Schönberg: oltre i confini del prevedibile
di Sergio Mora
Harvey Sachs, Schönberg, perché ne abbiamo bisogno
256 pagine
Il Saggiatore, Milano agosto 2024
ISBN 9788842834007
Arnold Schönberg è uno dei compositori maggiormente soggetti ai pregiudizi del pubblico e della critica.
La figura del musicista austriaco deve essere inquadrata all’interno di quel forte stato di crisi espressiva e identitaria che aveva investito l’Europa all’inizio del secolo scorso.
Il suo merito è stato quello di trasformare la dissoluzione della tonalità in una nuova estetica basata sulla convivenza costante con la dissonanza. La “dodecafonia” diventa il simbolo cogente di un doloroso stato d’instabilità storica e umana.
Ma in sostanza chi era Schönberg: un inventore, un mistico o un rivoluzionario?
Ricostruire l’iter biografico del musicista viennese permette di entrare in contatto con un pensiero d’incredibile lucidità, basato sul costante principio di conoscenza e verità.
Il concetto filosofico, quasi socratico, di ricerca è alla base di un “modus vivendi” alieno da compromessi: tutto questo in un mondo sul baratro di due guerre mondiali, sottoposto alle derive nazionalistiche di un momento di tragica follia.
Harvey Sachs, che abbiamo conosciuto come sagace studioso di Toscanini, illumina questo tratto oscuro della storia in cui si sviluppa l’eccentrica personalità di Schönberg.
Anche nel precedente studio sulla vita e l’arte del direttore parmense, Sachs aveva sottilmente coniugato l’elemento artistico con il terreno politico e sociale dell’epoca in cui il personaggio era vissuto.
Musica, storia e politica sono sempre al centro delle disamine saggistiche del musicologo americano.
Il pensiero musicale acquista una sua necessità ineluttabile soprattutto se diventa diramazione diretta di una vicissitudine in atto: la musica è parte della volontà di vivere e del male di vivere.
La vocazione di autodidatta di Schönberg è l’elemento scatenante di un senso dell’arte sempre sopra le righe, incline al contatto con i giovani per creare una nuova didattica basata sul rinnovamento e il senso critico.
Anche la presenza della pittura, di matrice espressionista, è un ulteriore indizio della voracità culturale del compositore viennese.
La movimentata vita familiare è a sua volta indice di una irrequietezza interiore impossibile da delimitare.
Anche i confini geografici della sua esistenza delineano una visione dell’essere in continuo fermento: Vienna e poi Berlino, per concludersi a Los Angeles.
Schönberg è stato fra i primi musicisti a pensare alla musica per il cinema, così come si è interessato alla radio come strumento di formazione critica e culturale.
Arte e storia non sono mai disgiunte nella corsa verso il progresso civile.
In questo modo le finalità artistiche ed umane di Schönberg si dimostrano meno incomprensibili.
Il suo mondo è meno lontano dal nostro di quanto possiamo pensare, perché affronta con coraggio l’enigma del cambiamento: questo “monstrum” astratto che ci paralizza.
Una maggiore presenza di Schönberg nella nostra cultura è oggi più che mai necessario.
Sergio Mora