L'arbitrio di Satana
di Giuliana dal Piaz
Una stimolante traduzione teatrale del capolavoro di Milton in prima mondiale per lo Stratford Festival pone la figura di Satana, reinterpretata al femminile, al centro di una riflessione sul libero arbitrio e la crudeltà di un'esistenza che esige capri espiatori.
Stratford, 28 agosto 2018 - Immersa in una nebbia leggera, una piramide di camicie e tuniche bianche, ammonticchiate su analoghi stracci sempre più scuri fino a essere totalmente neri alla base: è la scena che accoglie il pubblico nello Studio Theatre di Stratford, per lo spettacolo Paradise Lost, presentato in prima mondiale. Una musica bassa e cupa, vagamente minacciosa, accompagna l’ingresso degli spettatori, mentre si arrampicano sulle rampe ripide per occupare i proprî posti, finché le luci di sala si spengono. Pochi secondi di un buio e silenzio assoluti, poi un riflettore illumina al centro della scena una botola da cui emerge Satana.
Milton, il protestante, repubblicano Milton, che considerava la donna subordinata all’uomo e naturalmente destinata a un ruolo di genere nella società inglese del secolo XVII, sarebbe certo sconcertato e sorpreso nel vedere l’antagonista della sua opera magna nei panni di una bella donna dagli aderenti indumenti e stivali neri sotto uno spolverino bianco... Dico “antagonista” in quanto, nelle parole dell’autore, il protagonista è Dio, di cui intende “to justify the ways of God to men”, giustificare l’operato agli uomini. Ma qui sta una delle straordinarie idee del copione teatrale di Erin Shield, che adatta e compendia, per lo Stratford Festival 2018, la monumentale opera del poeta inglese, pubblicata nel 1667 in dodici volumi, per più di diecimila versi.
Scrive il Direttore del Festival, Antoni Cimolino: “In quest’adattamento commissionato dal Festival, Shields capovolge il Cielo e l’Inferno in un arguto, moderno, femminista riepilogo del poema epico di Milton che tratta della prima battaglia tra il Bene e il Male. Il XVII secolo e l’oggi si intrecciano tra loro senza soluzione di continuità mentre Satana riversa sul pubblico la sua frustrazione per essere stata espulsa dal Cielo, e le sue considerazioni sull’oppressione. Quando scopre che Dio ha creato delle nuove delicate creature chiamate “esseri umani,” elabora un piano di vendetta e tradimento contro l’Onnipotente. Il dibattito su giusto e sbagliato non è mai apparso così soddisfacente. [...] Cosa sarebbe una Stagione incentrata sul Libero Arbitrio senza un’esplorazione della decisione di Adamo ed Eva di mangiare la male proibita?. Questo copione è brillante: un adattamento sfacciato, irriverente e fortemente impegnato del grande poema epico, da parte di una delle più promettenti drammaturghe del Paese. I personaggi in scena sono Dio, suo Figlio, gli arcangeli, Adamo ed Eva, Satana e un gruppo di diavoli – e lo spettacolo include, all’interno della recita, la rappresentazione di uno strano coro celeste, che vuole . [Il testo] è profondo e induce alla riflessione, assolutamente affascinante”.
Lo spirito del dramma è anche piuttosto distante dalle dichiarate intenzioni di Milton: la conclusione di Satana, infatti, quando Dio le conferma di aver tutto previsto e di aver conosciuto le conseguenze di tutto fin da prima della ribellione luciferina, è di essere stata usata e manipolata per soddisfare il supremo egoismo di dominio del Creatore, nel quale non esistono né amore né compassione verso le proprie creazioni, umane o no. Esiste, quindi, il Libero arbitrio? O, com’è stato detto di Giuda Iscariota, nel grande dramma umano qualcuno deve assumersi il ruolo maledetto perché i superiori disegni si compiano? In tal caso, la “colpa” è davvero tale?
Senza alterare nelle citazioni il testo originale di Milton, ma aggiungendo qua e là dei sapidi riferimenti a quanto sta accadendo oggi nel mondo, è Satana e non l’Onnipotente burattinaio ad ergersi a protagonista della lotta tra il Bene e il Male, in quanto capro espiatorio designato di una guerra in cui la vittima è l’intero creato.
