L’Ape musicale

rivista di musica, arti, cultura

 

Indice articoli

Ritorno a Teatro

la programmazione scaligera d’autunno

Il Teatro alla Scala riprende l’attività con Verdi e Beethoven

diretti da Riccardo Chailly. E poi opere, concerti, balletti, spettacoli

per bambini per più di 60 alzate di sipario fino a dicembre

con la partecipazione di artisti prestigiosi.

Il Teatro alla Scala riprende l’attività con una programmazione che prevede oltre 60 alzate di sipario dall’inizio di settembre all’inizio di dicembre tra opere, balletti, concerti e spettacoli per bambini cui si aggiungono le iniziative culturali e i progetti del Museo. A guidare la rinascita è il Direttore Musicale Riccardo Chailly, che sarà impegnato in Aida e in numerosi concerti con Orchestra e Coro del Teatro alla Scala e con la Filarmonica della Scala, riprendendo il lavoro quotidiano con i musicisti che è il primo tessuto connettivo della vita del Teatro. Il Maestro Zubin Mehta sarà sul podio per La traviata e sei concerti sinfonici.

Agibilità e attività del Teatro restano vincolate allo stato della situazione sanitaria e agli interventi normativi a essa connessi: tutte le attività programmate saranno verificate alla luce di eventuali sviluppi. Fino alla terza settimana del mese di ottobre si considera che siano mantenute le norme di sicurezza attualmente in vigore: le opere saranno eseguite in forma di concerto e saranno osservate le regole di distanziamento in palcoscenico e in sala. Dalla fine di ottobre si prevede invece di poter riprendere la piena attività con esecuzioni in forma scenica e impegno del palcoscenico e delle masse artistiche nella preparazione dell’opera inaugurale.

Nonostante la situazione del tutto inedita e le incognite che ancora ci attendono, siamo felici di avere riunito di nuovo alla Scala alcuni degli artisti più prestigiosi del panorama internazionale in un programma fitto e variato, capace di rispondere al desiderio di ritornare alla Scala che il nostro pubblico ha espresso con evidenza e persino entusiasmo nella ricerca che abbiamo commissionato alla società Makno.

La Messa da Requiem in Duomo

Orchestra e Coro riprenderanno l’attività il 4 settembre con la Messa da Requiem di Giuseppe Verdi diretta dal Maestro Riccardo Chailly nel Duomo di Milano in memoria delle vittime della pandemia. Voci soliste saranno Tamara Wilson, Elīna Garanča, Francesco Meli e Ildar Abdrazakov, il Coro sarà diretto da Bruno Casoni. La serata, cui saranno invitate le più alte autorità dello Stato, sarà trasmessa da Rai Cultura su Rai 5 e da Arte in diretta televisiva. La Messa sarà replicata il 7 settembre nel Duomo di Bergamo e il 9 settembre in quello di Brescia, tra le città più tragicamente colpite dall’epidemia.

Si ringrazia Intesa Sanpaolo, Partner Principale della Stagione Artistica del Teatro, che ha deciso di essere a fianco del Teatro alla Scala anche in questa occasione di grande valore simbolico.

I concerti

Il rientro nella sala del Piermarini è previsto per il 12 settembre con l’esecuzione della Sinfonia n° 9 di Ludwig van Beethoven diretta da Riccardo Chailly con il Coro preparato da Bruno Casoni e le voci di Krassimira Stoyanova, Ekaterina Gubanova, Michael König, Tomasz Konieczny. La prima serata sarà riservata al personale sanitario grazie al sostegno di Fondazione Bracco; ne seguiranno altre tre aperte al pubblico. Il Maestro riprende con questi concerti il discorso beethoveniano in occasione del 250° anniversario della nascita del compositore, ma lancia anche un messaggio di coesione e speranza al Teatro e alla Città.

Gli appuntamenti sinfonici continuano con il Maestro Zubin Mehta, che il 29 e 30 settembre e 1° ottobre dirigerà la Filarmonica della Scala nei Vier letzte Lieder con il soprano Camilla Nylund e nel poema sinfonico Ein Heldenleben di Richard Strauss. Il 14, 16 e 17 ottobre il Maestro Mehta guiderà invece l’Orchestra, il Coro, il Coro di Voci Bianche dell’Accademia e il contralto Daniela Sindram nella Sinfonia n° 3 di Gustav Mahler.

Anche l’ormai tradizionale appuntamento barocco d’autunno sarà un concerto, diretto dal Maestro Giovanni Antonini con l’Orchestra del Teatro su strumenti storici e la partecipazione dei tre controtenori Max Emanuel Cencic, Christophe Dumaux e Carlo Vistoli il 21, 22 e 24 novembre.

Tutti i concerti sono previsti senza intervallo per diminuire le occasioni di contatto interpersonale.

L’opera

Il primo titolo d’opera sarà La traviata in forma di concerto, diretta per cinque rappresentazioni a partire dal 15 settembre dal Maestro Zubin Mehta, che avrebbe dovuto salire sul podio nel corso della tournée in Giappone. Gli interpreti delle parti principali saranno Marina Rebeka, Atalla Ayan e Leo Nucci. È la prima volta che il Maestro Mehta dirige questo titolo alla Scala, dove ha debuttato nel 1978.

Dal 6 ottobre, per cinque rappresentazioni, il Maestro Riccardo Chailly dirigerà Aida in forma di concerto. Motivo di particolare interesse, oltre a un cast prestigioso formato da Saioa Hernández, Anita Rachvelishvili, Francesco Meli e Luca Salsi, è la versione adottata, che presenta per la prima volta la versione inedita dell’inizio dell’Atto III ritrovata a Sant’Agata e da poco disponibile agli studiosi. Si tratta di oltre 100 battute per un totale di otto minuti di musica che includono una versione che si credeva perduta del coro dei sacerdoti, più tardi rielaborata proprio nel Requiem. Una delle più importanti riscoperte verdiane degli ultimi anni giunge alla prova dell’esecuzione, offrendo al pubblico una rara occasione di approfondimento della storia di uno dei grandi titoli del repertorio.

Il terzo titolo operistico è La bohème, che si prevede in forma scenica per sei rappresentazioni a partire dal 4 novembre nel classico allestimento di Franco Zeffirelli del 1963. Dirige Paolo Carignani e in scena si alternano due importanti cast che schierano Marina Rebeka e Angel Blue come Mimì, Giorgio Berrugi e Charles Castronovo come Rodolfo, Aida Garifullina e Federica Guida come Musetta, George Petean e Simone Piazzola come Marcello, Giulio Mastrototaro e Mattia Olivieri come Schaunard.

Il balletto

Il Corpo di Ballo riprende l’attività con un Gala replicato per quattro serate a partire dal 23 settembre.  Parteciperanno le nostre étoiles Svetlana Zakharova e Roberto Bolle - che riporterà in scena sul mitico tavolo rotondo il balletto-icona di Béjart sul Boléro di Ravel -, Alessandra Ferri, ospite speciale nel Teatro a cui ha legato indissolubilmente il suo nome, e gli artisti del Balletto scaligero impegnati in ‘a solo’ o ‘passi a due’ - nel caso di artisti congiunti anche fuori dal palcoscenico - in un programma pensato nel rispetto delle regole di distanziamento. Sul podio il Maestro David Coleman.

Dal 29 ottobre prevediamo invece di rappresentare il balletto Giselle in forma scenica nella versione di Yvette Chauviré della coreografia di Coralli-Perrot e con le classiche scenografie e costumi di Aleksandr Benois, con il Corpo di Ballo del Teatro alla Scala e David Coleman sul podio.

La Stagione dei Recital di Canto e i concerti straordinari

La Stagione dei Recital di canto riprenderà il 4 ottobre con Erwin Schrott, cui seguiranno Marina Rebeka il 20 ottobre (entrambi saranno accompagnati da Giulio Zappa), Sabine Devieilhe il 19 novembre con Alexandre Tharaud e, in apertura della Stagione di Recital 2020/2021, Simon Keenlyside il 3 dicembre accompagnato da Malcolm Martineau. Si conferma la presenza di Allianz, Main Partner del Ciclo da tre stagioni.

Tre importanti concerti di canto straordinari vedono tornare alla Scala altre tre grandi voci.

Il 22 ottobre Jonas Kaufmann, accompagnato al pianoforte da Helmut Deutsch. Il 15 novembre Anna Netrebko, che insieme a Elena Maximova sarà accompagnata dal pianista Malcolm Martineau e dal violinista Giovanni Andrea Zanon. Il 30 novembre appuntamento con Plácido Domingo e l’Orchestra dell’Accademia, con un particolare impegno di Fondazione Bracco.

Il pianoforte

La stagione d’autunno è arricchita da due appuntamenti pianistici di grande rilievo uniti dal programma beethoveniano. Maurizio Pollini recupera il concerto già previsto eseguendo le ultime Sonate il 27 settembre. Daniel Barenboim chiude gli appuntamenti della Stagione 2019/2020 il 5 dicembre con l’esecuzione delle Variazioni Diabelli; il Maestro ha voluto rinunciare al suo cachet in sostegno al Teatro.

Gli spettacoli per i bambini

Riprendono anche gli spettacoli per i più giovani, con sei rappresentazioni de La Cenerentola per i bambini dirette da Pietro Mianiti a partire dal 7 novembre e la serie dei concerti da camera per le famiglie con i Cameristi della Scala l’11 e gli Archi della Scala il 25 ottobre. Si conferma il sostegno al progetto da parte di BMW, Main Partner, Italmobiliare e Fondazione Banca del Monte di Lombardia.

Inoltre, il 22 novembre si terrà il concerto conclusivo della prima edizione del progetto “La Scala fa Scuola. Un Coro in Città”, iniziativa didattica promossa in collaborazione con Fondazione TIM, che ha portato alla creazione di cori di voci bianche nelle scuole primarie milanesi.

Il concerto istituzionale dell’Accademia

Il 24 ottobre saranno protagonisti gli allievi dell’Accademia di perfezionamento per cantanti lirici del Teatro alla Scala nel concerto istituzionale che rappresenta uno dei momenti più attesi del loro percorso di formazione. Saranno accompagnati dall’Orchestra dell’Accademia diretta da Pietro Mianiti. Mai come quest’anno l’appuntamento è vissuto dai ragazzi con trepidazione e coraggio allo stesso tempo, dopo mesi difficili in cui sono stati capaci di adottare una nuova modalità di apprendimento. Il programma del concerto prevede arie e brani d’insieme tratti da opere di Bellini, Cimarosa, Donizetti, Rossini, Bizet, Verdi, Ponchielli, Saint-Saëns.

