La famiglia del teatro
di Roberta Pedrotti
Il Teatro Coccia di Novara risponde al blocco dell'attività imposto dall'emergenza sanitaria con un'opera nata appositamente per le piattaforme online. Abbiamo chiesto agli interpreti e agli artefici di raccontarcela. Roberto De Candia ci parla del suo personaggio in Alienati, ma anche della situazione attuale, del lavoro del cantante, delle sue preoccupazioni e dei suoi progetti.
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Roberto, parlaci un po' del tuo personaggio. Anche questo molto attuale, se pensiamo che per molti questa quarantena sembra essersi trasformata in una sorta di torneo culinario! Hai contribuito in qualche modo alla sua reazione?
Gualtiero Craccovacciuolo è un cuoco molto famoso, tv, libri, social sono il suo mondo e sono quelli che hanno contribuito alla sua fama. La cucina, invece, pare essere solo un pretesto per il suo egocentrismo, al punto che, scopriremo, nel privato della sua casa in cui è costretto causa invasione aliena la qualità del cibo e la sua alimentazione non sono poi così gourmet come ci si aspetterebbe. Certo, in questo momento avrebbe tantissima concorrenza visto che non si passa un giorno senza sapere esattamente cosa mangiano gli altri e come lo hanno fatto….
Non è la prima volta che partecipi a una prima assoluta. Qual è il tuo rapporto con la musica contemporanea? Come ti trovi a collaborare direttamente con i compositori?
Ho avuto la fortuna di cantare diversi lavori contemporanei. Ho lavorato, fra gli altri, con Carlo Galante e con Giampaolo Testoni. Proprio con quest’ultimo, in occasione della prima assoluta di “Alice” al Massimo di Palermo diversi anni fa, abbiamo fatto un enorme lavoro sul personaggio (Il Gatto del Cheshire) e sulla qualità del canto e della sua espressività. Una esperienza unica che fra l’altro stavo riascoltando proprio di recente e che mi ha formato molto. Qui ho lavorato con Alberto Cara e Marco Taralli che, oltre a essere due persone squisite, si sono da subito interfacciati con me con il massimo della disponibilità per ritoccare insieme eventuali spigoli o addirittura cucire addosso a me il tipo di canto richiesto dal personaggio. Fa strano avere contatti diretti con chi scrive per la tua voce. E’ un processo differente dal solito il poter chiedere perché una cosa è stata scritta in un modo piuttosto che in un altro.
Un'opera in “smart working” come hai accolto la proposta? Come sta andando questo esperimento?
La proposta mi è sembrata da subito molto stimolante. Innanzitutto è arrivata in un momento per me di grande difficoltà intima, preso atto del fatto che per lunghissimo tempo ancora non potremo tornare in teatro a fare quello per cui abbiamo studiato e ci siamo impegnati tutta la vita. Poi la proposta prevede che questo spettacolo, sebbene rimaneggiato, sia portato in scena “dal vivo” così come è giusto che sia. La versione digitale ha un suo motivo di interesse anche e soprattutto per l’interattività del pubblico con la storia (potranno scegliere che svolgimento dare alla storia con un click) cosa praticamente impossibile in teatro. Per questo sarà interessante vedere le due differenti versioni. Stiamo procedendo abbastanza speditamente considerato che i compositori scrivono praticamente in diretta, noi riceviamo le parti e le registriamo nella migliore qualità possibile e poi c’è tutto il lavoro col regista Roberto Recchia per poter rendere le immagini al meglio, sempre da remoto.
Una cosa importante, secondo me importantissima, è che per la prima volta grazie a un lavoro di collaborazione fra Corinne Baroni, Direttore del Teatro Coccia, e tutti noi artisti i contratti prevedono il ritorno del riconoscimento all’artista dei diritti derivanti da trasmissioni, streaming, vendita a terzi e altro. Un passo importantissimo verso un riequilibrio contrattuale che mancava da troppo tempo e che è venuto, insieme ad altri nodi, al pettine in questo momento di emergenza in cui i teatri hanno continuato indisturbati a trasmettere di tutto e di più grazie al fatto che i diritti erano stati ceduti gratuitamente sui vecchi contratti. Credo che anche da questo si debba ripartire
Come state vivendo questo periodo, da artisti ma non solo? Che timori e che speranze avete per il futuro?
