Canto all'italiana
di Luigi Raso
Madrid, 15 maggio 2024. Ci troviamo a Madrid, all’indomani di una rappresentazione dei Meistersinger von Nürnberg salutata da un calorosissimo successo di pubblico al Teatro Real (qui la recensione) e incontriamo il maestro José Luis Basso, a quasi tre anni dall’intervista che ci rilasciò a Napoli nel settembre del 2021 (qui l’intervista).
Dal settembre dello scorso anno José Luis Basso è Maestro di Intermezzo - Coro titular del Teatro Real di Madrid. E oggi parleremo soprattutto del presente, del suo nuovo incarico nella capitale spagnola, dei progetti e delle sfide artistiche che lo attendono.
José Luis Basso è molto conosciuto in Italia, dove ha diretto – per due volte, e a distanza di un quarto di secolo tra loro - il Coro del Teatro San Carlo e quello del Maggio Musicale Fiorentino.
Maestro Basso, iniziamo questa conversazione partendo del presente, del lavoro svolto qui a Madrid con il Coro del Teatro Real per questi Meistersinger von Nürnberg;poi ci parlerà delle caratteristiche del Coro del Real.
Partiamo da Meistersinger: quali sono le difficoltà che incontra il coro in questa opera smisurata? Che tipo di suono si deve ottenere?
I Meistersinger, insieme a Parsifal, Lohengrin, Der fliegende Holländer, è una delle opere di Wagner più complesse per il coro. Ma Meistersinger, rispetto alle altre opere di Wagner, ha una particolarità: è un’opera che, per me, guarda al passato.
Wagner, dopo aver “scardinato” e rivoluzionato il modo della musica, con i Meistersinger ritorna alle antiche forme, ai corali, alle fughe, alle arie; in questa commedia ci sono, come è noto, un quintetto, duetti. E queste forme Wagner le recupera - si badi bene! - dopo Tristan und Isolde: è davvero una cosa incredibile!
Dopo aver rivoluzionato le antiche tradizioni, con i Meistersinger Wagner guarda indietro, come a voler dire “Ritorno al passato e vi dimostro che scrivo meglio di chiunque anche seguendo il vecchio stile!”. E questa reminiscenza di forme si riscontra anche in relazione alla scrittura corale.
Quali sono le difficoltà esecutive dei Meistersinger?
Ogni teatro che abbia intenzione di programmare i Meistersinger sa che deve affidarsi a coro e orchestra di altissima qualità.
Quest’opera richiede al coro una molteplicità di colori, articolazioni varie, stili diversi. Tutto ciò è molto, molto difficile da ottenere; ma con l’impegno ci si riesce: la cosa più importante, quindi, è avere un tempo congruo per preparare al meglio quest’opera.
Per questa produzione dei Meistersinger quanti mesi di preparazione sono stati necessari?
Per abitudine personale, con il coro inizio a preparare l’opera con molti mesi di anticipo, in modo da raggiungere un buon grado di preparazione, non solo vocale, ma anche di comprensione del testo, di stile, ecc.
Mentre si preparano altre opere, altri lavori corali, si può iniziare, con mesi di anticipo, a studiare i Meistersinger, chepresentano insidie non solo vocali, ma anche sceniche: sono una commedia, una “commedia filosofica” potremmo dire. Al coro è richiesto anche tanto movimento in scena, si pensi alla fuga dell’atto II, a ciò che avviene nell’atto III.
Un’altra difficoltà: il momento più importante per il coro è nell’atto III, quindi dopo quasi cinque ore di spettacolo: è necessario che i coristi arrivino a questo appuntamento cruciale carichi di energia. Tutto il finale deve trasmettere forza ed energia al pubblico!
Quindi la pagina più difficile per il coro è il finale del terzo atto o la fuga che chiude il secondo?
La fuga è questione di “meccanica”, di tecnica: bisogna imparare bene il testo; il ritmo però è regolare, dall’inizio alla fine; naturalmente è un passaggio molto concitato, ritmicamente difficile. Però, in fondo, sono solo due minuti di musica.Invece il lungo finale è insidioso perché è suddiviso nei gruppi delle varie corporazioni. E poi c’è il grande corale “Wach auf”, dove occorre dare potenza vocale e, soprattutto, saper cantare piano, e questa è la cosa più difficile per un coro di centododici elementi come quello che abbiamo qui adesso al Teatro Real.
Quanti aggiunti ci sono per questi Meistersinger?
Circa sessanta aggiunti, abbiamo quasi raddoppiato l’organico per questa produzione.
Rimanendo al coro, lei è direttore del Coro del Real da otto mesi, quindi un’opinione sulle sue caratteristiche, potenzialità, punti di forza, limiti se l’è fatta. Quali sono, al momento, gli aspetti positivi e quelli da migliorare di questo coro?
