L’Ape musicale

rivista di musica, arti, cultura

 

RusalkAsmik

di Luigi Raso

Trionfo meritato per un'eccezionale Asmik Grigorian protagonista della Rusalka di Dvořák al San Carlo di Napoli. Buono il cast, con il gradito ritorno di Anita Rachvelishvili, e splendidamente realizzata - al netto di qualche distinguo drammaturgico e concettuale - la regia di Dmitry Tcherniakov. Convince meno la concertazione di Dan Ettinger.

NAPOLI, 20 novembre 2024 - RusalkAsmik potrebbe sottotitolarsi lo spettacolo inaugurale della Stagione lirica e di balletto 2024 -2025 del Teatro San Carlo. Nello spettacolo firmato da Dmitri Tcherniakov l’identificazione tra Rusalka e il soprano lituano-armeno Asmik Grigorian è così totalizzante che è impossibile scindere opera e interprete. Proveremo a descriverla tra poco; prima, spenderemo qualche parola sullo spettacolo, ché, se Grigorian è una fuoriclasse del palcoscenico, sicuramente ha trovato nelle indicazioni di Tcherniakov terreno fertile per far detonare il suo carisma scenico e la sua acuta sensibilità interpretativa.

Dello spirito e delle atmosfere fiabesche in questa Rusalka, così come immaginata e per vari aspetti modificata dalla drammaturgia di Tatiana Werestschagin, resta poco: l’ondina è una ragazza dei nostri giorni che subisce abusi, umiliazioni, allontanamenti, che ha un rapporto conflittuale con i genitori, che soffre, si dispera. E così la fiaba, nella visione di Tcherniakov, che firma anche le scene, si trasforma in un cartoon, un graphic novel che ci fa vedere il fluire dell’azione, il punto di osservazione dei protagonisti: un flusso continuo di immagini proiettate sul palcoscenico, al cui interno si apre, si allarga, si restringe e si chiude la scatola scenica, dei rettangoli nei quali sono incastonati i cantanti: confessiamo di non avere le competenze tecniche per comprendere come sia stato ottenuto l’effetto.

Se la realizzazione tecnica dimostra un uso virtuosistico dei mezzi scenografici e delle proiezioni - del Video Designer Alexej Poluboyarinov -, spiazza, per talune incoerenze e non certamente per il ripudio della dimensione fiabesca di Rusalka, la nuova drammaturgia di Werestschagin tradotta in regia da Tcherniakov.

Rusalka è una ragazza che fa parte di una squadra di nuoto sincronizzato, oggetto, come le sue compagne, di attenzioni morbose da parte del coach della squadra, Vodník, lo spirito delle acque nel libretto di Jaroslav Kvapil. La protagonista si aggira, nelle video proiezioni del cartoon, tra strade asettiche e non luoghi di una città contemporanea; il Principe è un brillante e guascone giovanotto che guida una fiammante Ferrari; Ježibaba una maga che pratica ipnosi nel suo studio al quale si accede citofonando; il guardiacaccia e lo sguattero diventano il padre e la madre di Rusalka: è quest’ultima modifica, a giudizio di chi scrive, l’incongruenza più evidente delle regia. Ciò che cantano questi due personaggi, infatti, stride con i nuovi ruoli assegnati loro; la nuova identità, poi, non è sviluppata nel corso dell’opera.

Il Principe - attenzione, c’è spoiler! - viene proditoriamente accoltellato da Vodník in un angusto e squallido ambiente nel quale è condotto a forza: le violenze che si vedono in scena, però, stridono con ciò che la musica di Dvořák racconta prima ancora che con quel che il libretto prescrive.

Nella regia di Tcherniakov, imperniata sulla figura di Rusalka, si indagano le relazioni malate e oppressive tra la ragazza e il microcosmo che la circonda, i suoi turbamenti, il suo sviluppo psicologico, le sue alienazioni, tuttavia tutto questo lavoro di analisi e scavo nell’interiorità della protagonista appare assorbito dall’elemento didascalico, evidenziato anche dalla presenza dei sovratitoli in italiano all’interno della scena; quelli in inglese, invece, sono proiettati all’esterno.

Sarebbe comunque limitante ridurre questo spettacolo a un cartoon molto ben realizzato sul piano tecnico e censurare obiettive incongruenze drammaturgiche, perché ciò che si apprezza è la cura certosina della recitazione, seppur confinata, con la sola eccezione dell’atto II, in spazi angusti. Non è solo Asmik Grigorian, di cui parleremo tra poco, a salire in cattedra per illustrare un saggio attoriale, ma tutti danno compiutezza e credibilità alle loro parti. È un teatro costruito anche su pochi movimenti, su singolei parti del corpo che vengono “inquadrate” dagli squarci rettangolari che si aprono all’interno della scenografica/graphic novel.  A uno spettacolo così costruito, indubbiamente originale per impiego e utilizzo della tecnica scenografica, si rimprovera però di aver attribuito alla musica di Dvořák il ruolo quasi di colonna sonora del cartoon, spesso in contrasto, come accennato, con quanto la regia esprime. Si avverte la sensazione che l’aspetto musicale diventi ancillare a quello registico: un esempio, questa Rusalka, dell’attuale codificazione della gerarchia delle componenti dello spettacolo lirico.

