perché se l'ho definita fiera e primadonna non è per modo di dire: lo era davvero, in tutto e per tutto.

Ciao Gigliola. Sono felice di averti conosciuta, di averti dato del Tu, di aver lavorato fianco a fianco con te, che mi onoravi della tua confidenza quando ci scambiavamo commenti e ci confrontavamo sulle voci ascoltate, che mi hai fatta sempre sentire a mio agio anche se al nostro primo incontro io debuttavo come giurata in un concorso e tu eri un mito della storia del canto.

Sono sicura che ti sarai addormentata l'ultima volta pensando di tornare a cantare Minnie con Franco, sotto lo sguardo sorridente del Sor Giacomo.


 

 

 
 
 

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