L'anima di un popolo, l'anima di ogni uomo
di Andrea R. G. Pedrotti
Paul Ben-Haim
Chamber Works
ARC Ensemble
CD Chandos CHAN 10769, 2013
Recentemente abbiamo affrontato la recensione del disco, composto in memoria della Shoah, Holocaust Requiem (leggi la recensione), mentre oggi ci accingiamo a descrivere un CD che non narra più il doloroso ricordo di pene vissute, ma un disco che racconta la nostalgia di un uomo, che potrebbe essere molti altri, fuggito dalla sua terra per tutelare la propria dignità. A raccontarci tutto questo è Paul Frankenburger, compositore nato a Monaco di Baviera il 5 luglio 1897. Nel 1933, a causa della salita al potere di Adolf Hitler, lasciò la Germania e salì in Israele. Una volta giunto in Palestina mutò il suo nome in quello che lo rese celebre, ossia Paul Ben-Haim; diventò cittadino del Paese medio-orientale, dove morì, precisamente a Tel Aviv, il 14 gennaio 1984. La sua è la storia di un esilio, di una fuga, di una dolorosa rimembranza, lo struggimento di genti troppo spesso costretto ad abbandonare le proprie certezze, i propri affetti, vittima di un'ostentata ostilità che non ha fatto altro che temprarne il carattere. Un'ostilità, dicevamo, insensata poiché dettata dall'abisso dell'ignoranza a cui l'uomo si è troppo spesso abbandonato. La forza d'un ricordo e la condanna dell'abitudine all'esilio sono state per anni la forza del popolo ebraico. Nella bella giornata dello scorso 6 settembre (Ponti e attraversaMenti, leggi il servizio) abbiamo avuto un saggio, a Verona, città che fu sede, dopo l'occupazione tedesca del 1943, del governo provvisorio.
Ma passiamo nel dettaglio al bel CD dedicato a Paul Ben-Haim. Quando parliamo di questo compositore ci troviamo davanti a uno dei più celebri maestri d'Israele e la sua scrittura musicale, che per molti versi può rammentare la cameristica più classica, è intrisa di sonorità tipicamente medio-orientali, ben riscontrabili già dal primo brano: il Quartetto per pianoforte op. 4 in do minore. Il racconto è affidato alla voce degli archi con un gran senso di mistero e rimpianto doloroso contenuto nell'ampiezza delle cinque righe. Per far intendere il tipo di musicalità che ascoltiamo in questo CD non riteniamo utile appellarci a Ernst Bloch, che può apparire compositore meno noto al grande pubblico, mentre preferiamo far appello alla cinematografia. Molti ricorderanno il celeberrimo film di Steven Spielberg Schindler's List. John Williams (tra l'altro premiato con l'Oscar per la composizione) scrisse una musica che molto si accostava alle tipiche sonorità ebraiche, forse con un fondo più di scoramento che non pienamente misterico. Anche lì era un arco (nel caso un violino) a raccontare le sofferenze di Israele, con un suono (questo nel senso generale della musica ebraica) capace di veicolare un messaggio senza un testo specifico codificato dalle parole perché si tratta della narrazione proveniente direttamente dall'anima unitaria di una moltitudine e la parola darebbe un senso di singolarità, escludendo la pluralità di questa. La singolarità è Israele e la sua gente la pluralità, ma i due valori numerali hanno valenza di addendi e sono, quindi, intercambiabili, senza che venga meno in risultato.