Le istituzioni ospiti

La Filarmonica della Scala – che riprenderà la sua attività con il “Concerto per l’Italia” diretto da Riccardo Chailly in Piazza del Duomo il 13 settembre, con la partecipazione del violinista Maxim Vengerov – terrà in autunno al Teatro alla Scala un ciclo di concerti che prevede sei doppi appuntamenti dal 4 ottobre al 29 novembre; sul podio saliranno Riccardo Chailly, Pablo Heras-Casado, Fabio Luisi, Myung-Whun Chung, Leonidas Kavakos e Marc Albrecht.

Il Teatro alla Scala tornerà ospitare anche i tradizionali concerti dell’Orchestra Sinfonica di Milano G. Verdi -cheil 20 settembre eseguirà musiche di Mahler e Janáček con Claus Peter Flor e il soprano Petra Lang - e di Milano Musica - che il 18 ottobre presenterà un recital pianistico di Mariangela Vacatello e il 16 novembre un concerto dell’Orchestra Sinfonica Nazionale della Rai diretta da Tito Ceccherini con Maurizio Baglini al pianoforte; in entrambi in concerti di Milano Musica saranno proposte diverse prime esecuzioni assolute.

Informazioni di biglietteria

Dopo la pausa estiva è prevista l’apertura delle vendite per gli spettacoli dal 14 settembre al 20 ottobre, con sala a capienza ridotta, e successivamente per gli altri spettacoli dal 22 ottobre al 5 dicembre.

Nello specifico, dal 20 agosto inizieranno le prelazioni per gli abbonati e dal 27 agosto anche per agli acquirenti dei biglietti degli spettacoli annullati a causa dell’emergenza sanitaria; dal 3 settembre avrà inizio la libera vendita.

La disposizione dei posti in vendita e la capienza della sala, che conta attualmente circa 740 posti, sono state adattate alla normativa vigente per il contenimento del contagio.

Tutte le informazioni sul calendario e le modalità di acquisto sono consultabili sul sito www.teatroallascala.org e sul numero di settembre-novembre di La Scala Magazine.


I CONCERTI DI RIAPERTURA

4 settembre 2020 ~ Duomo di Milano

7 settembre 2020 ~ Duomo di Bergamo

9 settembre 2020 ~ Duomo di Brescia

Orchestra e Coro del Teatro alla Scala

Direttore Riccardo Chailly

Giuseppe Verdi

Messa da Requiem

per soli, coro e orchestra

Tamara Wilson, soprano

Elīna Garanča, mezzosoprano

Franceso Meli, tenore

Ildar Abdrazakov, basso

Maestro del Coro Bruno Casoni

La musica riprende nei luoghi simbolo della Città e della Regione: il 4 settembre Riccardo Chailly dirige la Messa da Requiem di Giuseppe Verdi nel Duomo di Milano con l’Orchestra del Teatro alla Scala, il Coro preparato da Bruno Casoni e i solisti Tamara Wilson, Elīna Garanča, Francesco Meli e Ildar Abdrazakov in una serata riservata ai familiari delle vittime e trasmessa in diretta televisiva da RaiCultura su Rai5 e da Arte. Un momento di raccoglimento spirituale dell’intera comunità cittadina in memoria delle sofferenze della pandemia, realizzato grazie alla collaborazione con la Veneranda Fabbrica del Duomo. Nei giorni successivi il Requiem risuonerà sotto le volte della Cattedrale di Sant’Alessandro a Bergamo e nel Duomo vecchio di Brescia.

Il quartetto vocale riporta a Milano quattro voci di valore assoluto: il soprano Tamara Wilson, richiesta dai maggiori teatri europei, ha già impressionato il pubblico nel Requiem diretto da Riccardo Chailly nel 2018; anche Elīna Garanča, che alla Scala è stata Carmen, ha cantato la Messa nel 2012 con Daniel Barenboim nel 2012 e con Chailly nel 2014. Francesco Meli torna con i complessi scaligeri a Verdi, di cui ha già cantato sei titoli al Piermarini, e Ildar Abdrazakov ritrova il pubblico milanese dopo il trionfo come protagonista di Attila il 7 dicembre 2018.

«Quando il Sovrintendente del Teatro alla Scala, Dominique Meyer, il Maestro Riccardo Chailly, e con loro il Sindaco di Milano, Giuseppe Sala, hanno manifestato la volontà di organizzare un grande momento di ascolto e di meditazione su ciò che abbiamo vissuto in questi mesi, l’idea del Requiem verdiano in Duomo ha preso subito forma. Grazie al concorso della Veneranda Fabbrica guidata dal Presidente Fedele Confalonieri e alla disponibilità del Capitolo Metropolitano, la casa dei milanesi - il Duomo appunto - si fa luogo di suffragio e di riflessione sull’esperienza collettiva della pandemia (dal greco pandemos, “tutta la popolazione”). Il fatto che questa esecuzione, che avrà le sue repliche a Bergamo e a Brescia, sia trasmessa in diretta a livello nazionale, è un motivo in più per dimostrare come Milano e la Lombardia non siano solo il centro della diffusione del virus in Italia, ma anche il centro morale di tutta la nazione che solidalmente affronta i problemi sociali ed economici, religiosi e civili, legati alla pandemia» - è la riflessione di Mons. Gianantonio Borgonovo, Arciprete del Duomo di Milano.

Si ringrazia Intesa Sanpaolo, Partner Principale della Stagione Artistica del Teatro, che sarà a fianco del Teatro alla Scala in questa occasione di grande valore simbolico.

Si ringrazia la Fondazione Milano per la Scala e la Signora Aline Foriel-Destezet.

RAI E SCALA IN DIRETTA DAL DUOMO DI MILANO

Con Rai Cultura il 4 settembre in prima serata su Rai5

Ancora insieme come nel tempo del lockdown. Dopo i due mesi di programmazione straordinaria su Rai5 dedicata al grande repertorio scaligero, Rai e Scala sono ancora insieme dal vivo nel grande concerto di riapertura in programma al Duomo di Milano il 4 settembre alle ore 20, trasmesso da Rai Cultura in diretta/differita su Rai5.

Protagonista il Direttore Musicale del Teatro Riccardo Chailly, che propone una pagina altamente simbolica come la Messa da Requiem di Giuseppe Verdi, dedicata anche alla memoria delle vittime del covid. Accanto a lui un quartetto di grandi voci come quelle del soprano Tamara Wilson, del mezzosoprano Elīna Garanča, del tenore Francesco Meli e del basso Ildar Abdrazakov.

Un'inedita collaborazione per il servizio pubblico e il grande Teatro milanese, che raramente si ritrovano al fuori delle mura del Piermarini, in uno spazio come quello della Cattedrale dell'Arcidiocesi di Milano: la chiesa più grande d'Italia. Particolare attenzione sarà dedicata, proprio per l'unicità della "scenografia", alla ripresa video che, come per la “Prima diffusa” del 7 dicembre, sarà messa a disposizione delle parrocchie del territorio, che potranno trasmetterla su maxischermi.

12 settembre 2020 (riservato al personale sanitario)

14, 16, 17 settembre 2020

Orchestra e Coro del Teatro alla Scala

Direttore Riccardo Chailly

Ludwig van Beethoven

Sinfonia n. 9 in re min. op. 125

per soli, coro e orchestra

Krassimira Stoyanova, soprano

Ekaterina Gubanova, mezzosoprano

Michael König, tenore

Tomasz Konieczny, basso

Maestro del Coro Bruno Casoni

Dopo il raccoglimento con il Requiem nelle tre cattedrali lombarde, per il ritorno nella Sala del Piermarini Riccardo Chailly sceglie di riunire nuovamente Orchestra e Coro sulle note della Nona Sinfonia di Beethoven, messaggio di fiducia nel futuro e nell’unione tra gli uomini. Il primo concerto, il 12 settembre, vede per la prima volta i musicisti scaligeri riuniti a pieni ranghi nel loro Teatro ed è un atto di gratitudine verso il personale sanitario che nel corso di questi mesi si è prodigato e ancora si prodiga per affrontare una situazione eccezionale. Alla prima serata, riservata a medici e infermieri, ne seguiranno altre tre aperte al pubblico, che dopo molti mesi potrà riascoltare Orchestra e Coro scaligeri nella sala del Piermarini.

Per questo grande concerto di riapertura che riprende le celebrazioni per il 150° anniversario della nascita di Beethoven si riunisce un illustre quartetto di solisti. Krassimira Stoyanova, che nei mesi del lockdown è rimasta vicina alla Scala partecipando all’incisione a distanza del finale di Simon Boccanegra, torna nella sala dove è stata applaudita in un repertorio che spazia dalla Marschallin del Rosenkavalier a Ariadne, Aida e Elisabetta in Don Carlo. Egualmente versatile Ekaterina Gubanova, che alla Scala è stata Fricka in Die Walküre ma anche Eboli e Amneris oltre che mezzosoprano nella Messa da Requiem diretta da Riccardo Chailly. Il tenore è Michael König, che abbiamo ascoltato come Max in Der Freischütz e Bacchus in Ariadne auf Naxos, e il basso è Tomasz Konieczny che alla Scala ha partecipato a produzioni di Don Giovanni e Fierrabras.

Si ringrazia Fondazione Bracco che sarà presente in occasione della riapertura del Teatro alla Scala con il Concerto riservato al personale sanitario del 12 settembre.


