Pensare Verdi
di Roberta Pedrotti
AA.VV
Festival Verdi Journal 2/2019
scritti di A. Giger, G. Tocchini, S.Hübner, M. Beghelli, E. Senici, E. D'Angelo, R. Parker, G. Staffieri, A. Roccatagliati
a cura di Alessandro Roccatagliati
101 pagine illustrate
Fondazione Teatro Regio di Parma
Le recensioni del Festival Verdi 2019
Parma, I due Foscari, 26/09/2019
Parma, Luisa Miller, 28/09/2019
Parma, concerto Abbado, 04/10/2019
L'opera lirica, di per sé, non può cristallizzarsi in un evento unica: troppe sono le variabili (cantanti, orchestre, direttori, registi, spazi, pubblico non ne sono che una parte) in gioco in ogni singola performance. E, per di più, dietro ogni singolo titolo c'è tutto un mondo che riguarda la genesi, la tradizione, la recezione, l'analisi e l'interpretazione del testo: una rete di relazioni e riferimenti storici, sociali, letterari, psicologici, iconografici, estetici e chi più ne ha, più ne metta. Lo spettatore può, natiralmente, fermarsi al livello che più gli aggrada e rivolgere la sua attenzione nella direzione che preferisce.
Per chi volesse dare uno sguardo oltre, o intorno, alla singolarità dello spettacolo, nel caso del Festival Verdi di Parma farebbe bene a non perdersi la lettura del FVJournal, la pubblicazione annuale della kermesse verdiana, ricca di stimolanti contributi musicologici che stimolano la riflessione sui titoli in scena. Oppure, come in questi giorni, tornare a sfogliarlo lontano dai teatri per ripensare a quando il teatro, e quello musicale più che mai, possa offrire al nostro spirito critico, alla nostra consapevolezza di esseri umani. Costretti a fermarci, riflettiamo a quella straordinaria forma di vita che è quella simulata e sublimata in arte su un palco.
I titoli del Festival Verdi 2019 sono stati I due Foscari, Aida, Luisa Miller e Nabucco. Su questi si concentra la pubblicazione, che ha come filo conduttore le illustrazioni di Pierpaolo Gaballo.
Dei Foscari, Andreas Giger analizza la genesi concentrandosi, sì, sulle fonti letterarie - e quindi le storie della Serenissima e i drammi a essa ispirati e in particolare, ma non solo The two Foscari di Byron con le sue traduzion e rielaborazioni italiane - ma anche se non soprattutto sull'influenza iconografica di Hayez. Il quadro, è il caso di dirlo, è completato dal saggio di Gerardo Tocchini sull'interpretazione risorgimentale della storia di Venezia, sulle diverse versioni delle vicende storiche di Francesco e Jacopo Foscari alla luce di diverse tendenze politiche.
Steven Hübner ricostruisce con dovizia di dettagli significativi anche per la comprensione piena dell'opera, la genesi di Aida inserita nel panorama socio-politico e nel sistema teatrale del tempo, tracciando un quadro affascinante problematico, non privo di contraddizioni, con un suggestivo parallelismo fra Radames - guerriero trionfante che troppo tardi scoprirà di essere solo una pedina in meccanismi di potere troppo grandi - e Isma'il Pacha - il Magnifico, committente dell'opera e smanioso di accreditarsi fra i protagonisti della cultura europea, finito in bancarotta a ipotecare alle potenze straniere le risorse e il governo stesso dell'Egitto la cui potenza Aida avrebbe dovuto glorificare. Marco Beghelli, dal canto suo, concentra l'attenzione sulle voci, sulla tipizzazione delle loro caratteristiche che segna il tramonto della creazione "ad personam", offrendo interessanti e gustosi ritratti delle caratteristiche dei primi interpreti - voluti da Verdi o accettati più o meno di buon grado a seconda delle contingenze - dei debutti al Cairo e alla Scala.
Emanuele D'Angelo affronta il tema del rapporto fra Kabale und Liebe di Schiller e il libretto di Luisa Miller mettendo in giusta luce i tratti di autonomia e originalità, nonché i valori non scontati del lavoro di Cammarano. Un valore e un'autonomia che anche Emanuele Senici mette bene in evidenza, sviluppando il tema a lui caro del topos delle "vergini alpine" (Amina della Sonnambula e Linda di Chamounix, per esempio) in rapporto alla piega tragica che Verdi e Cammarano gli conferiscono in Luisa Miller: si analizzano nel dettaglio forme poetiche e musicali per delineare la portata rivoluzionaria, etica e politica, di questa trasformazione del genere semiserio in dramma.
Al di là del mito di "Va' pensiero", Roger Parker scandaglia gli elementi stanziali di novità nelle forme e nel trattamento delle voci e delle melodie che hanno fatto percepire Nabucco come una travolgente novità. Gloria Staffieri osserva la questione da un'altra prospettiva e mette Nabucco in relazione con il grand opèra che stava arrivando - seppur tradotto e adattato - in Italia soprattutto con i titoli parigini di Rossini e il Robert le diable di Meyerbeer.
Le pagine del Festival Verdi Journal sono attraversate da un altro testo parallelo che si dipana attraverso una serie di schede d'accompagnamento a immagini di bozzetti storici e allestimenti recenti delle opere analizzate. Le firma Alessandro Roccatagliati, argomentando con intelligenza, idee chiare e senza preconcetti, lasciando ben distinguere le opinioni dai fatti, i documenti dalla propria interpretazione. Se, per riferimenti a spettacoli recenti, la lettura può appugliarsi all'esperienza diretta (personalmente ho trovato straniante accostare una citazione di Leo Nucci sull'opportunità di concentrarsi sull'effettiva sostanza del testo senza perdersi in sovrastrutture concettose - cosa di per sé anche condivisibile - al debole risultato effettivo della Luisa Miller allestita dal baritono in veste di regista, recensita dall'Ape musicale), tuttavia avremmo preferito il piccolo incomodo di note che ci informassero delle fonti e degli autori delle recensioni citate, per meglio contestualizzarle (per esempio per l'accoglienza di Aida firmata da Micheli a Macerata, dalla Fura dels Baus all'Arena e da Vick a Bregenz, o per il recente Nabucco veronese di Arnaud Bernard). Ciò, naturalmente, non toglie l'interesse del confronto con la lettura che un insigne studioso di librettistica e drammaturgia musicale come Roccatagliati, curatore dell'intera pubblicazione, fa di alcuni allestimenti recenti, anzi: invoglia ad approfondire per riflettere ancor più nel merito.
Il FVJournal è parte integrante, completamento e approfondimento della parte spettacolare, più appariscente ed effimera del Festival Verdi. Una parte preziosa. Nei giorni del Festival, nei giorni del teatro fisicamente vissuto, è senz'altro un acquisto consigliato, che resta e ci mantiene vicini a quel teatro attivo, fisicamente vissuto anche nella lontananza e nella stasi.
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