India in bianco, blu e belcanto
Joel Poblete
Torna sulle scene della capitale cilena dopo centodieci anni l'opera più nota di Léo Delibes. Convincono entusiasticamente i due cast e i concertatori, mentre la messa in scena, pur suggestiva, delude le attese.
SANTIAGO del Cile 5 e 9 luglio 2014 - L'unica volta in cui la Lakmé di Léo Delibes era stata rappresentata in Cile prima d'ora risale al 1904, per cui il suo riappaorie dopo centodieci anni nell'attuale stagione lirica del Teatro Municipal de Santiago ha avuto quasi il carattere di un debutto e si nutrivano alte aspettative per la première dell'Elenco Internacional, tenutasi sabato 5 luglio con l'illusre presenza in sala Plácido Domingo, che si trovava in visita in Cile per un recital impegnativo e gratuito che avrebbe tenuto due giorni dopo con il soprano Verónica Villarroel.
Creata a Parigi nel 1883, Lakmé è l'opera più celebre di Delibes, più conosciuto per il balletto Coppélia; tuttavia con il tempo solo due numeri - l'aria delle campanelle e soprattutto il duetto dei fiori - hanno superato per fama il resto dell'opera, e pur essendo questa relativamente di reperotorio nelle aree francofone, non è altrettanto frequente vederla ad altre latitudini, cosa che accresceva vieppiù le attese.
Schietto esempio del filone orientalista che rifletteva, nella seconda metà del XIX secolo l'interesse e la fascinazione per ciò che al tempo era considerato esotico, il soggetto è piuttosto convenzionale, con la relazione proibita fra una sacerdotessa e un ufficiale inglese al tempo del dominio britannico sull'India. Se l'opera ancor oggi affascina e incanta il pubblico è specialmente per la bellezza della musica di Delibes, che a dispetto dell'ambientazione esotica, è inequivocabilmente francese nel suo amalgama di eleganza e delicatezza, passione e romanticismo, la sua esuberanza e le sue melodie seducenti e irresistibili.
Purtroppo, ha deluso la messa in scena del collaudato regista francese Jean-Louis Pichon, che in passato in Cile si era distinto soprattutto nel repetorio del suo paese, come aveva dimostrato l'eclatante debutto con la prima locale di Les dialogues des carmelites nel 2005, e quindi con Les pêcheurs des perles e, lo scorso anno, con Romèo et Juliette. In titoli italiani come Rigoletto nel 2010 o Lucrezia Borgia nel 2012, invece, i risultati sono stati meno convincenti. Oggi la sua produzione di Lakmé, dominata dai toni del bianco e dell'azzurro, è parsa meno ispirata di quanto ci saremmo aspettati; la regia piatta e poco inventiva, in particolare per quel che cocnerne il coro e la collocazione dei protagonisti. Su questo ha influito senza dubbio la scena unica simbolica e minimalista di Jérôme Bourdin, che a quanto si apprende alle note di regia nel programma di sala, rappresenterebbe l'"aura" della sacerdotessa. Questa si manteneva identica per i tre atti di cui si compone l'opera, risultando via via più monotona e ripetitiva, senza contare le limitazioni che imponeva soprattutto al coro. Tuttavia, grazie all'atmosfera creata dalle luci ben congegnate di Michel Theuil, l'impianto scenico ha conosciuto, ad ogni modo, qualche variante e momenti anche molto belli e suggestivi a vedersi (come nell'aria delle campanelle, per esempio) e i costumi (ancora di Bourdin) erano davvero belli, evocativi e assolutamente adeguati. In fin dei conti, tenendo presente che quest'opera facilmente potrebbe scivolare nell'eccesso, nel sovraccarico e nel kitsch, possiamo ben dire sia stato un bene optare per uno stile più sobrio e minimalista (lo stesso che Pichon utilizzò nel 2009 al Municipal con Les pêcheurs des perles), ma anche riconoscere che l'aspetto drammatico sia parso un po' troppo in ombra, mentre si è distinto soprattutto un solido lavoro musicale.
Il maestro cileno Maximiano Valdés, già direttore principale dell'Orquesta Filarmónica de Santiago fra il 2002 e il 2006, è tornato al Municipal in diverse occasioni, ma non vi dirigeva un'opera dal 2005, precisamente proprio dal debutto locale dei Dialogues des carmelites nel quale esordì im Cile anche Pichon. La sua bacchetta attenta e accurata è stata un formidabile sostegno per i cantanti e ha saputo far risaltare tutta la bellezza e il raffinalto romanticismo della partitura di Belibes (cui sono stati apportati alcuni tagli, per esempio nelle danze) sottolineando tanto i momenti di passione, poesia e lirismo, come quelli consacrati al colore locale di un'India ricca di tradizioni e fascino.