C’è da considerare, però, che Rusalka è opera che non brilla per un incandescente passo drammatico ma per quell’effluvio melodie attinte o ispirate al folklore boemo; che è opera composta da una successione di bozzetti teatrali giustapposti tra loro, non sostenuti, per la debolezza del libretto e per la derivazione fiabesca, da un’avvincente concatenazione drammaturgica. Considerate queste peculiarità intrinseche, in questo spettacolo il moto semiperpetuo del cartoon e la cura della recitazione, cifre connotative della regia di Tcherniakov, sembrano supplire al flebile passo teatrale dell’opera.

Infine, i costumi di Elena Zaytseva alternano richiami a una quotidianità semplice e dimessa (tute da ginnastica, costumi olimpionici, felpe, sneakers, ecc.) a costumi, quelli della festa dell’atto II, surreali e dai colori sgargianti. Funzionali alla crescente emozionalità del dramma sono le luci di Gleb Filshtinsky.

Dal podio Dan Ettinger opta per una lettura che è quasi opposta a quella registica: se nell’aspetto visivo si impone il cinetismo del cartoon, nella direzione dominano tempi dilatati che appesantiscono il fluire musicale e affondi sonori che enfatizzano eccessivamente certi effetti orchestrali (soprattutto nel coretto delle ninfe dei boschi). La gestione dei volumi tra buca e palcoscenico è spesso problematica, così come la precisione dell’accompagnamento afflitto da qualche asincronia. Diligente, al netto di qualche imprecisione, è l’Orchestra del San Carlo, dalla quale Ettinger cava suoni grumosi ed evanescenti, sonorità dal bell’impasto timbrico e detonazioni sonore, soprattutto dalla famiglia delle percussioni, sempre in agguato. Da lodare, malgrado le poche pagine che la partitura di Rusalka gli riserva, la precisione e la coesione del Coro del San Carlo guidato dall’esperto Fabrizio Cassi: definiti e rifiniti nelle trasparenze sonore gli interventi dall’interno così come quelli, brillanti e gioiosi, nell’atto II.

Molto ben assortito nel complesso il cast vocale.

Adam Smith è un Principe dal colore intenso e suadente, sconta qualche difficoltà nell’emissione e il peso specifico della sua voce più volte risente della non calibrata gestione dei volumi da parte di Ettinger. La sua è ad ogni modo un’interpretazione appassionata e convincente anche sotto l’aspetto della recitazione. Ekaterina Gubanova è una convincente Principessa straniera: spigliata e coinvolgente nella recitazione, sfoggia una vocalità intensa e omogenea, delinea una Principessa provocatrice e manipolatrice, animata da sottile e futile perfidia.

Asmik Grigorian, come si usa dire nel gergo calcistico per definire un top player, “fa reparto da sola”: è un’artista dall’intenso carisma scenico; fa teatro anche con il più misurato e apparentemente insignificante gesto o postura, perfino quando - come in gran parte dell’atto II - è muta: a parlare sono gli sguardi, i silenzi, l’accartocciarsi in se stessa. E fa teatro, e soprattutto emana fascino e voluttà, quando nel corso del canto alla luna, magnificamente interpretato, si accarezza sinuosamente e lentamente i capelli. Cantante-attrice/attrice-cantante, Asmik Grigorian: impossibile nel suo caso scindere i due aspetti, comprendere quanto il canto benefici del magnetismo della presenza scenica e quanto l’interpretazione musicale, l’uso raffinatissimo della tecnica di emissione piegata alle più minuziose intenzioni espressive, sia derivante dal carisma di attrice. La vocalità di Grigorian - che si giova di un timbro ambrato, di acuti affilati e precisi - è un florilegio di inflessioni, espressioni di un fraseggio profondo e analitico. E poi, nella rilettura registica, come non restare emotivamente sconvolti dalla crisi epilettica che chiude l’atto II, con quel suo dimenarsi sul pavimento, dai singhiozzi di pianto disperato davanti all’accoltellamento dell’amato Principe in chiusura dell’opera? Nel corso dello spettacolo Asmik Grigorian compie un processo di identificazione con questa fragile e schiacciata ragazza di nome Rusalka.

Abbastanza incisivo per vocalità e per intenzioni interpretative il Vodník di Gabor Bretz: scenicamente molto appropriato nell’omicidio (una delle modifiche della drammaturgia di Rusalka) del Principe al termine dell’opera.

Si è sinceramente molto rallegrati dal ritorno sulle scene di Anita Rachvelishvili, in una parte, Ježibaba, appropriata al vulcanico temperamento dell’artista georgiana e consona al suo attuale stato vocale. La Ježibaba di Anita Rachevelishvili è una plastica rappresentazione di una strega demoniaca, generosa nella recitazione, opposta nell’indole alla ragazza, maltrattata e fragile, Rusalka di Asmik Grigorian.

Peter Hoare e Maria Riccarda Wesseling (in questo spettacolo, con le incoerenze di cui si è parlato, genitori di Rusalka) sono credibili e brillanti.

Nei ruoli secondari si segnalano le tre Ninfe di Julietta Aleksanyan, Iulia Maria Dan, Valentina Pluzhnikova, dalle vocalità fresche ma non esenti da imprecisioni in apertura dell’opera, e il cacciatore di Andrey Zhilikhovsky.

A termine, il pubblico premia, al netto di un principio di contestazione per Tcherniakov poi spentosi nel fragore degli applausi calorosi, tutti gli artefici dello spettacolo.

Meritatissima l’ovazione per Asmik Grigorian al suo debutto assoluto al San Carlo. Il 1 dicembre sarà accompagnata dal pianoforte di Lukas Geniušas per un recital dedicato alle romanze di Čajkovskij e Rachmaninov.

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