Callas: siamo seri !
di Gina Guandalini
L. Spence
Cast A Diva: The Hidden Life of Maria Callas
256 pagine
ASIN : B08ZH89NBC
The History Press, 2021
Chiunque ritenga Maria Callas un’artista di importanza fondamentale deve avere a cuore che della sua biografia si occupino storici di comprovata serietà e non gossippari. Per quanto sembri incredibile, molti dei troppi libri scritti intorno a lei hanno una ragione di essere insignificante o inesatta o addirittura demenziale. Eccone in nuce qualcuno,
Adoravo la mia figlia minore anche se era brutta e goffa. Al di fuori di ogni pettegolezzo una spiritosa sfilza di pettegolezzi. Non sapeva scegliere gli uomini, io invece… Era mia cugina e a Manhattan compagna di giochi. Perché non ha mai cantato Zandonai ?Ecco gli insulti e le oscenità inviati dai suoi detrattori, conservava solo quelli. Non avevo idea che avesse una love story con mio marito Pippo Di Stefano.Vi descrivo un suo rapporto sessuale con Pasolini.I numerosi amanti che ha avuto tra il ’44 e il ’59. Rivolgeva spesso preghiere a un mai esistito “Omerino”. Era una abilissima cuoca e pasticcera.
E la lista di volumi basati esclusivamente su formule commerciali o capricci personali potrebbe continuare. Alimentata purtroppo dalla totale indifferenza italiana per la biografia; ma quella seria, compilata da uno storico o da storici. Gli studi biografici solo in pochissimi casi – Dante, Garibaldi – attirano i nostri lettori.
Una studiosa dell’Irlanda del Nord, Lyndsy Spence, sta per pubblicare Cast A Diva: the Hidden Life of Maria Callas (gioco di parole tra l’aria belliniana e “crea una diva”). La casa editrice è la britannica History Press Ltd, distribuita nel mondo da Macmillan, che vanta un catalogo di soggetti storici grandi e piccolissimi, tutti affrontati approfonditamente da specialisti.
La Spence ha pubblicato finora biografie documentatissime di personaggi dell’alta società britannica, Mrs. Guinness (1910-2003), Margaret Campbell, Duchessa di Argyll (1912-1993) e Doris DelevigneViscontessa Castlerosse (1900-1942): per certi versi protofemministe e quindi scandalose. La Spence ha firmato anche una biografia dell’attrice cinematografica inglese Margaret Lockwood, autorizzata dagli eredi. E’fondatrice e curatrice di The Mitford Society, collana disaggi online dedicati alle sorelle Mitford, le sei figlie del barone di Redesdale che nel corso del Novecento condussero vite politicamente impegnate in varie direzioni.
Uno studio accurato si basa sulla consultazione di epistolari completi e di documenti ufficiali. E’dall’epoca delle memorie di Meneghini (1980-1981) che le lettere scritte e ricevute dalla Callas vengono selezionate, corrette, abbreviate, censurate, sanificate. Fino a questo Cast A Diva, carteggi fondamentali nel ricostruire la verità sulla Callas donna erano gravemente lacunosi, spesso visibili solo in frammenti nei lotti delle case d’asta su Internet. Per questa ricostruzione callasiana Lyndsy Spence ha avuto accesso - tra molte altre fonti - alla Stanford University, alla biblioteca pubblica di New York, all’associazione Callas di Kalamata in Grecia.
Nel libro fornisce, ad esempio, il nome delle persone a cui la famiglia Kalojeropoulos affittava stanze quando risiedeva a Manhattan negli anni Trenta. Ci dà l’esatta identità – con dati biografici e di carriera - di quella Nina Foresti che nel ’35 cantò una sintesi di “Un bel dì vedremo” nell’”Ora del dilettante del Maggiore Bowes”. Non era la Callas: aveva undici anni più di lei e una vaga somiglianza con, pensate un po’, la Sutherland! Da parte di chi non si rassegna a rinunciare alla leggenda anche su questo punto si vanno delineando ostilità, fronti di battaglia, trincee.
Tra le fonti esaminate dalla nostra studiosa c’è l’intera corrispondenza con il padrino Leonidas Lantzounis, circa 200 lettere dal 1937 al ‘77: le poche riportate da Arianna Stassinopoulos nel 1980 sono state replicate infinite volte nel flusso librario callasiano. Il fondamentale carteggio con la maestra e vicemadre Elvira de Hidalgo, con i genitori prima della rottura dei rapporti e con colleghi di Atene, in greco, è stato interamente tradotto dalla nostra studiosa; finora era apparso solo in parte nei libri di Renzo Allegri, Nicholas Petsalis-Diomidis, Bruno Tosi e Tom Volf (quest’ultimo pare sia in contrasto con la nostra studiosa). Ampia è la messe di telegrammi tra i coniugi Meneghini e i teatri di tutto il mondo, con particolare riguardo ai certificati medici.
Alle condizioni di salute della Callas la Spence dedica un’attenzione particolare, riportando ricette mediche e diete che gettano una luce preoccupante sulla fisicità della nostra artista. Le affermazioni contenute nel memoriale di Meneghini a proposito di una menopausa precoce nel 1957 con conseguente terapia ormonale prestano, secondo questa studiosa, il fianco al dubbio.
Cast a Diva mette in discussione in svariati ambiti la figura dell’industriale di Zevio. Che il matrimonio fosse diventato platonico fin dal 1951 era stato fino ad oggi un non confermato pettegolezzo di Camilla Cederna. Questo studio riporta la precisa affermazione fatta dalla Callas a un avvocato nella primavera ’59, insieme ad altre testimonianze della sua volontà di separarsi dal marito già da prima della crociera sul Christina.
