L’Ape musicale

rivista di musica, arti, cultura

 

ambrogio maestri

Il meccanismo perfetto

 di Andrea R. G. Pedrotti

La Bayerische Staatsoper conferma i suoi livelli d'eccellenza con un Falstaff irresistibile, in cui spiccano le prove di Ambrogio Maestri e Daniela Barcellona.

MONACO di BAVIERA, 17 marzo 2017 - Ogni volta che si dischiude il sipario della Bayerische Staatsoper si può avere la convinzione, a oggi mai smentita, che ci troverà innanzi a qualcosa di straordinario. Con questo Falstaff la serie di produzioni eccellenti non accenna a fermarsi, regalando al pubblico monacense l'ennesima serata straordinaria.

Per cominciare bisogna prendere in esame la splendida regia di Eike Gramss. A smentita dei detrattori del teatro bavarese (che per la maggior parte non vi hanno mai messo piede), la messa in scena ricalca, come sempre alla Bayerische Staatsoper, il libretto dell'opera. La scena è essenziale e sfrutta appieno le caratteristiche tecniche del palco e dell'impianto luci del teatro. Al centro una scena girevole e un telo bianco a far da quinta. L'osteria della Giarrettiera è riprodotta in maniera minimalista, ma con tutto ciò che occorre a Sir John Falstaff per i suoi interludi alcolici. Le rotazioni della pedana sono sempre fedeli al ritmo musicale proveniente dal golfo mistico e autentica controscena sono le ombre proiettate sul candido telo di sfondo, secondo il bellissimo disegno luci di Manfred Voss. Il giardino che fa da cornice ai pettegolezzi delle allegre comari di Winsor è un cortile dove si sta stendendo il bucato: Meg e Alice sono due signore eleganti e borghesi, Nannetta una giovane, vestita anni '80, attratta da Fenton, un ragazzo anticonformista e scapestrato.

Le ombre e le rotazioni dell'impianto scenico sono sempre a tempo, facendo dell'opera di Verdi fosse diventata un perfetto connubio fra musica e teatro. Anche nei concertati la disposizione dei personaggi ricalca la partitura e suddivide le tresche. Nel concertato del primo atto “Del tuo barbaro diagnostico” le donne sono tutte sulla sinistra, gli uomini sulla destra, a tessere il loro intrighi scherzosi, mentre il solo Fenton si pone al centro: il tenore spicca musicalmente in questo concertato e, se leggiamo con attenzione la trama, è l'unico personaggio fuori dagli schemi (infatti il giovane è rappresentato come un ragazzo fuori dagli schemi), che non fa altro che amare Nannetta.

La caratterizzazione di Mrs. Quickly è palese dal duetto con Falstaff “Buon giorno, buona donna”, simpatica nelle movenze, pare un personaggio Disney, eccessiva nel vestire e nei modi, si differenzia visivamente dalle amiche Meg e Alice (vestite quasi identiche, come i contenuto della lettera amorosa inviata loro da Falstaff) ed è, per questo, ottima latrice della finta risposta delle due comari.

Regia in crescendo, a partire dalla scena della casa di Ford: Meg e Alice indossano degli abiti tipici scozzesi, viene posto il paravento e l'iconografia è la medesima di un Falstaff di tradizione, con Alice assisa sulla sua poltrona ad accompagnare il canto “Alfin t'ho colto, raggiante fior”, finché i due si alzano e, mentre Falstaff intona la celeberrima “Quand'ero paggio del Duca di Norfolk”, la pedana comincia a ruotare a tempo con una precisione tale da far invidia al più sofisticato dei metronomi, i due protagonisti camminano per non perdere la posizione al centro del palco, con Falstaff a seguire Alice (l'oggetto del desiderio) che si esibisce in una serie di sinuosi, quanto perfetti, movimenti tersicorei.

Il movimento della scena consente di godere di tutta l'azione, infatti è ben visibile ciò che accade dietro il paravento, parimenti a quello che accade davanti a esso. Molte scene sono divertenti: Ford scopre Nannetta con Fenton, perché, allo scoccare di un loro bacio, si alza, ovviamente a tempo, un palloncino a forma di cuore; oppure, mentre il padrone di casa fruga nella cesta, cade a terra (non si sa come, ma sempre a tempo), dalla sommità della scena la biancheria in essa contenuta.

Bellissimo il finale d'atto: per simulare il Tamigi viene sollevato un semplice telo, per circa un metro e mezzo, che dopo il “patatrak” collettivo si alza di scatto, e dalla torre scenica viene calato un John Falstaff che nuota affannosamente in un fiume pieno di pesci, trasformando l'intero palcoscenico in una sorta di grande acquario.