Da quando, nel 2009, ha vinto il primo premio e il premio del pubblico nel concorso di Plácido Domingo, Operalia, il percorso del soprano russo Julia Novikova è stato di costante ascesa e l'ha portata ad alcuni dei più prestigiosi teatri lirici e a esiti eccellenti come quello della sua Gilda del Rigoletto filmato a Mantova nel 2010, con il leggendario tenore - nel suo discutibilissimo nuovo volto baritonale - come protagonista, accanto a Vittorio Grigolo. Fortunatamente, al suo esordio in Cile e per di più interpretando per la prima volta nella sua carriera la protagonista di questa opera, la Novikova non ha deluso le aspettative, ma soprattutto si è confermata una cantante di enorme talento, in possesso di una voce bella e ben timbrata che sa gestire assai bene; attrice sensibile e credibile, è stata in grado di dar corpo alla fragilità e al mistero di Lakmé, e ha trionfato di tutte le asperità vocali del ruolo, prima fra tutte la temuta aria delle campanelle, con tutta la pirotecnia vocal di agilità, acuti e sovracuti, come nei suoi altri tre delicati momenti solistici.
Da parte sua, come Gérald il tenore canadese Antonio Figueroa, anche lui per la prima volta in Cile, non solo ha esibito una presenza ideale per un eroe romantico, ma ha anche affrontato un ruolo sotto il profilo musicale molto più esigente di quanto non si possa credere a prima vista, brillando per la proprietà dello stile francese e per la sicurezza e la convinzione dimostrate nella tessitura acuta e alle note più ardue, partner ideale per la Novikova, soprattutto nei duetti; un solo difetto: la voce è di volume modesto e non sufficientemente proiettata in sala.
Quale severo brahamino Nilakantha avevamo quell'eccellente cantante che è il baritono brasiliano Leonardo Neiva, che ha cantato in altre cinque opere della stagione del Municipal, fra ruoli principali e secondaru, e ha ribadito le sue indiscutibili qualità d'interprete (perfino in una parte solitamente affidata a voci più gravi della sua): una voce accattivante, di buon volume, assai ben timbrata, facile in tutta la tessitura, una presenza imponente e un attore sicuro.
I ruoli secondari sono stati sostenuti da artisti locali, salvo il baritono francese Aimery Lefèvre come Fréderic e il mezzosoprano spagnolo Nerea Berraondo come serva Mallika, entrambi corretti ma non eccezionali. Efficaci, poi il tenore Rony Ancavil nei panni del servo Hadji e il trio di divertenti signore inglesi, i soprani Madelene Vásquez (Ellen) e Daniela Ezquerra (Rose), con il mezzosoprano Claudia Godoy (Lady Bentson). E per quanto in quest'opera il coro non sia troppo presente, ad ogni modo i suoi interventi sono importanti, soprattutto nel secondo atto, e, come sempre, il Coro del Teatro Municipal, preparato da Jorge Klastornik, si è comportato benissimo, così come le ballerine impegnate nelle coreografie di Edymar Acevedo.
Il secondo cast, il cosiddetto Elenco Estelar, ha esordito il 9 luglio con l'efficace direzioe di José Luis Domínguez - con buoni momenti soprattutto nelle pagine più liriche - a capo della Filarmónica de Santiago. La protagonista è stata una delle artiste più attive e apprezzate della scena operistica cilena, il soprano Patricia Cifuentes, che quest'anno festeggia il decennale dal suo esordio al Municipal, dove ha interpretato più di dieci titoli, fra cui Lucia di Lammermoor e La fille du régiment o ruoli quali Leyla, Gilda e Norina; oggi incarnava per la prima volta nella sua carriera un personaggio esigente come Lakmé, offrendo senza dubbio una delle sue migliori interpretazioni. Attraente e convincente in scena, ha getsito e proiettato perfettamente il suo materiale vocale, tanto nelle scene più liriche quanto in quelle più esigenti nella coloratura o nei sovracuti dell'aria celeberrima.
Con il soprano di questa compagnia alternativa, si è messo in luce al suo debutto cileno l'eccellente tenore francese Christophe Berry come Gérald, che oltre a dimostrare di aver più consuetudine del ruolo rispetto al collega dell'"elenco internacional", ha esibito una bella vocalità, adeguata per volume e proiezione, acuti sicuri e ben emessi, e, come ci si poteva aspettare, il miglior stile della serata, raffinato sottile e appassionato all'occorrenza. soprattutto nei duetti con Lakmé. Come Nilakantha, il sempre solido baritono cileno Ricardo Seguel si è distinto una volta di più per il suo canto fermo e sonoro, benché talora abbia convinto meno che in altre occasioni. Anche i ruoli secondario erano appannaggio di artisti cileni, fra cui ricordiamo il mezzosoprano Gloria Rojas come Mallika.