Erin Shields – egregiamente coadiuvata dalla bravissima Lucy Peacock che instaura a tratti un rapporto diretto col pubblico, abbattendo sapientemente la quarta parete per poi ricostruirla subito – mette in luce la complessità del carattere di Satana, che definisce “attiva ma anche contemplativa; egoista, ma assetata d’amore; facile immedesimarsi in lei, che, però, è anche piena di malvagità incomprensibile. In una parola, Satana è un personaggio protagonista complicato e irresistibile, ed io volevo esplorarlo da una prospettiva più vicina a me stessa. Nel far ció, non ho cercato di ridurre la grande storia di Milton ad una parabola femminista contemporanea. Ho piuttosto voluto impersonare il conflitto centrale dell’opera in un corpo femminile per mettere in discussione gli archetipi che ci sono stati trasmessi. [...] E poi, è così divertente fare i cattivi! Dare tale opportunità a un’attrice straordinaria mi ha riempito di perfida gioia”.
Un altro elemento interessante del testo è il trattamento del rapporto tra Adamo ed Eva: a differenza di quanto descritto nel poema di Milton, nel quale il ruolo di genere esiste fin dal momento della creazione, in questa produzione esso nasce soltanto dopo e in virtù della cacciata dal Paradiso terrestre. Prima della disobbedienza, mentre esplorano e cercano di comprendere il mondo che li circonda, essi parlano di se stessi in terza persona. Solo dopo aver provato la mela proibita, compaiono nei loro discorsi l’IO e il TU: è il peccato che li porta alla scoperta dell’identità/individualità.
La scena minimalista è comunque di grande effetto grazie a una scala illuminata che campeggia quasi al centro del palcoscenico, e che cambia colore a seconda che voglia rappresentare l’ascesa verso il Cielo o la discesa verso il peccato e l’Inferno.
Lucy Peacock – Satana mattatore – è affascinante, divertente, orgogliosa, jattante nei confronti di Dio, e soprattutto piena di una rabbia che il pubblico capisce, spesso condivide e accetta. Gli altri personaggi sono ben definiti da un gruppo di bravi attori guidati da una regista di spessore qual’è Jackie Maxwell. Juan Chioran (Dio padre) appare ambiguo, disincantato e distante come l’autrice dell’adattamento lo immagina, certo non come Milton lo avrebbe voluto. Convincente il mite Gordon S. Miller nel ruolo di Dio figlio (da buon protestante, Milton non contempla l’esistenza dello Spirito Santo e della Trinità). Adeguatamente sprovveduto l’Adamo di Qasim Khan, dinanzi alla curiosità e alla voglia di espansione di Eva (Amelia Sargisson). Tra i caratteri minori, si è fatta notare Sarah Dodd, nel ruolo del Peccato, posto a guardia dell’Inferno assieme alla Morte (Devin MacKinnon).
Sono sicura che molti spettatori di questo Paradise Lost non hanno raggiunto le mie stesse conclusioni sul libero arbitrio e sul ruolo della divinità, dal momento che il mondo nordamericano è imbevuto di rispetto almeno esteriore per la Bibbia e i suoi contenuti. Il pubblico esce dal teatro comunque molto soddisfatto dallo spettacolo di gran qualità a cui ha assistito, e già è tanto. Le riflessioni possono arrivare dopo.
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Foto di scena di Cylla von Tiedemann
PARADISE LOST di John Milton. Stratford Festival 2018. Studio Theatre, 17 agosto-21 ottobre.
Adattamento teatrale di Erin Shields. Regia: Jackie Maxwell. Luci: Bonnie Beecher. Musica: Thomas Ryder Payne. Suono: Deanna Haewon Chol. Drammaturgia: Bob White. Maestro di scherma: John Stead. Direzione movimenti: Valerie Moore.
Personaggi e interpreti:
Satana – Lucy Peacock
Dio padre – Juan Chioran
Dio figlio – Gordon S. Miller
Adamo – Qasim Khan
Eva – Amelia Sargisson
Mammona/Uriel – Beryl Bain
Peccato/Sefon – Sarah Dodd
Belzebú/Gabriele – Jessica B. Hill
Moloch/Michele – Kevin Kruchkwich
Morte/Ituriel – Devin MacKinnon
Astoret/Urania – Andrea Rankin
Belial/Raffaele – Michael Spencer-Davis