Io personalmente non sono particolarmente fiducioso riguardo una rapida soluzione del problema ma spero di venir smentito. Temo che l’allontanamento forzato dalle nostre “seconde case”, i Teatri, sarà più lungo del previsto. Il nostro è un LAVORO che ha determinate caratteristiche che vivono e si ripropongono da anni. Il che non significa che il nostro sia un mestiere obsoleto, anzi al contrario è proprio il riproporsi di un contatto fisico e umano fra persone che lo rende sempre affascinante e diverso ogni sera. Il respiro di più persone insieme lo fa vivere e rinnovare creando energia al di qua e al di la del palcoscenico. Per questo è necessario tornare in teatro, tutti insieme, affinché ciò avvenga. Credo che prima di una cura vera e sicura o di un vaccino tutto ciò sarà molto, molto difficile. Tutto il tempo di fermo forzato però deve essere occasione per modificare tutto ciò che nel sistema teatri non andava. Vanno rimaneggiati i nostri contratti che hanno mostrato tutta la loro debolezza e iniquità, vanno rivalutate alcune figure professionali riportando gli artisti, i musicisti, i lavoratori in una parola, al centro dell’attenzione. Purtroppo negli ultimi anni, soprattutto dopo il 2008 così non è stato. E la colpa è anche un po’ nostra che ci siamo fatti andar bene di tutto pur di continuare ad esprimerci come meglio sappiamo: in palcoscenico. Nella vita privata, in questo periodo si sono alternati momenti di down a sentimenti di speranza per un futuro uguale e diverso allo stesso tempo. Sto mettendo ordine dentro e fuori di me perché ogni crisi deve necessariamente essere opportunità.
Cos'è, quindi, per te il teatro dal vivo, il rapporto con il pubblico?
Come dicevo, il rapporto col pubblico è FONDAMENTALE. Il respiro del pubblico è il mio. Il personale che viene in scena con me ogni sera (maestri, sarte, macchinisti, attrezzisti, direttori di scena e tutte le altre maestranze tipiche di un teatro) è protagonista insieme a me. E’ la mia seconda famiglia. E’ quel popolo, adesso silenziato, che fa si che io possa vivere ogni sera una avventura diversa. Avendo io frequentato moltissimo il repertorio brillante, per me lo spettacolo senza il pubblico è praticamente inconcepibile. Sai quanta forza riesce a dare la risata o una reazione qualunque del pubblico durante un recitativo o durante un’aria? E’ un’esperienza assolutamente unica e indispensabile per chi ogni sera va in scena per loro, solo per quelle persone sedute in teatro.
Il mondo dell'arte si è mobilitato in vari modi, esprimendo grandi preoccupazioni, cercando di sfruttare in ogni modo i mezzi tecnologici e i social, a volte cercando di trasferire la fruizione on line con streaming in diretta o di registrazioni, a volte, come in questo caso, sperimentando strade nuove. Cosa ne pensi? Cosa resterà insostituibile e irrinunciabile e quali potranno essere nuove esperienze utili?
Credo di avere già risposto. Lo streaming, così come gli altri media, dai dischi ai dvd, è di supporto al nostro lavoro. Non lo può sostituire. Vengo inondato di messaggi, ad ogni streaming di opere che mi vedono coinvolto online in questo periodo, di gente che mi dice che non vede l’ora di tornare in teatro. Ecco, è lì il nostro luogo. Lo streaming continuerà ad esserci e a svilupparsi ma questo pone ancora di più l’accento sulla riformulazione di contratti che prevedano il riconoscimento dei diritti di esecuzione agli interpreti che, in questi giorni, sono a casa a reddito zero.
Negli ultimi anni al tuo repertorio di baritono brillante hai cominciato ad aggiungere parti come Germont, Rigoletto, Paolo Albiani... Parliamo un po' di progetti futuri, nell'auspicio di un ritorno rapido alla normalità?
Vedi, il fatto di aver avuto la possibilità di “allargare” il repertorio in questi ultimi anni dipende esclusivamente dalla naturale maturazione psico-fisica. Un artista, così come un uomo, un atleta, non può rimanere sempre lo stesso. Prendendo esempio dalla vita professionale del mio Maestro, Sesto Bruscantini, ho sempre pensato che solo assecondando la naturale maturazione fisica delle corde vocali si può assicurare loro salute e vigore fino a una certa età. Questo naturale processo era ben noto ai direttori artistici e impresari di una volta ed è per questo che, se ci guardiamo indietro, molte carriere avevano una evoluzione di questo tipo. Io ho avuto la fortuna di incontrare direttori artistici un po’ più folli o illuminati che hanno voluto prendersi il rischio di provare a vedere cosa poteva succedere dandomi fiducia. Credo che non sia andata così male, finora. Il futuro continuerà su questa strada, spero. Ci sono progetti sia in un senso che nell’altro ma, allo stato attuale si sta parlando di riprogrammazioni di spettacoli saltati (solo alcuni) e di conferme di contratti già previsti per i prossimi anni. Unico rimpianto il fatto che non potrò debuttare il Papageno che avevo già cominciato a provare a Napoli e che mi era costato 8 mesi di preparazione. Un vero peccato.