Cellini ritrovato
di Roberta Pedrotti
C. Saint-Saëns
Ascanio
Lapointe, Richter, Hubeaux, Gauvin, Tilquin
Guillaume Tournaire, direttore
Choeur et orchestre de la Haute école de Musique de Genève- Choeur Grand Théâtre de Genève
Registrato a Ginevra il 24 e il 26 novembre 2017
3 CD B Records, LBM 013, 2019
In un'epoca in cui la musica registrata torna sempre più spesso a farsi immateriale, libera da supporti fisici, l'oggetto discografico assume un valore nuovo, diverso: si giustifica non più solo nella testimonianza sonora, ma nel progetto e nei contenuti, come testi e iconografia, che accompagnano l'ascolto. Quale occasione migliore, dunque, di una prima esecuzione assoluta che viene da centotrent'anni fa? A cavallo del 1880, infatti, si colloca la travagliata vicenda di Ascanio di Camille Saint-Saëns (nulla a che vedere, nonostante i due protagonisti maschili in comune e inevitabili scene dedicate all'arte dell'orafo fiorentino, con il Benvenuto Cellini di Berlioz), composto in un periodo di depressione che portò il compositore a lungo lontano da Parigi e di conseguenza impossibilitato a seguire personalmente la preparazione del debutto. Nonostante avesse lasciato precise disposizioni, l'opera fu tagliata e rimaneggiata (coinvolto nella questione, il solito Ernest Guiraud, noto suo malgrado più per gli interventi su opere altrui - Carmen, Les contes d'Hoffmann... - che per la sua vena originale), con un terzetto fondamentale soppresso e la parte contraltile - cui, Dalila docet,Saint-Saëns teneva particolarmente - trasposta per soprano. Ne seguì, a sopraggiungere dell'autore, un braccio di ferro ma l'esito non fu favorevole a Saint-Saëns e l'Ascanio così come l'aveva concepito, nella sua completezza, rimase su travagliate carte, mute fino al novembre 2017, quando a Ginevra un'esecuzione in forma di concerto non permise di ascoltarlo per la prima volta.
Il corposo quanto tardivo grand-opéra - quattro atti per sette quadri nella versione originale - cala in una sfarzosa cornice storica cui nulla manca, fra danze, scene spettacolari e partecipazioni non meramente decorative di teste coronate del calibro di Francesco I e Carlo V, un doppio triangolo amoroso fra cinque personaggi. Benvenuto Cellini (baritono) e il suo allievo Ascanio (tenore) amano entrambi la giovane Colombe (soprano), ma poiché questa predilige il ragazzo il maestro si fa cavallerescamente da parte. La Duchesse d'Éstampes (soprano) e la sua sorellastra Scozzone (contralto) sono invaghite rispettivamente dell'apprendista e dell'orefice e quindi entrambe gelose di Colombe, ma mentre la prima escogita un piano diabolico per far morire soffocata la rivale imprigionandola in un reliquiario, la seconda generosamente si sacrifica sostituendosi alla vittima predestinata. Così, il lieto fine con il coronamento dell'amore della giovane coppia è funestato dalla scoperta del cadavere di Scozzone, eroina sensuale e passionale per la quale Saint-Saens aveva previsto il prediletto registro grave femminile, resole qui da un'ottima Ève-Maud Hubeaux.
Lo stretto intreccio di torbida passione, delirio omicida, nobiltà di sentimenti, fresco amore giovanile, a metà fra l'idillio e il grand-guignol trova proprio nel quadro storico un importante tratto di continuità, ché Saint-Saëns, sempre attento alla tinta musicale delle sue ambientazioni, non ne fa un semplice addobbo teatrale: l'ispirazione al Rinascimento francese e a sonorità cortigiane, con richiami storicamente espliciti e qualche fantasia non necessariamente filologica ma suggestiva, connota la partitura in modo tale da conferirle una precisa personalità. Non è un mistero che Saint-Saëns guardi a Wagner, ma non è un emulo esteriore di cromatismi, soluzioni armoniche, turgori strumentali; è un attento osservatore della costruzione del dramma ripensando la forma in maniera fluida, sviluppando un sistema di Leitmotive. Il grand-opéra che aveva ispirato Wagner - l'influenza di Meyerbeer non può essere negata ed è anche fra le radici dell'astio virulento del tedesco che faticava a riconoscere modelli - accoglie le suggestioni wagneriane fra i frutti estremi della sua parabola e lo fa senza rinnegare il suo carattere specifico. Come Wagner costruisce man mano la sua drammaturgia su un idiomatismo tedesco, quel che Saint-Saëns assorbe di Wagner si declina nella prosodia francese, in un senso dell'articolazione e della melodia tutto parigino. Prende ispirazione dai principi, rielaborandoli nella propria sensibilità e tradizione, e non imita passivamente i risultati. La grazia aristocratica dell'ambiente, che permea l'intera partitura, fa il resto.
Guillaume Tournaire, deus ex machina della riscoperta, dirige Ascanio con infinito amore e devota attenzione al lavoro di cesello - è proprio il caso di dirlo - di Saint-Saëns sulla travagliata partitura. Gli risponde il suono preciso e levigato dei complessi della Haute école de Musique de Genève cui si aggiunge il coro del Grand Théâtre de Genève. Bernard Richter offre il debito involo lirico, emissione salda duttile e luminosa al ruolo eponimo, cui risponde lo stile impeccabile e il timbro virile di Jean-François Lapointe nella magnanimità del Cellini. Le figure femminili si differenziano adeguatamente senza eccedere dalla giusta misura, senza scordare di essere dame, titolate o meno, che si muovono intorno a una corte rinascimentale. Con la citata Hubeaux, abbiamo Karina Gauvin, Duchesse tagliente ma mai scomposta, e Clémence Tilquin, angelica Colombe. Perfettamente a fuoco anche tutto il resto del cast.
Il progetto, dunque, è dei più interessanti, il contenuto sonoro consistente: a completare la concretezza del cofanetto, in forma di libro, troviamo, con le biografie le immagini di prove e concerto e il testo dell'opera, ottimi saggi in italiano e inglese, fra cui spicca un dettagliato articolo di Charles Gounod, che analizza l'opera quadro per quadro. Un documento prezioso per il quale, una volta in più, val la pena di prendere in mano l'oggetto discografico, non solo di ascoltare l'inafferrabile suono digitale.