Tanti affetti
di Antonino Trotta
Dopo le frizioni degli ultimi mesi, grande ritorno di Gianandrea Noseda al Teatro Regio di Torino per il concerto del MITO SettembreMusica dedicato al valzer.
Torino, 16 Settembre 2018 – Negli ultimi mesi il Regio di Torino è stato l’epicentro di una serie di velenose polemiche scatenate dal rinnovamento dei vertici amministrativi e ancor più dall’abbandono di Noseda alla direzione musicale del teatro. Una separazione, glissando sulla dietrologia delle dinamiche, inevitabilmente amara, in primis per quella buona fetta di pubblico affezionata al maestro milanese, in secundis per il teatro stesso, purtroppo ora come ora orfano di una identità artistica ben distinta nel panorama lirico italiano. Ma queste sono considerazioni ormai stantie e riaffiorano, a pochi giorni dall’inizio della nuova stagione lirico-sinfonica, sempre con la sincera speranza di essere confutate. Un’osservazione, però, rimane concreta e si veste di un’oggettività super partes in seguito agli ultimi concerti del MITO SettembreMusica. La presenza di un direttore stabile, infatti, prescindendo anche da meriti strettamente artistici, profonde nella freddezza di una grande platea un calore quasi rassicurante: si riconosce l’impronta personale di un’orchestra forgiata nell’arco di una collaborazione decennale, si riscoprono i lineamenti di uno stile direttoriale familiare, prevedibile non per banalità interpretativa ma per la solidità di una frequentazione prolungata nel tempo. E il valzer, manifesto di un secolo consegnato alla storia come il trionfo della borghesia, alimenta adesso il braciere di un focolare domestico attorno a cui si ricostruisce un’intimità perduta.
Sotto la bacchetta di Noseda la Filarmonica TRT – di cui è ancora direttore artistico e con la quale tornerà per la stagione sinfonica con il consueto concerto dal programma a sorpresa – riacquista la brillantezza e la precisione latitanti nel concerto con Petrenko (l’Orchestra del Teatro Regio, al di là di qualche aggiunto, è praticamente lo stesso organo), esplosive nella trascinante ouverture da Die Fledermaus di Johann Strauss figlio. Noseda dirige con il solito slancio ritmico le celebri pagine straussiane, quasi volesse sdrammatizzare la commozione degli applausi iniziali con una sortita ironica e briosa. Del resto il valzer è la colonna sonora dei grandi ricevimenti ottocenteschi e i fasti della metrica ternaria scandiscono l’ebrezza di un atteso ritorno. Più raffinata l’atmosfera del Geschichten aus dem Vienerwald (Storielle del bosco viennese), esempio di come il valzer non sia solo una semplice forma compositiva ma piuttosto un codice linguistico nella narrazione dell’universo viennese. Giocando con pronunciati contrasti agogici e coloristici Noseda ripristina la natura tridimensionale di questo particolare modello di musica a programma: il tessuto orchestrale vellutato e i fiabeschi interventi solistici della cetra di Georg Glasl affrescano gli idilliaci boschi austriaci mentre sullo sfondo, quando il valzer si insidia prepotente nel materiale bucolico, si intravedono dame e cavalieri volteggiare a passo di danza. Più impegnati e impegnativi sono invece i Valses nobles et sentimentales di Ravel, omaggio al genere con sofisticazioni intellettuali che ne rimodellano i canoni ritmici e armonici. Grazie alla plasticità di una concertazione ricca di nuance, lo spettro timbrico della Filarmonica TRT acquista qui torniture ancor più sinuose. Le dinamiche sono flessuose, gli intrecci strumentali – dei fiati in particolare – nitidi e le legature negli incisi melodici creano impasti impressionistici di grande suggestione. Con la suite da Der Rosenkavalier di Richard Strauss ci si addentra nel repertorio d’elezione di Noseda (il caso ha voluto che l’ultima opera diretta al Regio fosse proprio la Salome di Strauss). Nel lussureggiante materiale sinfonico di quest’opera, Noseda impone all’orchestra scatti vertiginosi, cantabilità traslucide, diminuendo improvvisi, sonorità violente e agogiche in continua palpitazione. Peculiarità viepiù accentuate nella parossistica esecuzione dell’ultimo estratto raveliano, La Valse, punto di arrivo nella linea del tempo che racchiude le tappe fondamentali nell’evoluzione di questo intramontabile genere.
In chiusura del concerto, solo la ripetizione dell’ultimo brano (Schneller Walzer) della suite di Strauss porrà una pausa nel tripudio di ovazioni con cui il pubblico torinese saluta il suo direttore.