OPERA E BALLETTO

15, 18, 22, 25, 28 settembre 2020

Giuseppe Verdi

La traviata

Direttore Zubin Mehta

In forma di concerto

Personaggi e interpreti

Violetta Valéry Marina Rebeka

Flora Bervoix Chiara Isotton

Annina Francesca Pia Vitale*

Alfredo Germont Atalla Ayan

Giorgio Germont Leo Nucci

Gastone Carlo Bosi

Barone Douphol Fabrizio Beggi

Marchese d’Obigny Costantino Finucci

Dottor Grenvil Alessandro Spina

Giuseppe Brayan Avila Martinez *

Commissionario/Domestico Ernesto Panariello

*Allievi Solisti Accademia Teatro alla Scala

Orchestra e Coro del Teatro alla Scala

Maestro del Coro Bruno Casoni

Anche in campo operistico, la Scala ricomincia dai titoli più identificativi della sua storia. Tosca diretta da Riccardo Chailly nell’allestimento di Davide Livermore e La traviata diretta da Zubin Mehta nello spettacolo storico di Liliana Cavani avrebbero dovuto segnare il grande ritorno del Teatro alla Scala in Giappone in settembre. Dopo l’annullamento della tournée a causa della pandemia, La traviata apre il cartellone operistico d’autunno in forma di concerto a Milano, con una dedica particolare di Zubin Mehta. “Sono ben consapevole - scrive il Maestro - di quanto siano stati terribili i momenti che tutti a Milano e alla Scala hanno passato negli ultimi mesi e sono molto felice che i miei colleghi abbiano il coraggio e la forza di riaprire questo meraviglioso Teatro per permettere a tutti di tornare ad ascoltare splendida musica. In questa difficile situazione auguro al nuovo Sovrintendente Dominique Meyer tutto il meglio e tanto successo”. All’attesa per la direzione del Maestro Mehta si aggiunge il prestigio di un cast importante, a cominciare dalla protagonista, Marina Rebeka, che è oggi tra le voci di soprano più richieste dai teatri di tutto il modo: ha cantato la parte di Violetta tra l’altro alla Wiener Staatsoper, al Metropolitan di New York e all’Opéra di Parigi prima di interpretarla alla Scala. Accanto a lei Alfredo è Atalla Ayan, che alla Scala è stato Nemorino con la direzione di Fabio Luisi nel 2015 ed è tra i più apprezzati interpreti della parte nei teatri di tutto il mondo: nei primi mesi del 2021 la canterà al Metropolitan di New York, alla Staatsoper di Amburgo e alla Semperoper di Dresda. Nella stagione della ripartenza scaligera non poteva mancare Leo Nucci, che è stato tra i volti e le voci più identificative degli ultimi decenni di storia scaligera: come Germont lo ricordiamo nel 2007 con Lorin Maazel, nel 2017 con Nello Santi e nel 2019 con Myung-Whun Chung.

La recita del 28 settembre sarà riservata alla Promozione Culturale.

6, 9, 12, 15, 19 ottobre 2020

Giuseppe Verdi

Aida

Direttore Riccardo Chailly

In forma di concerto

Personaggi e interpreti

Il Re Roberto Tagliavini

Amneris Anita Rachvelishvili

Aida Saioa Hernández

Radamès Francesco Meli

Ramfis Dario Russo

Amonasro Luca Salsi

Messaggero Francesco Pittari

Sacerdotessa Chiara Isotton

Orchestra e Coro del Teatro alla Scala

Maestro del Coro Bruno Casoni

Riccardo Chailly torna a Aida dopo l’inaugurazione della Stagione 2006/2007 con regia, scene e costumi di Franco Zeffirelli. Questa volta non ci saranno ispirazioni pittoriche e scene monumentali, ma un cast stellare che schiera Saioa Hernández, Anita Rachvelishvili, Francesco Meli e Luca Salsi e la possibilità di ascoltare per la prima volta una versione del terzo atto scoperta pochi mesi fa che getta nuova luce sulla genesi dell’opera. Dalle carte del lascito verdiano di Villa Sant’Agata, consultabili dalla primavera 2019 presso l’Archivio di Stato di Parma, è infatti riemersa la versione originaria dell’attacco del terzo atto di Aida - un centinaio di battute, per circa otto minuti di musica -, ancora priva dell’originale attacco strumentale, dell’aria solistica di Aida “O cieli azzurri”, ma soprattutto con un coro a quattro voci ‘alla Palestrina’ di cui Verdi parla in alcune lettere e di cui s’era persa traccia. In origine Verdi aveva voluto differenziare il linguaggio arcaico e solenne dei sacerdoti egizi da quello dei protagonisti assegnandogli una scrittura neo-palestriniana, a cappella e a quattro voci. Dopo l’interruzione dovuta all’assedio di Parigi, e al conseguente mancato invio al Cairo delle scene che erano state commissionate all’Opéra, Verdi riprendendo in mano il lavoro nell’agosto 1871 giudicò che la soluzione ‘alla Palestrina’ non fosse abbastanza caratteristica e la sostituì con il coro unisono esotizzante che conosciamo. Il ritrovamento dei fogli che Verdi tolse dalla partitura rivela ora due cose: la prima è che questo esordio, espunto e messo da parte, era già completato e addirittura in bella copia; la seconda, che si tratta della stessa musica usata per il «Te decet Hymnus» del Requiem composto nel 1874 in memoria di Alessandro Manzoni. In margine a queste constatazioni l’articolo riflette sulla percezione che nell’Italia verdiana si aveva della musica liturgica e sul rapporto tra musica teatrale e musica da chiesa, anche in relazione ai giudizi non sempre concordi sulla partitura della Messa da Requiem.

La recita del 19 ottobre sarà riservata alla Promozione Culturale.

4, 7, 10, 12, 14, 17 novembre 2020

Giacomo Puccini

La bohème

Direttore Paolo Carignani

Regia e scene Franco Zeffirelli

Personaggi e interpreti

Rodolfo Giorgio Berrugi / Charles Castronovo

Schaunard Giulio Mastrototaro / Mattia Olivieri

Benoit Costantino Finucci

Mimì Marina Rebeka / Angel Blue

Marcello George Petean / Simone Piazzola

Colline Alessandro Spina / Fabrizio Beggi

Alcindoro Alfonso Antoniozzi

Musetta Aida Garifullina / Federica Guida

Parpignol Paolo Antonio Nevi*

Sergente dei doganieri Giorgi Lomiseli*

Doganiere Toni Nežić*

Venditore ambulante Brayan Avila Martinez*

*Allievi Solisti Accademia Teatro alla Scala

Orchestra e Coro del Teatro alla Scala

Maestro del Coro Bruno Casoni

Il ritorno all’opera in forma scenica dopo la lunga pausa imposta dalle misure di sicurezza è previsto a partire dal 4 novembre con La bohème di Giacomo Puccini nell’allestimento storico di Franco Zeffirelli; sul podio Paolo Carignani e in scena due cast a dividersi le sei rappresentazioni.

Marina Rebeka veste i panni di Mimì a novembre dopo aver sostenuto a settembre la parte di Violetta in forma di concerto, felice ritorno di un’artista straordinaria per sensibilità e sempre puntigliosa preparazione. Con lei si alterna Angel Blue, che proprio con La bohème aveva debuttato alla Scala nell’edizione diretta da Gustavo Dudamel nel 2015 ma nella parte di Musetta. Giorgio Berrugi, che il pubblico ricorda in titoli verdiani come Rigoletto con Dudamel, la Messa da Requiem diretta da Zubin Mehta e Simon Boccanegra diretto da Myung-Whun Chung oltre che nella Fledermaus, divide le recite di Rodolfo con Charles Castronovo, uno dei più eleganti tenori lirici del panorama internazionale, che con questa parte fa il suo debutto in scena alla Scala. Ma tutti i personaggi di questa Bohème hanno voci importanti: come Marcello si ascoltano George Petean, che alla Scala è stato il generale romano Ezio nell’Attila inaugurale della Stagione 2018/2019, e Simone Piazzola, recentemente intervenuto a sostituire l’indisposto Luca Salsi nel primo concerto da camera al Piermarini dopo i mesi di chiusura, ma già ascoltato in Don Carlo e Simon Boccanegra. Schaunard ha le voci diGiulio Mastrototaro, rivelazione del recente Turco in Italia scaligero nella parte di Geronio, e di Mattia Olivieriche questa estate ha entusiasmato nel debutto come Don Giovanni a Macerata. Uno sguardo particolare meritano infine le due interpreti di Musetta: debutta infatti al Piermarini Aida Garifullina, nata a Kazan nel 1987 e cresciuta fino a diventare un’autentica diva all’Opera di Vienna ma anche negli altri grandi teatri europei. Con lei si alterna un’altra debuttante: la giovanissima Federica Guida, vincitrice del Concorso di Portofino del 2019.

Sul podio il direttore e pianista milanese Paolo Carignani, che alla Scala ha debuttato con Alì Babà e i 40 ladroni di Cherubini per il Progetto Accademia e che è accreditato tra i più autorevoli specialisti del repertorio italiano nei grandi teatri europei; tra i suoi prossimi impegni Nabucco e Rigoletto a Vienna, Macbeth ad Amburgo e La traviata a Ginevra.

La recita del 17 novembre sarà riservata alla Promozione Culturale.

23, 24, 26 settembre; 2 ottobre 2020

Gala di Balletto

Omaggio alla danza in occasione della ripresa delle attività di Balletto alla Scala

Corpo di Ballo del Teatro alla Scala

Étoiles

Svetlana Zakharova

Roberto Bolle

Artista ospite

Alessandra Ferri

Direttore

David Coleman

Orchestra del Teatro alla Scala

Occasione per soddisfare il desiderio di danza, di spettacolo e di alta qualità, nello spirito di riunire le eccellenze del balletto, i Gala di Balletto alla Scala sono una tradizione che porta in scena i titoli più amati, i virtuosismi, firme coreografiche e musicali di prim’ordine, in omaggio al pubblico e alla storia del balletto attraverso i suoi protagonisti. E mai come questa volta l’omaggio è davvero profondo e sentito: con queste serate il Balletto della Scala riabbraccia il suo palcoscenico e il suo pubblico dopo tanti mesi e lo fa attraverso un inanellarsi di passi a due e assoli, con i suoi primi ballerini, i solisti e gli artisti del Corpo di Ballo e con le sue étoiles: Svetlana Zakharova e Roberto Bolle - che riporterà in scena sul mitico tavolo rotondo la potente sensualità e la trascinante intensità del balletto-icona di Béjart sul Boléro di Ravel - e con la straordinaria presenza di una artista che alla Scala ha indissolubilmente legato il suo nome: Alessandra Ferri. Quattro serate per un omaggio alla danza, alle emozioni che trasmette, alla profonda e vibrante connessione che si instaura, nel momento unico e irripetibile della performance dal vivo, tra interprete e spettatore, tra musica e movimento, al profondo desiderio di espressione artistica che in questi mesi ha proiettato la Compagnia verso la ripresa delle attività nel suo Teatro.

