Un lago di candele
MILANO, 8 novembre 2024 - Ecco, sulla traccia di un uso antico, un ‘pastiche’, ovvero una serata composta in larga parte da brani tratti dal Lago di Čajkovskij, che rimane il motivo conduttore, con l’aggiunta di altre variazioni da differenti balletti e naturalmente da diverse partiture. Il merito dello spettacolo è da ritrovare principalmente nella presenza della musica dal vivo: molto meglio una riduzione con un quartetto d’archi come in questo “concerto danzante”, piuttosto che un balletto a serata intera su musica registrata (come spesso accade), almeno per quanto riguarda il repertorio classico accademico. La fusione nelle arti sceniche è risultata la protagonista, perché a parte l’equilibrio raggiunto tra danza, musica e divulgazione storica (il primo violino ha introdotto i brani con una spiegazione del libretto), la suggestione è stata completata da centinaia di candele sparse per tutto il palco. Le coreografie vengono illuminate unicamente dalla tremolante fiamma così da restituire il lirismo delle melodie e il disegno ritmico dei movimenti sotto “nuova luce”. L’incanto estetico e il colpo d’occhio risultano innegabili.
Candlelight con i musicisti del Quartetto d’archi Testori e i due danzatori Martina di Riccio e Gianpaolo De Francesco in vari cambi di costume hanno aperto la serata con la variazione di Odette, seguite da quella del Principe Siegfried, dalla musica del pas de quatre (comunemente chiamata “danza dei cignetti”), dal pas de deux del Cigno Bianco, dalle sonorità del Valzer per giungere alla prima divagazione con La morte del Cignodal Carnevale degli animalidi Camille Saint-Saëns (celebratoassolo di Michel Fokine per Anna Pavlova), per spaziare poi dalla Danza della Fata Confetto alla Danza araba entrambe tratte dal divertissement dello Schiaccianoci sempre creato dalla triade Čajkovskij-Petipa-Ivanov, ritornando poi al Lago dei Cigni con la Danza napoletana e la Danza spagnola e la sola esecuzione musicale della Mazurka dalla Danza Polacca, per concludere con l’Entrée e l’Adagio del Cigno nero (Odile) con i fouetté eseguiti innaturalmente di lato (per via delle candele) e in numero di otto contro gli abituali trentadue.
Si tratta di uno spettacolo sicuramente di stampo nazional-popolare, consigliato a un pubblico che desidera avvicinarsi ai capolavori storici dell’arte ballettistica sia per la ridotta durata (65 minuti senza intervallo) sia per i brani musicali scelti (tra i più popolari, uditi spesso in altre occasioni). Meno consigliato a chi di danza se ne intende davvero. Comunque, un plauso va indirizzato senz’altro ai quattro musicisti (Caterina Coco, Maria Pia Prete, Francesco Tanzi, Giulia Sandoli), all’organizzazione di Fever Hub per l'eleganza dell'allestimento dello storico palcoscenico milanese i cui eventi spaziano a 360 gradi, ai due giovani danzatori che, seppur con qualche incertezza, hanno catturato il numeroso e variegato pubblico presente in sala.
Da un lato si è vissuto un ritorno al passato con l’illuminazione concentrata sulla ribalta e soprattutto dall’uso delle candele che avevano costituito l’unica forma di luce in tutti i teatri sino alla fine del XVIII secolo prima dell’avvento del gas e in seguito dell’elettricità. Dall’altro si è vissuto un esasperato presente con la platea illuminata dai cellulari e dai flash a fotografare e riprendere parte dello spettacolo, tanto da far annunciare dal primo violino all'inizio del bis (un “fuori tema” tratto dal film I pirati dei Caraibi) il “momento social” così da lasciar scatenare il pubblico.
Uscendo dal teatro ai più romantici rimane impresso lo scintillio della marea di candele nella consapevolezza di quanto l’arte sia un viaggio da intraprendere sempre e comunque.