Comincio dagli aspetti positivi, anche perché quelli negativi non ci sono!
In questi otto mesi di lavoro a Madrid ho trovato un coro che ha un’estrema versatilità musicale. E sa perché? Perché la programmazione del Teatro Real è da tempo molto varia. Abbiamo affrontato Medée di Cherubini, difficile quasi quanto i Meistersinger, soprattutto per la ricerca del colore e per l’uso della lingua francese.
Poi abbiamo eseguito Halka di Stanisław Moniuszko, che è un’opera in polacco, Lear di Aribert Reimann, a seguire Die Passagierindi Mieczysław Weinberg.
È evidente che per affrontare stili e repertori eterogenei bisogna avere a disposizione un coro estremamente versatile, che riesce ad imparare gli spartiti in poco tempo, e il Coro del Real ha sicuramente queste qualità.
Tutti gli artisti del coro oggi devono essere preparati musicalmente: quello del Real è una compagine giovane, che ha tanta energia ed entusiasmo, come percepisce immediatamente anche il pubblico.
Qual è l’età media del coro?
Intorno ai trentacinque anni. Sono persone giovani, forti e motivatissime.
Quali sono i progetti futuri che coinvolgeranno il coro? Quale indirizzo intende dare al coro?
Punto soprattutto alla ricerca del bel suono, di un suono “all’italiana”: ricerco un canto corale all’italiana, che vuol dire: dominio del fiato, canto sul fiato, copertura del suono. Sono questi gli attributi che danno a un coro una evidente capacità espressiva.
La copertura del suono, che è tipica dei cori italiani, non è facile da raggiungere, occorre tempo per ottenerla.
Ci tengo a sottolineare che per fare grande un coro bisogna innanzitutto creare, instaurando buoni rapporti umani nel rispetto dei ruoli, un gruppo compatto e coeso al suo interno; il compito del direttore del coro è creare la coscienza del gruppo: nonostante le differenti personalità, bisogna compattare tutti verso un obiettivo.
Dei progetti futuri che investiranno il coro cosa ci può anticipare?
Subito dopo i Meistersinger, affronterete un brano molto raro e difficile di Wagner, Das Liebesmahl der Apostel (La cena degli Apostoli), giusto?
Precisamente! Das Liebesmahl der Apostel, credo, sarà la prima volta che verrà eseguita in Spagna. È una composizione di estrema difficoltà, perché è per coro a cappella e grande orchestra. È davvero una sfida per qualsiasi coro! Approfittiamo di avere a disposizione in questo momento un grande organico per i Meistersinger e così proponiamo al pubblico madrileno anche questo brano.
Ricordo di aver affrontato Das Liebesmahl der Apostel durante i miei anni al Maggio Musicale Fiorentino. Quella volta a Firenze avvenne durante una produzione di Parsifal.
E per il futuro? Che progetti avete?
Per la prossima stagione sono state annunciate due opere russe, La favola dello zar Saltan di Nikolaj Rimskij-Korsakov ed Evgenij Onegin di Pëtr Il'ič Čajkovskij, poi ci sarà il Verdi giovanile dei Lombardi alla prima crociata, un appuntamento, questo, molto importante e complesso per il coro.
E poi affronteremo il barocco, l’oratorio drammatico Theodoradi Handel. Poi ci saranno Attila, La traviata..
La stagione del Teatro Real, come vede, è molto varia e abbraccia diversi secoli e stili di musica: ciò è un lavoro molto appassionante.
E la musica sacra, ad esempio, le Passioni di Bach, la Missa solemnis di Beethoven?
Stiamo discutendo di alcuni progetti sinfonici-corali.. Penso che questo repertorio sia stimolante per un coro d’opera, perché dà la possibilità di esplorare - come dire? - un territorio diverso da quello operistico. Ovviamente, la cura dell'intonazione, del suono, dello stile sono diversi rispetto a quelli richiesti per cantare, per esempio, Otello o Cavalleriarusticana.
La musica di Bach è un mondo a sé: l’ho affrontata con cori d’opera, a Firenze, a Napoli, a fine anni ’90, a Parigi.
Lei ha trascorso molti anni in Italia a dirigere i cori italiani, due volte quello del San Carlo e, soprattutto, il coro del Maggio Musicale Fiorentino.
La prima domanda è: si sente debitore nei confronti di questi cori italiani per degli insegnamenti che poi ha “speso” successivamente, a Barcellona, a Parigi e ora qui a Madrid?
Facendo riferimento ai cori che ha diretto, le chiederei di illustrarci brevemente la differenza di approccio all’opera lirica dei cori italiani e di quelli del resto d’Europa.
Ah, bella, bella domanda!
