Primizie belliniane
di Antonio Caroccia
Maria Rosa De Luca
Gli spazi del talento. Primizie musicali del giovane Bellini pagine VII+212, con 47 figg. n.t., con es. mus. e 8 tavv. f.t. a colori
Firenze, Leo S. Olschki Editore, 2020
Historiae Musicae Cultores, vol. 138
ISBN 978 88 222 6709
Il volume ripercorre il felice itinerario compiuto dal giovane Vincenzo Bellini prima di essere ammesso a Napoli al Collegio di Musica di San Sebastiano. Diciotto anni vissuti dal compositore a Catania segnati dall’apprendistato musicale impartito dapprima dal nonno Vincenzo Tobia e successivamente dal padre Rosario.
Non è certo facile poter ricostruire le vicende biografiche del “giovane” Bellini. La mancanza di fonti dirette e la scarsità di informazioni, spesso, hanno reso alquanto difficili le ricerche. All’interno di questa vacatio, l’autrice si muove scandagliando ed esaminando una serie di autografi musicali risalenti proprio al periodo giovanile. Preziosi manoscritti che esaminati e studiati hanno consentito di ricostruire la “prima” formazione musicale dell’artista catanese. Dieci opere che inserite nell’opportuno contesto produttivo e recettivo consentono di poter ricostruire dal 1801 al 1819 gli spazi e il tempo in cui si formò e mosse i primi passi l’artista catanese. La Catania del tempo era una città viva e in pieno fermento, ove non mancavano certo occasioni musicali tra chiese, palazzi nobiliari e teatri cittadini. Il giovane Bellini sollecitato da questa ampia offerta musicale intraprese i primi passi verso quel mondo artistico, che nello spazio di pochi anni lo porterà a calcare i principali palcoscenici europei. Toccò, poi, a Francesco Florimo costruire il “mito” attraverso operazioni non sempre del tutto trasparenti: censurando, eliminando, scomponendo e ricostruendo la corrispondenza belliniana. La maggior parte dei biografi belliniani nel descrivere le vicende dei primi anni si affidarono a testimonianze orali spesso filtrate dagli stessi familiari. Queste prime pubblicazioni vengono collazionate dall’autrice alfine di ricostruire l’esatta corrispondenza, le concordanze e la veridicità delle informazioni. Il punto di partenza è un manoscritto adespoto, oggi conservato al Museo civico belliniano, noto come “manoscritto dell’anonimo”, presumibilmente, appartenuto a Florimo e da lui stesso vergato. Indagini che hanno permesso di poter meglio collocare questa fonte e la sua provenienza. Di interesse appaiono, poi, gli aspetti riguardanti il contesto in cui operò il giovane Bellini, con un’approfondita analisi storico-sociologica sulla professione musicale in Sicilia ai primi dell’Ottocento e il modello artigianale di apprendistato musicale seguito anche dall’artista catanese, che ricevette dal nonno Vincenzo Tobia una buona formazione “accademica” – a suon di partimenti – avendo egli studiato a Napoli al Conservatorio di S. Onofrio. Le dieci opere giovanili belliniane, dunque, donate da Francesco Florimo nel 1868 al Collegio di Musica di San Pietro a Majella, composte tra il 1817 e il 1818, prima di lasciare Catania, consentono, attraverso l’analisi codicologica, morfologica, paleografica, filologica e musicale, di poter conoscere le vicissitudini di questi manoscritti e soprattutto di capire quale fossero le conoscenze musicali del giovane Bellini. Le nozioni ricevute dapprima dal nonno e successivamente dal padre dovettero in qualche modo essere d’aiuto allo stesso Bellini quando venne a contatto con il mondo accademico e con le lezioni impartite da Tritto, Furno, Conti e Zingarelli. La durata effettiva degli studi napoletani: sei anni in luogo di dieci sembrano, poi, confermare già la buona predisposizione del “giovane” al contrappunto e alla composizione. Un iter formativo che era iniziato nella sua Catania terminato, poi, nella prestigiosa istituzione partenopea frutto della borsa di studio del Decurionato catanese.
Le composizioni giovanili belliniane riflettono le molteplici occasioni musicali della Catania del tempo attraverso spazi e pratiche che si muovono tra chiese e palazzi nobiliari: tre Tantum ergo, un Gratias agimus, due Messe, la Scena e Aria di Cerere, la cavatina "Sì per te gran Nume eterno", l’aria "E nello stringerti a questo cor"e e la Sinfonia in Re. Una serie di opere che sono da una parte legate alle tradizionali festività e celebrazioni sacre dall’altra alle occasioni sociali ed encomiastiche. È in questi contesti che muove i primi passi il “giovane” Bellini supportato da insegnamenti e affetti famigliari.
Lo studio di queste composizioni, all’interno di un contesto musicale – come quello catanese – consente, dunque, all’autrice di ricomporre, con testi e inediti documenti, lo scenario e la prima formazione artistica di uno dei maggiori rappresentati operistici italiani consentendo nel contempo di poterne, finalmente, conoscerne con maggiore dovizia l’apprendistato musicale.