Violenza classica
La ripresa dell'opera di Trojahn ne conferma l'intensità tragica sulle scene della Wiener Staatsoper.
VIENNA, 17 novembre 2019 - Torna in scena e torna al successo Orest, nuova produzione primaverile della Wiener Staatsoper (leggi la recensione: Vienna, Orest, 13/04/2019).
Già durante l'esecuzione di aprile avevamo avuto modo di lodare sia l'impianto drammaturgico dell'opera di Manfred Trojahn sia l'efficace regia di Marco Arturo Marelli, che nella sua ragionata semplicità mette in mostra e sublima la complessità della tragedia di Euripide, da cui l'opera è tratta. Si evidenziano gli elementi tipici di quella che fu una delle più grandi espressioni letterarie di sempre, quella greca, sia nei suoi tratti simbolici, sia nell'esasperazione di una violenza fisica e psichica, caratteristica dei testi dell'antichità.
Chi non conosca la storia antica può forse supporre che il mondo classico fosse il regno del puro intelletto, candido quanto la tinta dei templi e delle statue, ma vivrebbe nel fallo, poiché parimenti alle reali tinte policromatiche di edifici e sculture bronzee, l'antichità classica fu un contesto nel quale certamente fiorirono e si svilupparono scienze e a arti, ma sempre accanto a un'autentica brutalità che contemplava furto, omicidio, stupro, incesto, et similia, nella sua quotidianità.
La tragedia greca riporta tutto questo e dovere dell'uomo contemporaneo è ripulirla dalla patina di polvere e di maniera che la ricoprì all'epoca della sua riscoperta in epoca moderna.
L'opera di Trojahn si avvale di un organico che rammenta quello di un primo novecento russo, o di un Richard Strauss senza, tuttavia, proporre la medesima complessità armonica del compositore bavarese. È un'opera efficace che si avvale più dell'impeto e della forza semantica che non all'abbandono della melodia. La partitura pretende una notevole precisione dell'organico nella gestione della policromia del suono, a seconda dei differenti momenti emotivi della drammaturgia e grazie a questi riesce a ottenere l'effetto di catarsi che nell'apoteosi della brutalità consente al pubblico di godere d'una forza teatrale, quella della Grecia classica, immortale nella sua efficacia.
La direzione era affidata, come ad aprile, a Michael Boder che convince ancora una volta grazie anche all'eccelsa qualità dell'organico orchestrale a sua disposizione.
Nella compagnia di canto si fa apprezzare il partecipe Orest di Georg Nigl, impegnato ad affrontare una parte assai intensa sia dal punto di vista scenico, sia da quello vocale e interpretativo. Ben si distinguono anche Michael Laurenz (Menelaos), Daniel Johansson (Apollo/Dyonisos), Audrey Luna (Hermione), Laura Aikin (Helena) e Julitta-Dominika Walder (Klytämnestra). Scenicamente passionale e pienamente convincente è l'Elektra di Ruxandra Donose, la quale, tuttavia, soffre la scrittura di una parte connotata da una drammaticità forse eccessiva per il peso vocale della cantante rumena.
Al termine successo e convinti applausi per tutti da parte di una sala gremita in ogni ordine di posti.
foto © Wiener Staatsoper GmbH / Michael Pöhn