Non è da meno il terzo e ultimo atto: il telo da acqua del Tamigi diviene elemento fondamentale per l'atmosfera di magia del parco di Winsor, fra spiritelli e folletti. La quercia è creata con un'ombra, mentre la luna è suggerita da un proiettore posto dietro le velate quanto immote (per ora) quinte della Bayerische Staatsoper.

Tutto l'assieme della scena finale è splendido: il coro (vestito da piccole querce) si muove perfettamente, creando ombre che sono anch'esse parte integrante della scenografia. Non mancano le parentesi di spirito: prima Falstaff viene salutato da una serie di provocanti donnine allegre, ma esse (ora interpretate dalle tre comari) divengono tre suore penitenti che lo invitano alla redenzione, immediatamente dopo la frase “riforma la tua vita”. Ci sarebbe molto altro da descrivere, ma siamo costretti a limitarci alla fuga finale, con i protagonisti e il coro ordinatamente schierati posizione frontale, rispetto al direttore, mentre la velata quinta si alza e i proiettori divengono un firmamento stellato nell'inchiostro dei cieli londinesi.

Trionfatore della serata è stato l'entusiasmante Falstaff di Ambrogio Maestri, assoluto padrone della scena e del ruolo, si conferma il più grande interprete contemporaneo del vizioso avventore della Giarrettiera. La recitazione è eccellente, mentre fraseggio e proiezione non hanno eguali al mondo, quando si tratti di interpretare il protagonista dell'ultima opera di Giuseppe Verdi. Poco altro da dire su di lui, poiché non vi sarebbe altro che da spendere elogi.

Assieme a lui, è eccellente anche la Quickly di Daniela Barcellona. Il mezzosoprano giuliano ormai palesa una maturità della voce che pare proiettarla verso ruoli pienamente ottocenteschi. Tuttavia ella non scorda la sua origine belcantista, che le consente di proporre una linea morbida e una padronanza tecnica assoluta. Ascoltata dal sottoscritto per la prima volta nell'ormai lontano 1997, si conferma insuperata ricamatrice di fraseggio, impareggiabile nel gusto con cui porge ogni frase. L'attrice è spiritosa e segue con dovizia e precisione le indicazioni della regia.

Ottima anche la Alice Ford di Véronique Gens, vocalmente inappuntabile e attrice di grande spessore. Su livelli simili la Meg di Daniela Pini.

Bene anche il Ford di Franco Vassallo, ormai ospite fisso del teatro nazionale bavarese, si distingue per professionalità e un'intensa esecuzione dell'aria delle corna.

Nannetta era il soprano russo Ekaterina Siurina, dotata di bella voce e timbro gradevole, specialmente nel registro centrale. Di lei si apprezza l'impegno scenico che inquadra il suo personaggio come un'adolescente trasognata, romantica e con voglia di crescere. Fenton era il tenore Pavol Breslik che ha affrontato la parte con onore, senza sbavature e piena partecipazione scenica.

Completavano il cast Riccardo Botta (Dr Cajus), Kevin Conners (Bardolfo) e Alin Anca (Pistola).

Eccellente il coro della Bayerische Staatsoper (diretto nell'occasione da Sōren Eckhoff), così come quella dell'orchestra, diretta da Asher Fisch. Il concertatore ha trovato nell'occasione una chiave di lettura del capolavoro verdiano originale: le sue scelte agogiche hanno palesato una grande attenzione al carattere dei personaggi e alle situazioni contingenti. Le comari sono spensierate nel primo atto e particolarmente serie nel burlare Falstaff. Ford fa esattamente lo stesso, ma in scene differenti: britannico nel farsi credere il signor Fontana e quasi isterico nel frugare la sua abitazione alla ricerca del presunto amante della moglie. L'intensità dell'orchestra è impareggiabile e Fisch sfrutta al meglio le sonorità dei contrabbassi, nonché l'abilità dei fiati. La fuga finale è emozionante, con un crescendo negli ultimi accordi che fa vibrare persino il pavimento della sala.

Per la parte visiva non possiamo non citare l'ottimo lavoro di Gottfried Pilz, autore di scene e costumi e l'ottima maestra di dizione: Theresa Schlichttherle. Purtroppo in locandina non era riportato il nome del drammaturgo.

Al termine grandi applausi per tutti con autentiche punte di entusiasmo per Ambrogio Maestri.


 

 

 
 
 

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