Il coraggio di Tosca
di Federica Fanizza
Con ostinazione e caparbietà un gruppo di giovani musicisti allestisce Tosca al Teatro Zandonai di Rovereto, ed è un successo.
ROVERETO (TN), 23 aprile 2016 - L’allestimento di Tosca di Giacomo Puccini è il terzo progetto di allestimento lirico - dopo Attila di Giuseppe Verdi nel 2014 (nell’auditorium del Museo d’arte moderna MART) e Il barbiere di Siviglia di Gioacchino Rossini nel 2015 al teatro Zandonai, appena riaperto dopo il lungo e travagliato restauro - che il gruppo di giovani musicisti di Rovereto che animano l’Associazione Culturale Euritmus tramite il Progetto Opera ha voluto proporre al Teatro Zandonai di Rovereto nella serata di sabato 23 aprile 2016, con replica il giorno successivo.
Queste giovani menti, ostinate e caparbie, hanno l’ambizione di riportare in questa città e nel teatro l’opera lirica di repertorio, in un contesto cittadino che ritiene la musica lirica un “corpo estraneo” rispetto alle radici della città che ha dato i natali a Riccardo Zandonai, e dove dagli anni '30 ai '50 si sono tenute rappresentazioni liriche in collaborazione con l’Opera di Roma, presenti in cartellone artisti del grande circuito nazionale, richiamati proprio dal nome del compositore roveretano.
Discussioni e polemiche sull’opportunità di un'attività operistica hanno influito sullo stesso progetto di ristrutturazione del complesso teatrale, un percorso di restauro durato quasi vent'anni, con l'autorizzazione all’ampliamento del palcoscenico e, nel contempo, a un progetto di buca orchestrale assolutamente insufficiente per collocarvi un complesso di medie dimensioni.
Contro chi sosteneva impossibile l’impresa, il gruppo ha dimostrato l’esatto contrario, vincendo la scommessa di mettere nella buca (di nome e di fatto) del teatro, e con adattamenti che non hanno sconvolto la geometria della sala, un'orchestra di quarantasei elementi, scegliendo la riduzione di organico autorizzata da Puccini stesso e realizzata dal direttore Ettore Panizza.
La scelta, quindi, di allestire il capolavoro pucciniano (la sesta Tosca a essere rappresentata in quel teatro dalla prima volta del 1907) era vista, negli ambienti musicali più autorevoli, con curiosità e scetticismo, considerando anche dell’impegno vocale che le parti richiedono. Per la scelta del cast, si è optato per un reclutamento tramite audizioni che si svolte nel corso dell’inverno, così come per l’orchestra, che si è così composta di giovani strumentisti di esperienza maturata in diversi gruppi presenti in provincia, dall’orchestra del Conservatorio di Trento, a quella Giovanile Trentina, ai vari ensemble da camera.
Grazie anche all'organizzazione e promozione di attività collaterali, che hanno riunito le esperienze didattiche e di volontariato musicale territoriale, insieme a una scelta di date che inseriva anche una replica festiva pomeridiana, gli organizzatori hanno raggiunto il risultato di un teatro pieno in ogni ordine di posti, tanto da aver rischiato l’overbooking, complice un guasto in un sito locale di prenotazione.
Ed è stata una serata di caloroso successo da parte di un pubblico eterogeneo ed elegante con tante presenze giovanili, risultato, questo, di un impegno di attività promozionale e didattico dell’opera nelle scuole superiori cittadine.
In questa occasione poco importa che non vi fossero grandi nomi sul palco. Tutto ha funzionato a cominciare dall’orchestra, vera protagonista dell’evento, diretta da Lorenzo Tazzieri. L’allestimento, ideato da Luigi Orfeo, con impianto fisso e moderno e qualche accessorio riferito all'epoca della Battaglia di Marengo, risultava funzionale al libretto e volentieri gli perdoniamo la dimenticanza, nel atto II, dei candelabri a lato del cadavere di Scarpia e dell’ossessione di Tosca nel mettere il crocifisso sul petto del barone, omissione che sta diventando una consuetudine registica. Ma questa svista è compensata, nell’atto III (Castel S. Angelo) sulle note dell’alba romana, dal suggestivo gioco di luci che fa intravedere un’ala d’angelo da una griglia di fondo. Le scene erano state realizzate dal laboratorio di scenografia dell’Accademia di Belle Arti di Verona.
Tutti, compresi i coristi - preparati dal giovane Simone Zuccati appena rientrato in Italia dall’Australia dove ha seguito un master in direzione d’Orchestra - e le comparse, si muovevano in ordine e disciplina, funzionali ai quadri e soprattutto ben coordinati nella scena del Te Deum.
Nei ruoli principali di Floria Tosca, Mario Cavaradossi e del barone Scarpia si sono cimentati Maria Simona Cianchi, Alessandro Goldoni e il baritono georgiano Otar Nakashidze, dotati di buona volontà e in grado di mostrare qualche buona intuizione vocale soprattutto nelle rispettive arie, meritandosi applausi a scena aperta.
Emergeva, con più autorità vocale, il baritono, recente vincitore 2016 del Concorso lirico Anselmo Colzani di Budrio, in continuità con la tradizione interpretativa che vede Scarpia dibattersi tra il truce polizziotto e il becero adescatore di donne.
A Davide Mura, Angelotti, Claudio Ottino, Sagrestano, Denys Pivnitskyi, Spoletta, Franco Montorsi, Sciarrone e Carceriere, e Anna Bertolotti, pastore, il compito di dar vita ai fondamentali comprimari che, senza di loro, l’opera non sarebbe completa. Da sottolineare la prestazione del Sagrestano dell'esperto Ottino, decisamente superiore per recitazione e vocalità rispetto a quento spesso capita di vedere anche in contesti più rinomati.
Alla fine ha vinto il coraggio dei promotori del Progetto Opera, richiamati più volte alla ribalta, che hanno raccolto una sfida anche nei confronti delle istituzioni regionali.