Il giornalista americano Leo Lerman (1914-1954) fu intimo amico della Callas dal 1952 alla sua morte; in Italia non è conosciuto perchè non è mai stato tradotto. Tutte le sue carte sono ora alla Columbia University e la Spence le ha esaminate con attenzione; Maria gli scriveva cose spesso molto personali. Ci sono anche lettere di case cinematografiche che offrono sorprendentemente diversi ruoli alla Divina.
Tra la Callas e i coniugi Dario e Dorle Soria, i suoi discografici della EMI-Angel, intercorse ovviamente una fitta corrispondenza. La Spence scopre ciò che la Callas non seppe mai, che i Soria - che considerava amici fidati - collaborarono attivamente al maligno articolone in stile Dagospia che il settimanale Time pubblicò alla vigilia del debutto al Metropolitan: lo provano i messaggi di ringraziamento che la redazione inviò loro.
Dove questo studio è soprattutto perentorio - e si spera che metta la parola definitiva - è nel confutare quella implausibile leggenda metropolitana per cui la Callas avrebbe portato avanti una gravidenza rimanendo nella “sua” Milano, esigendo dal ginecologo un intervento cesareo all’ottavo mese per motivi estetici, con non imprevedibile morte del neonato dopo poche ore. La storia è un’invenzione di Vasso Devetzi, la pianista e segretaria della Callas negli anni ’70; e fu scoop di un libro sensazionale uscito nel 2000, Il suo autore, Nicholas Gage, è della “scuola di pensiero greca” nella pubblicistica callasiana: ossia di quei giornalisti greci di nazionalità, o di origini, o anche soltanto di nome, che vogliono dimostrare che Onassis amò sinceramente la Callas (magari, ammette qualcuno di loro,“a modo suo”); che fu l’unico uomo che la rese felice; che amava l’opera lirica; che al matrimonio con la vedova Kennedy fu costretto da complicati ricatti kennediani o internazionali; che mai avrebbe voluto lasciare Maria; che sarebbe morto fra le sue braccia.
La leggenda della tragica nascita del bambino nel 1960 è stata immediatamente “bevuta” da tutti i fans e anche da qualche critico serio. Quasi esclusivamente uomini. Significa non sapere che cosa era la situazione delle donne in Italia prima della riforma del diritto di famiglia: l’adulterio era scandalo devastante e poteva portare al carcere; i figli assumevano automaticamente il cognome del marito legittimo della madre. La Callas, anziché nascondersi su un’isola greca, o in Svizzera, o in un castello della Camargue, rimase a Milano - nei mesi in cui, lo scrive Zeffirelli, era “inseguita da tutti i fotografi del mondo” -, andò al cinema con Ghiringhelli, al ristorante con ’ex marito e i di lui avvocati (!), che null’altro aspettavano se non di poter averla in pugno per consentire a Meneghini di vendicarsi. Ci sono decine di foto. La storia sfida il senso comune e la più credula ingenuità. Mi è stato contestato che i casi di donne che portano a termine la gravidanza senza che nessuno se ne accorga non sono rari. Ora, è vero che negli Stati Uniti è stata fatta una serie televisiva su ragazze che scoprono di diventare madri solo quando cominciano le doglie: ma si tratta di giovani attrici chiaramente sovrappeso, che interpretano ragazze sprovvedute, spesso di derelitta condizione sociale.
Adesso Lyndsy Spence pubblica i risultati delle sue ricerche, che riguardano anche alcune interruzioni spontanee di gravidanza della Callas, quelle sì ben documentate con lettere finora inedite. E spiega che cosa era l’istituto di via Dezza, da dove viene il cognome Lengrini, dove si trovava veramente la Callas il 30 marzo 1960. Non a Milano.
Nuovi documenti gettano una luce sinistra sul ruolo di Onassis nella vita della Divina: non che non lo si sospettasse anche prima, ma la Spence certifica la spirale di crudeltà mentale, ossessione dietetica e abuso di farmaci che da subito caratterizzarono la storia con l’armatore.
Viene alla luce anche il “caso Mennin”. Peter Mennin (1923-1983, cognome originale Mennini) era direttore della prestigiosa Juilliard School di New York, dove la Callas, come è noto, diede una serie di master classes nel 1971 - ’72. Nadia Stancioff, segretaria e amica di Maria, nel suo libro del 1987 si limitò ad accennare a una “cotta” del preside per la docente e all’imbarazzo di Maria nel dover rispondere alle sue lettere. Lyndsy Spence riferisce, grazie a documenti degli eredi Mennin, una storia molto più contorta, con ciò che oggi definiamo molestie sessuali da parte di Mennin e reazioni complesse e perfino provocatorie da parte della Callas, culminate nell’invio di una sua foto in bikini.
Della corrispondenza 1972-1975 con Di Stefano la figlia Floria è giustamente gelosa, ma la Spence ha potuto pubblicare qualche brano. Una lettera della figlia del Dr. Mario Giacovazzo conferma in pieno all’autrice ciò che la Callas scriveva al padrino in quei mesi a proposito della propria salute
Né mancano scoperte “postume”, come l’orientamento politico di estremissima destra del marito e poi vedovo della sorella Jackie: è scioccante riflettere su quale impiego abbia infine avuto quella parte di patrimonio Callas che il cognato postumo ha ereditato.
Cast a Diva non è ancora stato tradotto in italiano, mentre sarebbe giusto che questi documenti fossero accessibili a tutti anche da noi. Se è vano attendere che Maria Callas venga studiata da - poniamo - un Alessandro Barbero, almeno molto materiale nuovo, importante e autorevole è stato reso pubblico da persona documentata e totalmente estranea al gossip.