29, 30 ottobre;

3, 5, 6, 11 (riservata alla Promozione Culturale), 13, 18 novembre 2020

Adolphe Adam

Giselle

Coreografia

Jean Coralli – Jules Perrot

Ripresa coreografica

Yvette Chauviré

Scene e costumi

Aleksandr Benois

rielaborati da Angelo Sala e Cinzia Rosselli

Direttore

David Coleman

Corpo di Ballo e Orchestra del Teatro alla Scala

Produzione Teatro alla Scala

Una storia d’amore, tradimento e redenzione, tra gioiose feste contadine e il bianco stuolo di willi, affascinanti quanto spietate: Giselle, balletto romantico per eccellenza, continua a commuovere il pubblico con la sua storia delicata, a coinvolgerlo grazie alla tecnica e alla sensibilità dell’interpretazione dei protagonisti, nel contrasto fra un mondo solare e un regno oscuro e terribile, popolato di spiriti. Giselle e il principe Albrecht sono ruoli paradigmatici nel repertorio classico: i protagonisti, nello sviluppo coreografico, sono chiamati a variare il registro tecnico-espressivo dall’allegria alla disperazione, dalla scanzonata padronanza di sé alla consapevolezza che la vita non ha scopo senza amore. Giselle racchiude tutti gli elementi del balletto romantico, li esalta in una storia universale e in una struttura esemplare della tradizione, arricchito dall’allestimento di Aleksandr Benois che è parte del repertorio scaligero. Il Corpo di Ballo porta di nuovo in scena l’indimenticabile coreografia di Coralli-Perrot nella ripresa di Yvette Chauviré, che proprio con la cura e la raffinatezza di ruoli come Giselle ha esaltato la tradizione classica in tutta la sua purezza e consegnato la sua fama al mondo. La sua versione, per la prima volta alla Scala nel 1950, la vide proprio nel ruolo della sfortunata giovane di campagna che sognava l’amore e amava danzare. Protagonista delle recenti stagioni scaligere e delle tournée internazionali, Giselle viene messa in scena anche come omaggio a Yvette Chauviré, straordinaria artista recentemente scomparsa.


I CONCERTI

29, 30 settembre e 1 ottobre 2020

Filarmonica della Scala

Direttore Zubin Mehta

Richard Strauss

Vier letzte Lieder

per soprano e orchestra

Camilla Nylund, soprano

Richard Strauss

Ein Heldenleben

poema sinfonico

~ ~ ~ ~ ~ ~ ~ ~

14, 16, 17 ottobre 2020

Orchestra e Coro del Teatro alla Scala

Direttore Zubin Mehta

Gustav Mahler

Sinfonia n. 3 in re min.

Daniela Sindram, contralto

Maestro del Coro Bruno Casoni

Coro di Voci Bianche dell’Accademia Teatro alla Scala

Grande attesa per il ritorno alla Scala, questo autunno, di uno dei maestri più amati, Zubin Mehta, che oltre alla Traviata di Verdi dirige due serie di concerti per la Stagione Sinfonica del Teatro. Nelle date del 29 e 30 settembre e 1 ottobre esegue con la Filarmonica della Scala un programma straussiano che accosta il tono crepuscolare e melanconico dei Vier letzte Lieder all’autobiografismo eroico del poema sinfonico Ein Heldenleben. Nei quattro Lieder, dalle sonorità solenni e al contempo intime, in cui risalta luminosa e netta la parte vocale, si ascolta la voce calda e duttile di Camilla Nylund, soprano lirico-drammatico di origini finlandesi, apprezzata a livello internazionale specialmente come interprete di titoli straussiani e wagneriani.

Nei concerti del 14, 16 e 17 ottobre Mehta eseguirà la Sinfonia n. 3 in re min. di Gustav Mahler con l’Orchestra e il Coro della Scala e il Coro di Voci Bianche dell’Accademia Teatro alla Scala. La parte solista è affidata a Daniela Sindram, già applaudita alla Scala ne Les Contes d’Hoffman (Niklausse / La Muse, 2012) e Ariadne auf Naxos (Der Komponist, 2019).

La cronologia della feconda collaborazione tra Zubin Mehta e la Scala comprende Il trovatore nel 1978 nell’allestimento di Luchino Visconti, Jérusalem per l’anno verdiano 2001, ospiti i complessi della Wiener Staatsoper con il memorabile spettacolo di Robert Carsen, Aida nell’allestimento di Peter Stein e Falstaff con Ambrogio Maestri e la regia di Damiano Michieletto ambientata a Casa Verdi; inoltre un titolo pucciniano, Turandot nel 1976 con l’allestimento di Margherita Wallmann, uno wagneriano, Tannhäuser con la Fura dels Baus, e uno mozartiano, Die Entführung aus dem Serail nel 2017, per ricordare il ventennale della scomparsa di Giorgio Strehler e il decennale di quella di Luciano Damiani, riprendendo lo storico spettacolo che proprio Mehta aveva battezzato al Festival di Salisburgo.

21, 22, 24 novembre 2020

Orchestra del Teatro alla Scala su strumenti storici

Direttore Giovanni Antonini

Controtenori

Max Emanuel Cencic, Christophe Dumaux, Carlo Vistoli,

Negli ultimi anni in seno all’Orchestra del Teatro alla Scala è nato un complesso dedito all’interpretazione del repertorio preclassico e classico secondo prassi esecutive storicamente informate. Le Stagioni hanno incluso ogni anno un titolo barocco, con crescente successo di pubblico. Nel 2019 Giulio Cesare in Egitto di Händel, diretto da Giovanni Antonini con la regia smaliziata e affettuosa di Robert Carsen (Premio Abbiati come miglior regista del 2019 per questa e altre produzioni), ha spinto la stampa internazionale a parlare di Händel-mania a Milano. Il trionfo di Giulio Cesare costituiva tra l’altro la definitiva affermazione del timbro del controtenore anche nel gusto del pubblico milanese meno avvezzo alla filologia musicale. In scena se ne ascoltavano quattro, diversissimi per tecnica, timbro e intenzioni, ma tutti sfolgoranti per virtuosismo ed espressività.

Dal 21 novembre Giovanni Antonini torna alla Scala per un concerto barocco che si presenta come un nuovo agone tra voci maschili acute. Christophe Dumaux, che per la sua interpretazione di Tolomeo in Giulio Cesare ha vinto il Premio Abbiati 2019 come miglior cantante, nel 2019 è stato Orlando con Antonini a Vienna e Caino ne La Morte d’Abel a Salisburgo con Capuano, oltre a festeggiare il 40° anniversario delle Arts Florissants. Il timbro caldo di mezzosoprano cresciuto tra i Wiener Sängerknaben ha conquistato a Max Emanuel Cencic il consenso delle platee di tutta Europa in un repertorio che da titoli come Orlando e Armino di Händel e Gismondo re di Polonia di Vinci si estende fino a La donna del lago di Rossini. Acclamato nei mesi scorsi alla Scala in Semele di Händel con Sir John Eliot Gardiner e all’opera di Roma con Orfeo di Gluck con Gianluca Capuano e la regia di Carsen, Carlo Vistoli è tra le migliori voci italiane di oggi, proiettato sulla scena europea grazie a una particolare intensità espressiva e a una versatilità che lo porta a interpretare da Cavalli a Sciarrino.

Giovanni Antonini, nato a Milano, ha studiato alla Civica Scuola di Musica e al Centre de Musique Ancienne di Ginevra ed è membro fondatore dell’ensemble barocco "Il Giardino Armonico", che dirige dal 1989. Ospite regolare dei Berliner Philharmoniker, del Concertgebouworkest e del Gewandhausorchester di Lipsia, alla Scala ha diretto, oltre a Giulio Cesare, Le nozze di Figaro di Mozart e Alcina di Händel, e al Festival di Salisburgo Norma di Bellini con Cecilia Bartoli.

27 settembre 2020

Maurizio Pollini, pianoforte

Johannes Brahms

Tre intermezzi op. 117

Arnold Schönberg

Drei Klavierstücke op. 11

Ludwig van Beethoven

Sonata n. 31 in la bem. magg. op. 110

Sonata n. 32 in do min. op. 111

Tra gli appuntamenti imperdibili della stagione autunnale il ritorno del grande Maurizio Pollini, uno dei personaggi cardine dell’identità stessa del nostro Teatro, che presenta pagine su cui è tornato per tutta la vita: i Tre Intermezzi op. 117 di Brahms, i Drei Klavierstücke op. 11 di Schönberg e le ultime due Sonate di Beethoven, oggetto di una recente registrazione.

Maurizio Pollini ha debuttato alla Scala nel 1958 sotto la bacchetta di Thomas Schippers e da allora è tornato costantemente, in recital o in concerto con direttori come Celibidache, Abbado, Muti, Barenboim e Boulez, presentando un repertorio vastissimo che spazia dal Romanticismo alla musica contemporanea. Proprio al superamento delle barriere tra repertorio storico e musica d’oggi sono stati dedicati i numerosi “Progetti Pollini” che l’artista ha presentato nelle maggiori sale da concerto internazionali (l’ultimo alla Scala risale alla Stagione 2013/2014).

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5 dicembre 2020

Daniel Barenboim, pianoforte

Ludwig van Beethoven

Trentatré Variazioni su un Valzer di Diabelli

L’ultimo concerto pianistico, il 5 dicembre, si presenta come un evento musicale da non perdere: Daniel Barenboim esegue le Variazioni Diabelli di Beethoven, autentico monumento della musica occidentale.

Si tratta di un ciclo di 33 variazioni su un valzer piuttosto banale di Anton Diabelli, compositore austriaco ed editore dello stesso Beethoven. Il progetto di Diabelli consisteva nel raccogliere variazioni sul proprio tema scritte da importanti compositori dell’impero asburgico col fine di creare una sorta di "associazione di compositori della madre patria" (Vaterländischer Künstlerverein). Al progetto aderirono una cinquantina di nomi, tra i quali Franz Xaver Wolfgang Mozart (il figlio di Wolfgang Amadeus), Franz Schubert e l’undicenne Franz Liszt. Beethoven inizialmente non si mostrò interessato all’idea. Solo in un secondo momento decise di contribuire con un intero ciclo di variazioni, che però avrebbe dovuto fare opus a sé.


Grandi voci per la Stagione dei Recital di canto

tra Stagione e Concerti straordinari

Erwin Schrott, Marina Rebeka e Sabine Devieilhe chiudono la programmazione 2019/2020,

Simon Keenlyside apre la Stagione 2020/2021.

I cicli di recital di canto sono ormai una tradizione delle stagioni scaligere e preziose occasioni per godere delle migliori voci internazionali nell’atmosfera intima, raccolta e concentrata che solo una serata interamente dedicata al canto può offrire.

La coda della Stagione 2019-2020 dei Recital di Canto vedrà protagonisti tre importanti cantanti già applauditi recentemente anche nel cartellone operistico, ma mai apparsi in veste concertistica: il basso-baritono Erwin Schrott e i soprani Marina Rebeka e Sabine Devieilhe.

