La Belle époque del flauto
di Roberta Pedrotti
Chant dans la nuit
musiche di Seitz, L. Boulanger, Fontbonne, Gaubert, Chrétien, Masson, Lalo, Leroux, Moret, Coedès-Mongin, Lefort, Guilmant, Taffanel
Filippo Mazzoli, flauto
Nathalie Dang, pianoforte
registrazione effettuata ad Ascoli Piceno nel settembre 2019
CD Dynamic, CDS7862, 2020
Flauto e musica francese fra Otto e Novecento: il pensiero corre subito all'assolo nel Prélude à l'après-midi d'un Faune di Debussy e, seppure a Belle époque tramontata da una buona decina d'anni, alla prima enunciazione del tema del Bolero di Ravel. Fra le due punte dell'iceberg ferve tutto un repertorio che attraversa le diverse anime artistiche parigine e trova nello strumento a fiato una voce ideale. Come l'arpa di Apollo, il flauto di Marsia e dei cortei dionisiaci (poco importa se, in realtà, l'aulos greco fosse più simile a un'oboe nell'immaginario moderno) risponde alle istanze parnassiane di un'arte per l'arte di classica purezza, ma traccia anche volute amiche dell'esotismo sensuale che tanto stuzzica la Francia colonialista. E ammicca alle leggerezze del café chantant, prosegue la tradizione delle fantasie operistiche o della romanza senza parole nello spirito poetico della mélodie salottiera e intellettuale.
Questa raccolta dedicata al flauto nella Francia della Belle époque si addentra nel mondo delle società musicali d'impronta più ufficiale, accademica e conservatrice, o più indipendente e sperimentatrice, in cui anche le donne trovano maggior spazio. I nomi dei compositori che sfilano non sono i più frequentati nei programmi da concerto, con parziale eccezione per Édouard Lalo e Lili Boulanger, la geniale sorella, prematuramente scomparsa, di Nadia, oppure di due capisaldi della storia del flauto come Paul Taffanel e Philippe Gaulbert. Addirittura, i brani di Louis Masson, Léon Fontbonne, André Coedès-Mongin, Augustin Lefort e Alexandre Guilmant, oltre a due di Lalo, sono in prima incisione assoluta. Il panorama che si profila descrive così un milieu artistico parzialmente oscurato da una manciata di nomi (con Debussy e Ravel, Fauré, Chausson, Hahn e pochi altri); un milieu immediatamente riconoscibile, ma anche composito fra diverse tendenze e personalità, come la spensieratezza dell'Europa prima del baratro in cui serpeggiano rassicuranti tradizioni, aspirazioni a un'arte sublimata, inquietudini presaghe e curiosità, ancora velate e trattenute ma presenti, verso nuovi orizzonti.
Filippo Mazzoli, autore anche delle note di copertina, attraversa questo panorama con una rotondità e un calore di suono che subito evocano l'ideale di purezza classica e l'esotismo cullante e onirico vagheggiati dalle anime poetiche del tempo, con un'agilità fluida e lieve come le linee dell'art nouveau. Al di là della pur evidente virtù tecnica, infatti, s'impone la sensibilità poetica con cui il flautista romagnolo la indirizza nello spirito, o negli spiriti, del tempo, cogliendo di volta in volta le ombre o le luci, la vitalità o il ripiegamento meditativo da portare in primo piano senza che venga a mancare la coesione, la consapevolezza di un contesto ostentatamente disimpegnato ma assai complesso. Nondimeno Nathalie Dang dimostra un gusto ben affinato per pesi e colori sia quando la parte pianistica si pone come discreto sostegno armonico, sia quando alza la testa duettando con il flauto in affabile sintonia.