Le prospettive del sacro
di Francesco Lora
La Filarmonica Arturo Toscanini e il Coro del Teatro Municipale di Piacenza seguono Michele Mariotti nella sua più esigente lettura dello Stabat mater di Rossini; eccellente il quartetto dei solisti: Yolanda Auyanet, Sonia Ganassi, Antonino Siragusa e Michele Pertusi.
PARMA, 14 maggio 2017 – Ancora uno Stabat mater di Rossini diretto da Michele Mariotti, dopo i tanti che, in Italia e all’estero, fanno ormai perdere il conto e accrescere viepiù l’ammirazione. Il più impressionante da fissare nel ricordo pare proprio quest’ultimo ascoltato nel Teatro Municipale di Piacenza, il 12 maggio, e replicato nell’Auditorium Paganini di Parma il 13 e il 14; con la novità della Filarmonica Arturo Toscanini e del Coro della scena piacentina, i quali vi hanno raccolto il testimone dall’Orchestra e dal Coro del Teatro Comunale di Bologna, a lungo collaudati dal loro attuale direttore musicale. Nell’approccio alle nuove compagini, ancora una volta, Mariotti sembra aver ristudiato instancabilmente da capo a fondo la partitura: è sempre meno pago di una visione uniforme, intenta alla messa a punto dell’omogeneità del suono, e supera invece sé stesso – nonché forse ogni altro – nella liberazione degli obiettivi retorici di ciascuna frase. Il lamento supplicante dei flauti, le eco evocative dei corni o il rullo tremendo dei timpani escono ora, alla pari di altre voci mai balzate fuori così numerose dall’assieme, come persone dal ruolo chiaro e distinto nel popolo della folta strumentazione; e lungi dal significare digressioni calligrafiche, in vista del particolare e in barba al complessivo, essi riconoscono al testo una ricchezza di prospettive soggiogante.
Ecco la lectio magistralis di un concertatore in geometrico equilibrio tra la conoscenza del mestiere e l’erudizione nello stile, paziente artigiano e virtuoso caparbio, aperto al confronto con nuove compagini e capace di costruire con esse un discorso d’inedita sorpresa, estremo nella richiesta tecnica ma in grado di additarne il percorso e di mantenersi esegeta lucidissimo a ogni passo. L’istituzione fortunata che lo tenga a contratto non se lo lasci sfuggire, o si prepari a una leggendaria ascrizione al paese degli sciocchi: non salterà presto fuori, per Rossini e altri autori, un terzo Claudio Abbado.
Tra le virtù di Mariotti, se ne è qui riconfermata una delle più preziose: l’amicizia coltivata con grandi cantanti, la stima che egli gode da parte loro e dunque il ‘sì’ che essi gli assicurano, nel seguirne la via interpretativa come anche, semplicemente, nel volere con entusiasmo far parte della sua squadra. Nello Stabat mater piacentino e parmigiano, accanto a un’orchestra e a un coro validissimi in sé e lì condotti allo stato di grazia, si è così ascoltato un quartetto di solisti tutto italiano nella cittadinanza artistica e tutto trasfigurato nell’impegno, nel materiale e nel porgere. Il soprano Yolanda Auyanet incede con tanta naturalezza di timbro e comunicativa quanta passione e fierezza d’accento, cavalcando impavida e risonante le masse nell’ascesa al Do sopracuto. Il mezzosoprano Sonia Ganassi dissimula anch’ella, sotto toni trepidanti e rotondo calore, un’incisività di fraseggio e una scaltrezza tecnica inconfondibili e memorabili. Il tenore Antonino Siragusa stupisce oggi più che mai, con quella freschezza da Nemorino inscalfita dal passare degli anni e con un’encomiabile facilità di passaggio al registro acutissimo. Il basso Michele Pertusi si impone infine con un’ampiezza di volume, una maestà di legato e una nobiltà espositiva che rinnovano la sua antica signoria rossiniana e insieme fanno pregustare il sostanzioso Philippe II nel prossimo Don Carlos a Lione.