Il primo appuntamento, domenica 4 ottobre, è il concerto di Erwin Schrott con il pianista Giulio Zappa. Nella memoria scaligera, il nome di Schrott è legato soprattutto ai suoi successi in due inaugurazioni di stagione: Escamillo in Carmen nel 2009 e Pharaon in Moïse et Pharaon nel 2003, rispettivamente sotto le bacchette di Daniel Barenboim e Riccardo Muti. E come dimenticare il suo istrionico ruolo d’elezione, Don Giovanni, impersonato nel 2006 e 2010, ma anche più recentemente la parte del “filosofo” Alidoro ne La Cenerentola del 2019. Il programma del concerto di ottobre coglie l’eclettismo e la generosità di questo artista con brani scelti da Mozart, Verdi, Gounod, Guastavino (compositore sudamericano come lui), Boito e Tosti. Un’alternanza di arie da camera e d’opera, come Et toi, Palerme dai Vespri siciliani in versione francese o l’Ave Signor dal Mefistofele.

Il secondo appuntamento, martedì 20 ottobre, è in compagnia di Marina Rebeka, confermatasi negli ultimi anni tra i migliori soprani lirici della scena internazionale. Dopo la sfolgorante prova come Violetta Valéry nel 2019, questo recital conferma la centralità di questa interprete nel cartellone scaligero autunnale, accostandosi ai ruoli da protagonista ne La traviata e La bohème. Nel programma del concerto musiche di Rachmaninov, Bellini e Verdi, accompagnate da Giulio Zappa al pianoforte.

Ultimo appuntamento della Stagione in corso, il 19 novembre, con la strabiliante coloratura di Sabine Devieilhe. Il giovane soprano francese è già un riferimento in tutto il mondo per il repertorio più brillante, come testimoniano i suoi ultimi due successi alla Scala: Zerbinetta nell’Ariadne auf Naxos di Richard Strauss e Blonde nel Ratto dal serraglio. Assieme ad Alexandre Tharaud al pianoforte, si dedicherà alle raffinate romanze da camera dei suoi connazionali Debussy, Poulenc, Fauré e Ravel.

Anche per Sir Simon Keenlyside, che apre la nuova Stagione dei recital il 3 dicembre, le apparizioni scaligere sono state sempre occasioni preziose e di grande richiamo. Il suo debutto fu come spesso avviene per le grandi voci nell’occasione più importante: il 7 dicembre. Correva l’anno 1995 quando Riccardo Muti propose per la prima e unica volta nella storia scaligera di aprire la Stagione con Il flauto magico di Mozart, trovando in Keenlyside un Papageno giovane ma già di altissima caratura. Muti lo sceglierà ancora quattro anni dopo per l’Armide di Gluck e il pubblico ne potrà apprezzare la sempre maggiore duttilità con L’elisir d’amore e svariati recital di canto. Più recentemente, ricordiamo il suo ritorno dopo molti anni di assenza nel 2016 per alcune recite come Conte d’Almaviva ne Le nozze di Figaro, uno dei suoi cavalli di battaglia.

Si ringrazia Allianz, Main Partner del Ciclo Recital di Canto per la terza stagione.

Recital di canto

4 ottobre 2020

Erwin Schrott, basso-baritono

Giulio Zappa, pianoforte

Musiche di Mozart, Verdi, Gounod,

Guastavino, Boito, Tosti

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20 ottobre 2020

Marina Rebeka, soprano

Giulio Zappa, pianoforte

Musiche di Rachmaninov, Bellini e Verdi

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19 novembre 2020

Sabine Devieilhe, soprano

Alexandre Tharaud, pianoforte

Musiche di Debussy, Poulenc, Fauré e Ravel

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3 dicembre 2020

Simon Keenlyside, baritono

Malcolm Martineau, pianoforte

Musiche di Schubert e Mahler

Concerti di canto straordinari

22 ottobre 2020

Recital straordinario

Jonas Kaufmann, tenore

Helmut Deutsch, pianoforte

Ogni serata che veda protagonista Jonas Kaufmann è una data da segnare per gli appassionati d’opera e di Lieder, disposti a viaggi intercontinentali pur di sentirlo. Così sarà anche giovedì 22 ottobre, quando il tenore bavarese tornerà alla Scala, come sempre accompagnato al pianoforte dallo specialista Helmut Deutsch cui lo lega un sodalizio artistico consolidato. Il legame di Kaufmann con Milano risale addirittura agli esordi della carriera, quando prese parte allo storico Così fan tutte che inaugurò il nuovo Teatro Strehler il 25 gennaio 1998, nell’ultima regia - postuma - di Giorgio Strehler. Debutta alla Scala l’anno dopo come Jaquino nel secondo cast del Fidelio inaugurale del 2009, diretto da Riccardo Muti. Seguono due titoli inaugurali diretti da Daniel Barenboim: Carmen nel 2019 - accanto a una debuttante Anita Rachvelishvili - e Lohengrin nel 2012 - accanto a Anja Harteros (ma alla prima la sostituì Annette Dasch) nella regia poeticissima di Claus Guth. Con poche eccezioni (alcune recite di Traviata già nel 2007 con Lorin Maazel, quindi Tosca diretta da Omer Meir Wellber nel 2011 e una sostituzione dell’ultimo minuto in Fidelio), Kaufmann è tornato da allora alla Scala soprattutto in concerto, lasciando sempre un’impressione indelebile insieme a Helmut Deutsch al pianoforte.

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15 novembre 2020

Recital straordinario

Anna Netrebko, soprano

Malcolm Martineau, pianoforte

Elena Maximova,mezzosoprano

Giovanni Andrea Zanon, violino

Musiche di Rachmaninov, Rimskij-Korsakov, R. Strauss, Debussy,

Charpentier, Čajkovskij,Leoncavallo, Fauré, Dvořák, Moore, Offenbach

Voce stupefacente e perfetta incarnazione moderna e perfino social delle grandi dive del canto, Anna Netrebko torna alla Scala dopo il trionfo come protagonista di Tosca lo scorso 7 dicembre. Era la sua quarta inaugurazione (terza con Riccardo Chailly). In attesa di rivederla e riascoltarla nell’opera, il 15 novembre i milanesi hanno l’occasione di trovarla in un concerto straordinario in cui per la prima volta si presenta alla Scala senza orchestra ma dividendo il palcoscenico con artisti di assoluto valore e soprattutto affrontando un repertorio variegato tra Lieder e arie del repertorio russo, tedesco e francese che le permetterà di presentare nuovi aspetti della sua arte vocale. Il mezzosoprano Elena Maximova si è formata a Mosca, dove ha iniziato la carriera nella compagnia del Teatro Stanislavsky per poi affermarsi nei maggiori teatri europei. Al pianoforte siede uno tra i più illustri specialisti del nostro tempo, lo scozzese Malcolm Martineau, che ha sostenuto, guidato, accompagnato nei repertori più diversi alcuni dei più importanti cantanti del panorama internazionale. Ulteriore motivo di interesse è la presenza di uno dei più brillanti nuovi talenti italiani, il ventiduenne Giovanni Andrea Zanon, talento precocissimo che a soli quattro anni viene ammesso al Conservatorio di Padova. Dopo essere arrivato in finale del concorso “Wieniawski-Lipinski” in Polonia, nel 2013 vice il primo premio assoluto al concorso di Novosibirsk e l’anno seguente, su consiglio di Zubin Mehta, si trasferisce negli Stati Uniti per studiare con Pinchas Zukerman alla Manhattan School di New York.

30 novembre 2020

Orchestra dell’Accademia Teatro alla Scala

Plácido Domingo

Il 15 dicembre 2019, Plácido Domingo hacelebrato in un Gala verdiano il 50° del debutto al Teatro alla Scala, al fianco di artisti come Saioa Hernández, Jorge de León e Ferruccio Furlanetto. Ad accompagnarlo coro e orchestra dell’Accademia del Teatro, che lo ritrovano il 30 novembre per un nuovo capitolo di questa collaborazione che è trasmissione preziosa di saperi ed esperienza. Era già avvenuto nel 2017, in occasione di un concerto tenuto al Teatro alla Scala.Per gli allievi dell’Accademia trovarsi di fronte a un artista che è sinonimo dell’Opera nel mondo è una forte emozione. Tenore ma anche baritono, direttore d’orchestra, organizzatore e promotore delle nuove generazioni del canto con il concorso Operalia, si è guadagnato l’affetto di generazioni di appassionati e ha legato il suo nome a quello della Scala in un repertorio vastissimo che da Verdi e Puccini si è esteso a Wagner, Saint-Saëns e perfino alla Zarzuela, con direttori come Votto, Abbado, Gavazzeni, Prêtre, Kleiber, Maazel, Muti, Barenboim e Chung. Dal 1969 a oggi Domingo ha partecipato a 35 produzioni di 23 titoli d’opera (otto dei quali inaugurazioni di stagione), due esecuzioni della Messa da Requiem e otto concerti.

Si ringrazia Fondazione Bracco che affianca il Teatro per questo Concerto Straordinario confermando il suo impegno di sostegno ai giovani talenti.

 


GLI SPETTACOLI PER I BAMBINI

La Scala per i bambini

In autunno riprendono anche gli spettacoli per i più piccoli, con sei rappresentazioni de La Cenerentola per i bambini dirette da Pietro Mianiti a partire dal 7 novembre e la serie dei concerti da camera per le famiglie con i Cameristi della Scala l’11 ottobre e gli Archi della Scala il 25 ottobre.

I titoli del progetto Grandi Opere per Piccoli sono fra i maggiori successi degli ultimi anni; hanno portato alla Scala migliaia di spettatori in erba, con i loro genitori o insegnanti, grazie a una formula vincente: celebri opere del repertorio, affidate ai complessi musicali dell’Accademia scaligera, ridotte per durata (poco più di un’ora) e orchestrazione e corredate dall’inserzione drammaturgica di un attore ad accompagnare i più piccoli nel dipanare le trame spesso molto articolate. Il progetto è nato nel 2014 proprio con La Cenerentola per i bambini, riduzione dell’opera di Rossini, che torna in autunno per sei rappresentazioni - 7, 8, 29 novembre e 2 dicembre- con l’Orchestra dell’Accademia diretta da Pietro Mianiti, con la regia di Ulrich Peter e l’elaborazione musicale di Alexander Krampe. In scena i giovani solisti del Corso di perfezionamento per cantanti lirici. I titoli messi in scena fino a oggi contano opere di Mozart (Il ratto dal serraglio e Il flauto magico), Donizetti (L’elisir d’amore per i bambini), oltre al rossiniano Barbiere di Siviglia per i bambini.

Si conferma il sostegno al Progetto da parte di BMW, Main Partner, Italmobiliare e Fondazione Banca del Monte di Lombardia.

