Dmitrij e il Quartetto
di Roberta Pedrotti
Per il ciclo Musica assoluta, dedicato integralmente a Šostakovič, il Quartetto Noûs legge la complessità delle pagine dedicate alle vittime dei fascismi e delle guerre, alla memoria della prima moglie e all'amore per la terza.
BOLOGNA, 8 novembre 2018 - Bologna Modern è un festival, letteralmente, “per le musiche contemporanee”. Un festival plurale quanto a generi e non rigidamente delimitato nel tempo. Stricto sensu, infatti, Dmitrij Dmitrievič Šostakovič non potrebbe dirsi contemporaneo, essendo scomparso da quarantatré anni e avendo cominciato a comporre all'incirca un secolo fa. Dmitrij Dmitrievič Šostakovič è, però, sempre contemporaneo perché la sua è musica per la contemporaneità, ne ha segnato le basi in maniera indelebile quale uno dei più autorevoli portavoce dello spirito e delle contraddizioni del Novecento.
Musica assoluta è il titolo del ciclo con cui, proseguendo per tutto novembre oltre la durata consueta di Bologna Modern, Musica Insieme contribuisce quest'anno alla rassegna “per le musiche contemporanee” promossa da Comunale. È l'occasione per ascoltare in sequenza l'integrale dei quartetti per archi di Šostakovič, evento già di per sé imperdibile per chi avesse l'opportunità di non perderlo, ma reso ancor più consistente dalla proiezione, in apertura, del film di Alexander Sokurov Viola Sonata (URSS 1981), dedicato proprio al sommo compositore, e, per introdurre ogni concerto, di rarissimi documenti video e fotografici messi a disposizione dall'Archivio Dmitrij Dmitrievič Šostakovič di Mosca: il Nostro era uomo e artista del suo tempo, scrisse per il cinema, è testimoniato da immagini e filmati; la rivoluzione mediatica del XX secolo non può mancare, insieme con quella politica, nell'omaggio al più grande compositore sovietico.
A fronte della dimensione inevitabilmente pubblica di Šostakovič, il quartetto sollecita l'espressione privata, in particolare nelle tre pagine in programma per questo concerto: il Quartetto n. 7 in fa diesis minore op. 108 (1960) è dedicato alla memoria della prima, amatissima, consorte; il Quartetto n. 8 in do minore op. 110 (1960) è dedicato alle “vittime del fascismo e della guerra”, e appare come una composita, personalissima, riflessione sul dolore e sulle tragedie di cui è stato testimone; il Quartetto n. 9 in mi bemolle maggiore op. 117 (1964), infine, è dedicato alla terza, giovane moglie Irina Stupinskaja e presenta qualche raggio di ironia giocosa. Compare, così, con il lirismo, l'elegia, la tragedia e l'impegno, anche l'anima sarcastica di Šostakovič, l'altra faccia della medaglia delle citazioni romantiche russe e tedesche del Quartetto n. 8, quella che più di ogni altra dà plasticità alla scrittura che si condensa in veri e propri gesti sonori. Certi attacchi, certi scambi fra gli strumenti hanno un carattere sfacciatamente slapstick che evidenzia come l'interazione delle voci non sia più la “garbata conversazione” haydniana, né abbia un respiro di distillato sinfonico, bensì veda confrontarsi quattro solisti in combinazioni e rapporti in continua evoluzione.
Proprio questo particolarissimo gioco di stimoli e scambi è il punto di forza del Quartetto Noûs, il cui affiatamento si declina agevolmente nello spettro della poetica di Šostakovič. Ecco l'assieme unirsi nel pianissimo più sottile, ma non inconsistente, per cantare il dolore universale, la nostalgia, l'elegia nostalgica, ma anche sviluppare via via accostamenti a due e a tre, imporre frasi solistiche e farle rimbalzare in dialogo, recitare con il suono, piangere, scherzare, sognare, ricordare. Come un mosaico le cui tessere mutino posizione di continuo, si ricompongano all'infinito ma senza mai perdere l'ordine di un disegno.
Il pubblico bolognese risponde con attenzione e calore; è, d'altra parte, anche giustamente affezionato al Quartetto Noûs, che ha avuto modo di apprezzare fin dai suoi primi, e non troppo lontani, anni di attività.