La parola viene da un uomo solo, mentre la nostalgia contenuta nelle note di Paul Ben-Haim è espressione di Israele stesso, non a caso l'alternativa del nome di Giacobbe: un solo uomo padre di dodici figli i cui nomi avrebbero indicato le dodici tribù, ancora una volta, di Israele. In poche righe abbiamo ripetuto più volte la parola “nome” e la parola “Israele”, poiché è l'essenza (l'origine, il nome) a generare l'apparenza (il risultato tangibile) e queste non differiscono se non nell'espressione sintagmatica. Uccidere un uomo, nel corpo o nell'anima, significa uccidere tutti gli altri, ma la salvezza di uno di questi consente che il seme del nome iniziale non vada perso. Il “seme” non è altro che un “simbolo” o un “segno”, o, più scientificamente, un “universale significante”. Il ricordo dell'anima, spesso doloroso, è la forza per andare avanti con maggior vigore di prima. I “segni” compongono i sogni, concatenandosi a seconda dello stato d'animo della nostra interiorità, sino a formare l'universo dell'anima, o, almeno, le ombre di questa a partire dalle nostre rimembranze più recondite. Il segno è il racconto del solista, ma il CD non si limita a questo, offrendo anche un altro contrasto dell'anima, tipico della musica ebraica, e questo ci obbliga a un ulteriore esempio: in molti avranno ascoltato il celeberrimo canto Gam Gam, che veniva fatto intonare dagli adulti ai bambini ebrei deportati. Sembra una musica vispa e allegra: in realtà il testo di questa composizione, dalla scrittura quasi spensierata, è una parte del Salmo 23, che rappresenta un'incitazione ad avere forza anche innanzi alla morte. Infatti così recita: “Anche se dovessi andare nella valle dell'ombra della morte, non temerò alcun male, perché Tu sei con me e la Tua verga e il Tuo bastone mi danno conforto". Spensierata tristezza nell'andare incontro alla morte o nell'esilio di un'anima, a causa di chi ha dimostrato di non aver mai avuto concezione di che cosa fosse realmente l'anima.
Due significati contrapposti e antitetici nel campo del significato, ma necessari nella loro sovrapposizione per trasmettere un sentimento, il sentimento della dignità mai perduta.
Molti temi delle musiche di Paul Ben-Haim sono figurazioni dell'animo umano nella sua componente più recondita, con le alternanze d'umore sempre vibranti, fra l'elegia, l'angoscia, la solennità e la quiete. È bello leggere come vengono indicati i movimenti (saggiamente suddivisi in più tracce), per esempio in Canzonetta, con l'evocativo “andante affettuoso”, o l'”allegro grazioso”. Nell'Improvvisazione e Danza, Op. 30. è autentico fermento dell'anima il “presto con fuoco” dello stesso brano.
È, tuttavia, il Quintetto op. 31a il brano che ha maggiormente catturato la nostra attenzione, poiché esso presenta uno schema ricco di variazioni nel ritmo e nei significati, all'interno dello stesso tema. La terza parte del brano, interamente dedicato a Alberto Hemsi, è titolata “Tema con variazioni” e va dal “moderato”, “tranquillo”, “sostenuto”, “dolce”, “molto grazioso”, arrivando alla Variazione IV “Allegretto, poco a poco accelerando - Allegro - Più allegro - Con fuoco -”. Se si presta attenzione, la struttura ricorda quella del più famoso Can Can di Jacques Hoffenbach, e si chiude con l'evocativo nome assegnato al tempo della Variazione V, ossia “Adagio assai e misterioso”.
Come riportato dalle belle note al disco, curate da Simon Wynberg, il Capriccio del Quintetto che chiude il CD altro non è se non una citazione d'un canto tradizionale: Elohei Tzidki (Dio di mia giustizia), come confermato da una citazione del biografo di Paul Ben-Haim, ossia Jehoash Hirshberg.
Vale la pena di ricordare tutti i componenti dell'ARC Ensamble, esecutori dei varii brani: Joaquin Valdepeňas (clarinetto), Marie Bérard (violino), Benjamin Bowman (violino), Erika Raum (violino), Steven Dann (viola), Bryan Epperson (violoncello), David Louie (pianoforte) e Dianne Werner (pianoforte).
Consigliamo sicuramente l'acquisto del CD per la ricchezza di significati in esso contenuti, oltre alla qualità del prodotto.