Tornano anche i concerti per i bambini con due appuntamenti domenicali che vedono anche per la ripresa autunnale la presenza di Intesa Sanpaolo e Fondazione Banca del Monte di Lombardia. L’11 ottobre i Cameristi della Scala - Fabrizio Meloni, Darko Brlek e Massimo Mercelli - diretti da Ernest Hoetzl in un programma che accosta il classicismo del compositore tedesco Carl Stamitz (Concerto in si bem. magg. per due clarinetti e orchestra) al linguaggio contemporaneo di Ennio Morricone con l’esecuzione di Notturno-passacaglia in omaggio al caratteristico borgo di Cervara di Roma nella Valle Aniene e l’originale lettura della fiaba musicale Il lupo e Pierino del compositore abruzzese Marco Taralli, con la voce di Peppe Servillo. Il 25 ottobre concerto degli Archi della Scala fra Gioachino Rossini (Sonata VI in re magg.), Nicolò Paganini (Introduzione e variazioni in fa min. sul tema dell’aria del Mosè in Egitto di Rossini “Dal tuo stellato soglio)”, Giovanni Bottesini (Gran duo concertante, per violino, contrabbasso e orchestra) e Nino Rota (Concerto per archi). Max Pisu accompagnerà i piccoli ascoltatori alla scoperta dei brani affidati alle virtuose corde di Francesco De Angelis e Francesco Siragusa.

Infine, il 22 novembre si terrà l’atteso concerto che conclude la prima edizione del progetto “La Scala fa Scuola. Un Coro in Città”, iniziativa didattica promossa in collaborazione con Fondazione TIM, che ha portato alla creazione di cori di voci bianche nelle scuole primarie milanesi. Dopo la battuta d’arresto dei mesi scorsi, sarà un’occasione, finalmente, di festa per i bambini dei cori, che vivranno l’emozione di esibirsi accanto ai cantori del Coro di Voci Bianche dell'Accademia, sotto la direzione di Bruno Casoni.


«Kirchengewänder» an den Ufern des Nils. Ein Chor «in der Art Palestrinas» und der Beginn

des dritten Aktes von Verdis Aida, dalla rivista verdiperspektiven (numero uscito maggio 2020)

«Paramenti liturgici» sulle rive del Nilo

Un coro ‘alla maniera del Palestrina’ e l’inizio del terzo atto dell’Aida di Verdi

Anselm Gerhard (traduzione - col permesso dell’autore – e abstract di Elisabetta Fava)

Nelle ultime opere di Verdi si riconosce la mano esperta di un artista di grande esperienza. Per Otello e Falstaff le prime edizioni a stampa fissano versioni definitive che il compositore modificò sì ancora in pochi dettagli, senza però insistere perché questi cambiamenti venissero riportati nella partitura pubblicata.1 Se invece si guarda ai due lavori teatrali composti negli anni ‘60 dell’Ottocento, ossia alla quintultima e alla quartultima opera di Verdi, ci si imbatte in revisioni incisive. Tanto per La Forza del destino quanto per il Don Carlos Verdi ha riscritto integralmente in un secondo tempo passi di considerevole entità.

Aida si colloca a metà fra questi due estremi. Anche in questo caso la prima stampa fissa una versione definitiva. Dopo le prime due rappresentazioni - al Cairo nel 1871 e a Milano nel 1872 - Verdi la modificò ancora soltanto in un punto: ampliò la musica del balletto del II atto per la rappresentazione del marzo 1880 all’Opéra di Parigi e fece inserire questa modifica negli spartiti pubblicati in seguito.

Tuttavia sappiamo che, mentre lavorava su quest’opera, Verdi per due volte ritornò su decisioni già prese. In un caso compose per la prima rappresentazione europea - quella di Milano del 1872 - un’ouverture più lunga, che peraltro ripudiò già durante le prove, per cui anche alla Scala - come in precedenza al Cairo - l’opera venne aperta dal breve «Preludio» che conosciamo. Arturo Toscanini, che nel 1913 poté vedere l’autografo di questa «Sinfonia» a Sant’Agata, la eseguì nel 1940 a New York; singole incisioni successive risalgono a una partitura che a quanto pare si basa sull’esecuzione di Toscanini.2

Da quando nel 1913 sono state pubblicate le lettere relative, è noto anche che la cosiddetta ‘aria del Nilo’ dell’eroina eponima nel terzo atto fu composta soltanto in una fase molto avanzata del lavoro. Nel gennaio 1871 il compositore aveva spedito la partitura ultimata dei primi due atti a Milano, all’editore Ricordi. Quando cominciò a profilarsi la possibilità che la prima rappresentazione dell’opera dovesse essere rimandata quasi di un anno - l’assedio di Parigi da parte dei tedeschi rendeva impossibile trasportare al Cairo le scenografie che erano state messe a punto nei laboratori dell’Opéra - Verdi accantonò i primi due atti in una versione che si suppone quasi definitiva e riprese il lavoro soltanto nell’agosto 1871. Il 5 agosto scrisse al suo verseggiatore Ghislanzoni e lo pregò di scrivergli due strofe per un solo di Aida all’inizio del terzo atto:

Caro signor Ghislanzoni,

Non la spaventi una mia lettera!… Si tratta di pochi versi. Voglio rifare la musica del primo coro dell’atto terzo che non è abbastanza caratteristica; e, poiché sono in ballo, amerei aggiungere un pezzettino solo per Aida, un idillio com’ella disse altra volta. […] Ecco come io intenderei questa scena; e s’ella conviene meco, mi faccia il piacere di farmi le due strofe di cui abbisogno.

ATTO III. - SCENA I.

(Coro interno e scena Amneris e Ramfis come sta. Aida entra cautamente coperta d’un velo.)

Recitativo

Qui Radames verrà… Che vorrà dirmi?

Io tremo… Ah se tu vieni

A recarmi, o crudel, l’ultimo addio,

Del Nilo i cupi vortici

Mi daran tomba e pace forse, e oblio!

[...]3

Dato che nel seguito di questo intervento non tratteremo della nuova ‘aria del Nilo’, bensì della precedente versione di questa scena senza la ‘canzone’ strofica, non abbiamo riportato le riflessioni di Verdi sul solo di Aida; nella lettera citata il compositore invia già una redazione in prosa del testo che desidera. Verdi vuole quindi inserire un ‘idillio’ per la protagonista, dopo che dieci mesi prima in una fase iniziale del lavoro aveva cassato un solo di Aida dal libretto di Ghislanzoni.4 Ma soprattutto vuole «rifare la musica del primo coro dell’atto terzo che non è abbastanza caratteristica». E il discorso riguarda davvero soltanto la musica, visto che Verdi in questa stessa lettera scrive: «Coro interno [dal tempio] e scena Amneris e Ramfis come sta». Anche i cinque versi di Aida in recitativo annotati di seguito a questa didascalia ‘registica’ erano già presenti nella prima versione. Verdi cita questo passo soltanto per spiegare come collegare al contesto i versi nuovi ancora da scrivere per l’assolo di Aida.

Ma perché a Verdi la musica del coro di sacerdoti non sembrava «abbastanza caratteristica»? Una settimana dopo, in una lettera a Giulio Ricordi, dà di questo coro a quattro parti una valutazione sarcastica:

«Son dunque di scappata a Torino col mio bravo pacchetto di musica alla mano! - Peccato! Se avessi un Piano Forte ed un metronomo vi manderei stasera il terz’atto.

Come vi scrissi, ho sostituito un coro e Romanza Aida, ad altro Coro a 4.° voci ben lavorato ad imitazioni uso Palestrina, che avrebbe potuto farmi buscare un bravo dai parrucconi e poteva con questo aspirare (checché ne dica Faccio) ad un posto di contrappuntista in un qualche Liceo qualunque. Ma mi sono venuti degli scrupoli sul fare a Palestrina, sull’armonia [,] sulla musica egiziana! … Infine, è destinato!… non sarò mai un Savant in musica: sarò sempre un guastamestiere...»5

Il coro originale, quindi, era condotto in stile imitativo secondo il modello palestriniano e gli avrebbe potuto guadagnare l’ammirazione dei pedanti reazionari, oltre che magari persino un posto come insegnante di contrappunto nelle scuole (a dispetto di quel che poteva pensarne Faccio, direttore in pectore della rappresentazione milanese di Aida). Ma essendogli venuti degli scrupoli nell’usare il Palestrina in luogo della musica egiziana, ai primi dell’agosto 1871 accanto alla cosiddetta ‘aria del Nilo’ aveva composto anche un nuovo coro di sacerdoti in mi minore, e inoltre proprio in questa occasione ripensò radicalmente l’esordio strumentale di questo quadro di natura.

Una partitura ormai ultimata

Un secolo e mezzo dopo la composizione di questo coro ‘alla Palestrina’ siamo in grado di verificare le valutazioni autocritiche di Verdi. Negli abbozzi resi accessibili dall’autunno del 2019, e già trasportati da Villa Sant’Agata all’Archivio di Stato di Parma all’inizio del 20176, si è conservata una bella copia della partitura ormai ultimata della prima scena del terzo atto:7 in tutto 108 battute (principalmente in fa maggiore), che nella versione definitiva, l’unica finora conosciuta, furono sostituite da 91 battute per la prima scena (che ora oscilla fra mi minore e sol minore) e altre 60 battute per l’assolo di Aida aggiunto ex novo. Come in quattro occorrenze del Don Carlos8, Verdi ha tolto dalla partitura questa sezione già conclusa, ma espunta nella fase finale di stesura dell’opera, e l’ha messa da parte fra i cosiddetti «abbozzi».

Il confronto delle due versioni mostra un sensibile raffinarsi della situazione. Per il coro dei sacerdoti Verdi compose sul medesimo testo una melodia all’unisono che suona esotica, accompagnata da suoni armonici dei violoncelli, mentre in un primo momento per questo passo (bb. 13-36 e 60-70) aveva previsto un coro a cappella a quattro voci in ‘stile antico’. Un solenne preludio orchestrale, simile a un esercizio sulle cadenze plagali (bb. 1-12), il cui tessuto motivico diventa successivamente la base per il dialogo tra Amneris e Ramfis (bb. 37-51) fu sostituito da un’immagine sonora materica, che guarda già molto in là nel futuro ed è stata giudicata non senza ragione come preannuncio di impressionismo musicale.9

Il testo librettistico è identico per lunghi passi in entrambe le versioni.10 Però Verdi cassò nella sua rielaborazione quattro versi di recitativo per Aida che invece nella prima redazione aveva musicato (bb. 83-89):

Astri del cielo azzurro

Copritevi d’un vel… M’avvolgi, o notte,

Nel lugubre tuo manto…

Cela a tutti il mio duol… cela il mio pianto.11

Nella riscrittura invece Verdi ha mantenuto pressoché identici tre passi: il breve monologo di Amneris («Sì: io pregherò che Radamès mi doni»; bb. 51-56, ossia 45-50 nella versione definitiva), l’introduzione orchestrale prima dell’ingresso di Aida (bb. 71-82), che peraltro in quest’occasione fu trasposta da si bemolle maggiore a do maggiore (bb. 66-77 nella versione definitiva) e quattro battute nel cantabile del recitativo di Aida («Del Nilo i cupi vortici»; bb. 99-102), che nella versione definitiva compaiono abbassati di un tono, in re minore anziché in mi minore (bb. 85-88).