Ho iniziato la mia carriera in Europa al Teatro San Carlo di Napoli, nel 1994.
L’allora sovrintendente Francesco Canessa mi diede questa bella opportunità, rischiando molto ad investire e puntare su di me: ero poco più che un ragazzino ed ereditai un coro che era stato diretto per più di trenta anni dal maestro Giacomo Maggiore. Quella esperienza è stata una grande scuola per me!
I cori italiani hanno la musica lirica nel loro DNA: molte cose non bisogna neppur chiederle, è nella loro tradizione, come per noi argentini il tango, giusto per fare un esempio.
All’estero, a Barcellona, Parigi, Madrid, ho cercato e cerco tuttora di mettere in pratica ciò che ho appreso in Italia, dove si imparano le tradizioni.
Si può dire che dire, quindi, che a Barcellona, Parigi e Madrid ha modellato i cori sulla base della lezione della tradizione vocale italiana?
Sì, proprio così, soprattutto sulla lezione e lo stile del belcanto italiano, perché un coro deve assolutamente cantare come canta, ad esempio, Mariella Devia, come i cantanti belcantistici: e questo modo di articolare la linea di canto è molto apprezzato anche al di fuori dell’Italia.
Mentre preparavo i Meistersinger chiedevo al coro ogni giorno “belcanto, belcanto!”: chiedevo di cantare Meistersinger come se stessero cantando Norma, La sonnambula.
Questo è il lavoro che sto facendo qui a Madrid: lavoro moltissimo sulla qualità del suono, sull’intonazione, sul legato.
Oltre all’impegno come direttore del coro è impegnato su altri fronti al Teatro Real?
Sì, sto lavorando al progetto pedagogico Crescendo, che mi interessa moltissimo: è volto a promuovere, stimolare e sostenere lo sviluppo artistico e professionale delle future promesse dell’opera fin dall’inizio della loro carriera lavorativa.
Si insegna ai giovani cantanti a migliorare la tecnica vocale, ma anche come presentarsi alle audizioni. Noto che molti ragazzi non sanno come affrontarle al meglio, quale repertorio scegliere, come porsi..
Crescendo è un’iniziativa alla quale sono molto interessato e alla quale sono davvero felice di partecipare; nello specifico, mi occupo del repertorio e della tecnica vocale.
Lei è un affermato direttore di coro: quali persone sente di dover ringraziare?
Dovunque ho lavorato ho conosciuto personalità che mi hanno insegnato tanto.
Il Maggio Musicale Fiorentino per me è stato fondamentale per avermi dato la possibilità di conoscere tutti i grandi direttori. Il Maggio aveva una stagione sinfonica e operistica quindi erano ospiti, tra i tanti, Muti, Abbado, Ozawa, Sawallisch, Sinopoli, ecc.
I cantanti migliori, invece, li ho incontrati al Liceu di Barcellona negli anni ’80: vi ho incontrato Mirella Freni, Piero Capuccilli, Eva Marton, Nicolai Ghiaurov, tutti i grandi cantanti di quell’epoca.
Quindi, volendo sintetizzare, i grandi direttori li ho incontrati a Firenze, i grandi cantanti a Barcellona: da tutti ho imparato tanto per la mia formazione.
Stiamo per concludere la conversazione. Domanda personale: come si sta trovando a Madrid?
Qui mi trovo molto bene, con l’Intermezzo Coro Titular del Teatro Real abbiamo già ottenuto molti e grandi successi in questi primi otto mesi; e aver riscosso tali consensi di critica e di pubblico in così poco tempo mi rende davvero felice. Sono quindi molto soddisfatto di questo primo periodo a Madrid.
Con il coro del San Carlo il mio lavoro è terminato la scorsa estate ad Aix-en-Provence con Otello di Verdi, che ha riscosso un grandissimo successo.
Quello del San Carlo è un coro che porto sempre nel cuore: le nostre strade si sono incrociate in due periodi diverse delle mia vita. Alcuni artisti del coro, che feci assumere negli anni ’90, ora sono tra i più esperti; poi sono stati assunti degli artisti giovani molto bravi.
Ma nel mio cuore ho tutte le masse artistiche del San Carlo, l’orchestra, il coro e i tecnici, con i quali ho costruito un rapporto incredibile. Ancora oggi mi scrivono, mi mandano cose tipiche di Napoli. L’umanità che ho trovato lì è unica!
Maestro, è stata una conversazione molto interessante, che ha toccato aspetti musicali e umani. La ringrazio per il tempo che ci ha dedicato e le faccio i miei in bocca al lupo per i prossimi impegni.
Grazie a voi dell’Ape musicale per avermi dato l’opportunità di raccontare qualcosa anche su questa esperienza madrilena! Vi aspetto al Teatro Real!