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Falstaff torna alla Scala

Daniele Gatti sul podio per lo spettacolo firmato da Robert Carsen

 Daniele Gatti riporta alla Scala il Falstaff di Verdi nello spettacolo firmato da Robert Carsen – otto recite dal 14 ottobre al 4 novembre –. Il maestro milanese torna al Piermarini con un titolo verdiano, dopo aver inaugurato con Don Carlo la Stagione 2008/2009 e con La traviata la Stagione 2013/2014.

L’allestimento è nato con Daniele Gatti e Robert Carsen nel 2012 a Londra, ed è stato poi proposto dai teatri co-produttori: nel 2013 alla Scala (dir. Harding) e al Metropolitan (dir. Levine), nel 2014 alla Nederlandse Opera di Amsterdam (dir. Gatti) e al Four Seasons Center di Toronto con la Canadian Opera Company (dir. Debus).

Questa edizione vede protagonista il baritono Nicola Alaimo, già interprete di Sir John al Metropolitan nel dicembre 2013 e applaudito alla Scala nel Don Pasquale di Donizetti nel 2012 e nel Comte Ory di Rossini (Raimbaud) nel 2014. Lo affiancano il soprano Eva Mei come Alice (parte che ha interpretato a Firenze, Trieste e Lucerna, e con cui sarà a Napoli il prossimo marzo), il baritono Massimo Cavalletti (già Ford in questo allestimento a Milano e ad Amsterdam e nelle ultime stagioni applaudito alla Scala in Lucia di Lammermoor, Carmen, Il barbiere di Siviglia, La Bohème) e altri cantanti già esperti dei ruoli: il tenore Francesco Demuro (Fenton), il soprano austriaco Eva Liebau (Nannetta), il mezzosoprano Laura Polverelli (Meg), il contralto canadese Marie-Nicole Lemieux (Mrs. Quickly), insieme a Carlo Bosi (dottor Cajus), Patrizio Saudelli (Bardolfo) e Giovanni Parodi (Pistola).

 

Dell’estremo capolavoro verdiano, commedia ironica e malinconica, Carsen scrive: “Falstaff è una commedia sociale, raccontata con uno sguardo molto acuto su una parte della società. Però l’intreccio non si limita al gioco delle situazioni tragicomiche, ma arricchisce la buffa vicenda con un grande approfondimento dell’animo umano… Naturalmente vi si sviluppano temi consueti nella commedia, ma direi che il tratto saliente dell’opera è proprio la sua vitalità, quell’ingordigia della vita, quello stesso appetito che si ha per il buon cibo o per le buone bevande. In questo Falstaff è un’opera molto sensuale. … Nell’opera, pur divertentissima, c’è anche una certa malinconia, questo profumo d’autunno, soprattutto nel carattere di Falstaff… c’è questo senso del tempo che passa, soprattutto per lui, nobile cavaliere, che è l’espressione di un’epoca ormai conclusa”.

Per Daniele Gatti “la cifra di Falstaff sta più nel disincanto che nella comicità, è un’opera davanti alla quale sorridere più che ridere. Prevale la malinconia: ci si diverte anche, ma nel quadro generale prevale la solitudine e le scene più permeate da un senso di ilarità risultano in fondo le più tragiche. Se dovessi riportare Falstaff a un momento della giornata e alla vita di una persona non penserei alla sera, ma al tramonto. Al momento in cui ci si rende conto di avere ancora del tempo davanti, ma non più così tanto”.


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