Lungo esempio musicale fino a p. 152 compresa

didascalia: Esempio musicale 1: bb. 1–109 della prima versione della prima scena del terzo atto,

© Anselm Gerhard 2020, Layout: Michael Matter

Confrontando le due versioni si osservano ritocchi minuscoli, ma di notevole effetto, come per esempio il maggior risalto ritmico nel monologo di Amneris, dove Verdi abbrevia la sillaba ‘mi’ assegnandole un sedicesimo anziché un ottavo come in precedenza:

Esempio 2

didascalia: esempio musicale 2: b. 53 s. della prima versione in confronto con b. 47 s. della versione definitiva

In un altro punto sorprende la rinuncia a un’accentuazione drammatico-musicale evidente: nella prima versione Verdi aveva rimarcato il cambio di prospettiva - dalla ripetizione del coro di sacerdoti all’interno del tempio all’anticipazione dell’ingresso in scena di Aida - con un tremolo dei timpani (b.71), al quale soltanto nella battuta seguente seguono i tremoli sfarfallanti dei primi violini, che qui accompagnano il ‘Leitmotiv’ di Aida. Nella versione definitiva, invece, al posto del tremolo di timpani si sente risuonare già in questa battuta un tremolo del violini secondi sul sol3 (b.66). Ciò appare motivato dal fatto che questa nota si aggancia direttamente agli arpeggi dei violini sul medesimo sol, arpeggi già presenti nell’introduzione strumentale di questa scena e ripresi quando il nuovo coro di sacerdoti viene ripetuto.

La sorpresa più grande viene invece da uno sguardo più approfondito sul coro ‘alla maniera del Palestrina’. Meno di tre anni più tardi Verdi ne ha riutilizzato la musica quasi senza modifiche nella Messa da Requiem, dove il passo a quattro voci a cappella sul testo «Te decet hymnus» si distingue dalla prima versione del coro «O tu che sei d’Osiride» solo per la notazione (4/4 anziché 4/2, quindi semiminime al posto delle minime antichizzanti come valore di base), per il testo che gli si abbina e per le ultimissime battute. Le bb. 13-30 della prima versione del terzo atto di Aida corrispondono anche nei minimi particolari alle bb. 28-46 del primo brano della Messa funebre per Manzoni; soltanto la pausa retorica efficacissima alle bb. 42-43 è stata aggiunta da Verdi nel 1874.

Questa circostanza solleva quesiti cruciali sulle due composizioni degli anni Settanta. La decisione di far cantare i sacerdoti di Iside in stile neo-palestriniano mostra quanto la drammaturgia di quest’opera egiziana sia stata condizionata dal modo in cui veniva percepita la chiesa cattolica nell’Italia contemporanea. In questo contesto è rilevante anche un dettaglio delle riflessioni verdiane su quale fosse l’allestimento appropriato della sua opera: il 13 dicembre 1871 si trova all’interno di un elenco dettagliato una precisazione sull’accessorio di scena da attribuire al portainsegne nel corteo trionfale del secondo atto, ossia un flabello piumato:

2.° Il porta-insegne, credo intendiate dire i flabelliferi… non mi pare sia quella la forma del flabello ma se fosse anche così, la modificherei e la renderei più teatrale accostandomi a quello che portano a Roma nelle funzioni papali / se ben mi ricordo.-12

Verdi riteneva quindi particolarmente ‘teatrali’ le allusioni dirette ai riti vaticani del suo tempo. Perché però allora volle attenuare le analogie fra la chiesa cattolica della modernità e i sacerdoti dell’Egitto ai tempi dei Faraoni, suggerite nella prima versione anche alle orecchie del suo pubblico? O si trattava ‘soltanto’ di rendere percepibile in questo primo breve momento di tregua del dramma il colore locale egizio? Un colore locale egizio, beninteso, dovuto a una finzione bell’e buona: Antonio Ghislanzoni si trovò tredici anni dopo a parlare senza giri di parole di questo bricolage, quando riprodusse un dialogo (fittizio? O improntato a effettive esperienze con Alfredo Catalani e la sua opera Elda?) con un compositore esordiente. Avendo questi insistito perché il suo primo lavoro avesse il «colore speciale» della Scandinavia, Ghislanzoni avrebbe risposto:

Non è il paese che deve fornire il colore, ma bensì l’artista che deve fornirlo al paese. Crede lei che il Verdi abbia attinto dal Nilo quei melanconici susurri [sic!] musicali che inaugurano il terzo atto dell’Aida? In una bella notte d’estate, sotto un bel chiaro di luna, il grande maestro può aver concepito i colori di un fiume egizio in riva al suo laghetto di Sant’Agata.13

Senza dubbio la nuova stesura - concepita d’altronde effettivamente in piena estate - rappresenta un decisivo miglioramento sotto il profilo musicale e drammaturgico. Per quanto stuzzicante appaia l’idea di ascoltare finalmente in concerto gli otto minuti circa di musica della prima versione, sarebbe altrettanto fuorviante collaudare in teatro questa resa davvero molto meno caratteristica della scena sulle sponde del Nilo - che resta infinitamente indietro rispetto alla versione definitiva. E ciò non solo per ciò che riguarda il colorito inconfondibile delle parti composte ex novo, bensì anche in relazione alla modulazione da sol maggiore attraverso mi minore e re maggiore indietro verso mi minore alle bb. 82-99. Nella progressione armonica delle bb. 89-95 si incontrano alcune durezze, come la transizione repentina da re maggiore a si maggiore alle bb. 94-95 nella problematica ripartizione delle note principali fra le varie voci, oppure il procedere a sequenza delle bb. 89-92, dove si può discutere se per le viole a b. 92 non possa intendersi un fa diesis al posto del fa naturale effettivamente segnato.

Guardando alla Messa da Requiem si pongono domande ancor più spinose: quel che per un’opera non è «abbastanza caratteristico», dovrebbe invece essere abbastanza buono per una composizione ad uso liturgico? La conoscenza di questi collegamenti impensati getta nuova luce anche sul giudizio stroncatorio di Hans von Bülow, per il quale la composizione religiosa di Verdi sarebbe «un’opera coi paramenti liturgici»14. È vero che nella Messa da Requiem non c’è alcuna struttura formale che rimandi all’opera. Però il riutilizzo di un pensiero destinato in origine al teatro si va ad affiancare alla scelta verdiana (individuata già mezzo secolo fa) di riprendere il lamento funebre di Filippo sul cadavere di Rodrigo nel quarto atto del Don Carlos («Qui me rendra ce mort») per il «Lacrymosa» alla fine della sequenza della sua Messa da Requiem - lì beninteso con interventi radicali nella struttura e nel decorso di un passo espunto dalla versione francese dell’opera già durante le prove.15

La scappatella verdiana nei ranghi dei compositori impegnati in calchi palestrianiani non fu vista peraltro esclusivamente di buon occhio dalla critica del tempo. È vero che in un resoconto della stampa viennese condotto sulla base di uno studio approfondito dello spartito per canto e pianoforte apparso già nel giugno 1874 si legge:

«Come nel Palestrina l’armonia si deve sottomettere all’autonomia delle singole voci in un modo tale che questa musica talvolta ci suona sconcertante, così nel lavoro di Verdi, che potrebbe definirsi un compromesso tra la scrittura moderna e l’antica, quest’autonomia è di nuovo elevata a principio stilistico».16

Ancor più entusiasmo mostrò il critico milanese Filippo Filippi nella sua recensione alla prima esecuzione:

«[D]opo poche battute di minore, in tuono mestissimo, succede il maggiore, che serve d’ingresso ad un corale a voci sole ad imitazione, scritto nel grande stile dell’arte classica: un pezzo veramente da Chiesa».17

E proprio August Wilhelm Ambros, all’epoca uno dei massimi conoscitori di musica rinascimentale, andò in visibilio con esuberanza di termini per una composizione che lascia sì riconoscere nella condotta delle voci e nell’uso dei ritardi alcuni principi costruttivi dello stile palestriniano, ma che poi li inserisce in un’armonia per terze e tutta improntata al dualismo maggiore/minore, con tanto di accordi di seconda, quarta e sesta in funzione di dominante:

«Dove il testo lo richiede, la musica si fa esclusivamente cerimonia, consacrazione, preghiera. Pare che nel vedere le Stanze di Raffaello in Vaticano Michelangelo esclamasse: «Sanzio è stato nella Cappella Sistina». Nel ‘Te decet hymnus’ si è tentati di esclamare: Verdi è stato nella Cappella Sistina!»18

Al contrario Theodor Helm, uno dei più celebri antagonisti di Eduard Hanslick, scrisse nel suo commento alla prima esecuzione viennese:

«Ci dice meno il breve fugato nel ‘Te decet Hymnus’, in cui l’artificio esteriore viene troppo allo scoperto».19

In tempi più recenti David Rosen ha richiamato l’attenzione sulla funzione eminentemente drammaturgica di questo coro «Te decet hymnus»:

«La scrittura a cappella, l’imitazione, l’austerità del materiale melodico - tutti elementi atti a evocare lo stile antico [in italiano nel testo] - servono una volta ancora a distanziare il Requiem di Verdi dal mondo profano dell’opera: Verdi ce lo fa capire subito».20

A un primo sguardo questa descrizione può sembrare un puro errore di valutazione, se vista alla luce della redazione anteriore del terzo atto di Aida ora ritrovata. Ma se ci riflettiamo meglio, resta invece valida non meno di prima. Perché è vero che nella Messa da Requiem a Verdi sta a cuore distinguere un inno latino dalle convenzioni della musica teatrale dell’epoca. Il fatto che questo inno non avesse come luogo di nascita la Cappella Sistina, ma fosse stato concepito per così dire sulle sponde del Nilo non svaluta l’osservazione di Rosen. Perché anche nella sua opera orientaleggiante a Verdi importava distinguere la gravità dei sacerdoti dal mondo profano degli amanti. Che questo dovesse riuscirgli ancor meglio contrapponendo direttamente un coro divenuto ora unisono a una nuova scena solistica per Aida dimostra una volta di più il suo infallibile fiuto drammatico. Il citato Ambros non si immaginava di certo quale doppio senso potesse contenere una frase della sua recensione alla Messa da Requiem, una volta letta alla luce della versione che qui abbiamo presentato:

«Su alcune assonanze con l’Aida vogliamo qui sorvolare, ma è davvero ingiusto da gridar vendetta voler dire: “musica in stile dell’Aida, ma applicata a un testo liturgico”».21

Abstract:dalle carte del lascito verdiano di Villa Sant’Agata, consultabili dalla primavera 2019 presso l’Archivio di Stato di Parma, è riemersa la versione originaria dell’attacco del terzo atto di Aida – un centinaio di battute, per circa otto minuti di musica -, ancora priva dell’originale attacco strumentale, dell’aria solistica di Aida “O cieli azzurri”, ma soprattutto - per quel che interessa il presente saggio - con un coro a quattro voci ‘alla Palestrina’ di cui Verdi parla in alcune lettere e di cui s’era persa traccia. In origine Verdi aveva voluto differenziare il linguaggio arcaico e solenne dei sacerdoti egizi da quello dei protagonisti assegnandogli una scrittura neo-palestriniana, a cappella e a quattro voci. Dopo l’interruzione dovuta all’assedio di Parigi, e al conseguente mancato invio al Cairo delle scene che erano state commissionate all’Opéra, Verdi riprendendo in mano il lavoro nell’agosto 1871 giudicò che la soluzione ‘alla Palestrina’ non fosse abbastanza caratteristica e la sostituì con il coro unisono esotizzante che conosciamo. Il ritrovamento dei fogli che Verdi tolse dalla partitura rivela ora due cose: la prima è che questo esordio, espunto e messo da parte, era già completato e addirittura in bella copia; la seconda, che si tratta della stessa musica usata per il «Te decet Hymnus» del Requiem composto nel 1874 alla memoria di Alessandro Manzoni. In margine a queste constatazioni l’articolo riflette sulla percezione che nell’Italia verdiana si aveva della musica liturgica e sul rapporto tra musica teatrale e musica da chiesa, anche in relazione ai giudizi non sempre concordi sulla partitura della Messa da Requiem.

1Cfr. al riguardo Luca Zoppelli, Die Genese der Opern (II): Kompositionsprozess und Editionsgeschichte, in Verdi Handbuch, a cura di Anselm Gerhard e Uwe Schweikert, Stuttgart, Metzler2 2013, pp. 252–269: 265. Sul caso singolo e abbastanza complicato del Falstaff cfr. James A[rnold] Hepokoski, The compositional history of Verdi’s «Falstaff»: a study of the autograph score and the early editions, PhD. diss. Harvard University 1979.

2Cfr. Antonio Rostagno, Ouverture e dramma negli anni Settanta: il caso della sinfonia di ‘Aida’, in «Studi verdiani» 14 (1999), pp. 11-150, qui 22 ss.

3Lettera di Verdi ad Antonio Ghislanzoni, 5 agosto 1871, in I copialettere di Giuseppe Verdi, a cura di Gaetano Cesari e Alessandro Luzio, Milano, Stucchi Ceretti 1913, p. 674 s.

4Cfr. la lettera di Verdi ad Antonio Ghislanzoni, 7 ottobre 1870, ivi, p. 650.

5Lettera di Verdi a Giulio Ricordi, 12 agosto 1871, qui riportata secondo l’edizione digitalizzata dell’originale: https://www.digitalarchivioricordi.com/it/letter/display/LLET001184 (31 gennaio 2020) La stampa pubblicata in I copialettere di Giuseppe Verdi (come n. 3), p. 676 (lì con la data sbagliata «12 novembre 1871») segue invece la copia della lettera rimasta in possesso di Verdi. Nell’originale della lettera inviata si legge «Torino 12 9 1871». Qui Verdi si è evidentemente sbagliato di mese, dato che nella sua lettera del 14 agosto 1871 al medesimo Giulio Ricordi leggiamo: «Eccovi il Terz’atto come ve ne avvertii colla mia lettera da Torino»; cfr. la versione digitalizzata dell’originale: https://www.digitalarchivioricordi.com/it/letter/display/LLET001175 (31 gennaio). Su questo problema di datazione cfr. anche Verdi’s «Aida»: the history of an opera in letters and documents, a cura di Hans Busch, Minneapolis, University of Minnesota Press 1978, p. 202.

6Cfr. Mauro Balestrazzi, Il baule scoperchiato, «Classicvoice 215» (aprile 2017), pp. 22-25. Voglio ringraziare di cuore Graziano Tonelli e Lorenzana Bracciotti dell’Archivio di Stato (Parma) per la loro gentile disponibilità durante il lavoro sulle fonti digitalizzate nel dicembre 2019; Fabrizio Della Seta (Roma) per il mutuo scambio sugli argomenti qui sviluppati e le inestimabili sollecitazioni; Michael Matter (Basilea) per la realizzazione degli esempi musicali e i preziosi suggerimenti nel valutare le scelte editoriali.

7Il fascicolo 37, numerato a matita da mano ignota come «37° f» comprende in tutto 40 pagine (f. 149–168’), comprende una bella copia in partitura del duetto Aida-Amonasro fino a b. 203 (b. 25 dopo I) con alcune piccole varianti rispetto alla versione definitiva. Su f. 174 e 199’ degli «abbozzi» si trovano inoltre abbozzi di partitura per le bb. 13–36 della prima versione. Qui numerose correzioni mostrano quante diverse soluzioni Verdi sperimentasse per la deviazione sul re minore alle bb.23-25. In più f.174’ conserva un abbozzo per le bb. 37-61 della prima versione, anche in questo caso con alcune varianti.

8Vedi oltre

9Cfr. per esempio Kurt Honolka, Ewige Nacht über Barbarien. Verdis ‘Aida’ in Stuttgart, «Opernwelt» 20 (1979), 12, pp. 23-24: 24: «come suonò asciutto, ben lontano dalla geniale intuizione verdiana dell’impressionismo, l’etereo preludio sul Nilo!»; Wolf-Dieter Peter, «Ich bin ein Mann des Theaters!». Aspekte der Verdi-Interpretation, in Verdi-Theater, a cura di Udo Bermbach, Stuttgart/Weimar, Metzler 1997, pp. 223–237: 228: «il profumato pre-impressionismo al principio dell’atto sul Nilo»; Elvio Giudici, Il teatro di Verdi in scena e in DVD, Milano, il Saggiatore 2012, p. 39: «tutto questo modernissimo impressionismo musicale».

10Peraltro alle bb. 25-28 della prima versione Verdi ha usato il testo «desti ai mortali in cor», benché alle bb. 22-23 avesse scritto per la parte dei bassi - in accordo coi libretti - «agli umani». Una svista? Nella nostra trascrizione non abbiamo normalizzato l’incongruenza, così come non abbiamo uniformato la divergenza del frammento di scala (quasi) cromatica nella seconda metà di b. 102 con la redazione di b. 88 della versione definitiva.

11L’interpunzione segue il libretto bilingue della prima assoluta al Cairo: cfr. A[ntonio] Ghislanzoni, Aida. Opera in 4 atti e 7 quadri / Aïda, Opéra en quatre actes et 7 tableaux, Cairo, Delbos-Demouret, p. 54. Lì questi versi furono stampati anche se Verdi, in una lettera del 7 settembre 1871 a Giulio Ricordi, aveva preteso espressamente che fossero cassati dal libretto a stampa; cfr. Franco Abbiati, Giuseppe Verdi, vol. III, Milano, Ricordi 1959, p. 480, e la riproduzione digitalizzata della lettera originale: https://www.digitalarchivioricordi.com/it/letter/display/LLET001183 (31 gennaio 2020). Cfr. anche John Richard Kitson, Verdi and the evolution of the «Aida» libretto, PhD. diss. The University of British Columbia, 1985, p. 764, n. 55; Giuseppe Verdi, Aida, a cura di Eduardo Rescigno, Milano, Ricordi 1985, p. 55, n. 17.

12Lettera di Verdi a Giulio Ricordi, 13 dicembre 1971; parzialmente riportata in Franco Abbiati, Giuseppe Verdi, vol. III Milano, Ricordi 1959, p. 524; qui controllato sulla versione digitale: https://www.digitalarchivioricordi.com/it/letter/display/LLET001317 (31 gennaio 2020).

13A[ntonio] Ghislanzoni, Confidenze, «Gazzetta musicale di Milano» 39 (1884), pp. 229-230 e 239-240 (nn. 24 e 25 del 15 e del 22 giugno); qui p. 240; anche sotto il titolo: Giovane e sconosciuto, in Ghislanzoni, Capricci letterari. Unica edizione completa, vol. I, Bergamo, Cattaneo 1886, pp. 101-116, qui 114-115.

14Hans v[on] Bülow, Musikalische aus Italien, I, «Allgemeine Zeitung» [Augsburg], 21 maggio 1874, pp. 2293-94, qui 2293; anche in Bülow, Ausgewählte Schriften 1850-1892, Lipsia 1896 (Briefe und Schriften, 3), pp. 340-352: 341.

15Cfr. David Rosen, The operatic origins of Verdi’s «Lacrymosa», «Studi verdiani» 5 (1988/89), pp. 65-84.

16Franz Gehring, Verdi’s Requiem für Manzoni und seine Kritiker, «Deutsche Zeitung» [Vienna], 16 luglio 1874, pp. 1-2: 2.

17Filippo Filippi, Verdi, «La Perserveranza» [Milano], 23 maggio 1874; qui citato da La Messa da Requiem di Verdi [l prime imrpessioni della critica milanese], «Gazzetta musicale di Milano» 29 (1874), pp. 163-167 (n.21 del 24 maggio); qui p. 164.

18A[ugust] W[ilhelm] Ambros, Verdi’s Requiem, «Wiener Abendpost. Beilage zur Wiener Zeitung», 12 giugno 1875, pp. 3-4: 4; anche in Ambros, Musikaufsätze und -rezensionen 1872–1876. Historisch-kritische Ausgabe, a cura di Markéta Štědronská, vol. II (1874–1876), Vienna, Hollitzer 2019, pp. 340–345: 344; per altri giudizi favorevoli cfr. anche Torsten Roeder, Die Rezeption der Messa da Requiem von Giuseppe Verdi im deutschsprachigen Raum 1874–1878, Diss. phil. Würzburg 2017, p. 167 s.

19h- [Theodor Helm], Verdi’s ‘Manzoni’-Messe, «Neues Fremden-Blatt» [Vienna], 13 giugno 1875, pp. 1-4: 1.

20David Rosen, Verdi: Requiem, Cambridge, Cambridge University press 1995, p. 19.

21Ambros, Verdi’ Requiem (cfr. n. 18), p. 3 (p. 343).


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