L’Ape musicale

rivista di musica, arti, cultura

 

Il mare di Mahler

di Roberta Pedrotti

Si chiude la stagione sinfonica del Teatro Comunale e si chiude anche il piccolo ciclo mahleriano che l'ha percorsa dall'inaugurazione. A condurre felicemente in porto la navigazione con un'efficace lettura della Quinta sinfonia, Dan Ettinger.

BOLOGNA, 28 novembre 2019 - La stagione sinfonica del Comunale di Bologna si chiude completando il piccolo ciclo mahleriano inaugurato con il concerto d'apertura (leggi la recensione della Sesta sinfonia diretta da Juraj Valcuha, 02/02/2019) e poi proseguito con la Seconda sinfonia diretta da Asher Fisch (leggi la recensione). Ora approdiamo alla Quinta, vale a dire alla chiave di volta, all'opera centrale del corpus sinfonico del grande viennese. Sembra di trovarsi di fronte alla conquista di un equilibrio formale, temperata l'estroversione di alcune scelte, senza martelli, cornetti da postiglione, voci umane, crescendo iterati oltre ogni umana idea, contrasti spiazzanti. Manca anche l'evidenza dell'elemento klezhmer, almeno rispetto ad altre partiture mahleriane. Eppure, la grandiosa e controllata architettura della Quinta si dipana come un flusso continuo, un flusso di coscienza aperto e problematico, in cui le ricorrenze delle voci degli amati fiati - legni e ottoni - s'intrecciano al passo latente del walzer, corrente carsica che talora sembra confondersi con l'idea iniziale della marcia funebre nel definire la costruzione, la percezione, il pensiero stesso del tempo. La scrittura è densa, ricca, perfino introversa, nonostante la grandiosità dell'insieme, il mare sonoro che Mahler dispiega nel suo fare dell'organico orchestrale un'immagine fedele del mondo interiore.

Dan Ettinger questo mare dimostra di conoscerlo bene e di non temerlo, tant'è vero che se la Quinta è tornata più volte negli ultimi anni nei cartelloni del Comunale e della Filarmonica, questa è stata di certo la sua migliore apparizione. Il maestro israeliano, di casa in Baviera, tende coscienziosamente all'impetuosa intensità propria del repertorio mitteleuropeo senza forzare la natura dell'orchestra italiana forgiata sul melodramma, lascia respiro e non perde il controllo dell'insieme, dei richiami tematici e timbrici, delle sottili articolazioni che percorrono il pensiero mahleriano. Lo fa con forza, come è giusto che sia, ma senza massiccia imposizione, anzi, con gesto tanto pulito quanto agile, guida e complice dell'orchestra. 

Nel mare mahleriano si salpa decisi e si giunge in porto in tutta sicurezza, governando, anche a dispetto di qualche rischio o beccheggio eccessivo, nella brezza placida dell'adagietto come nei movimenti tempestosi, veementi, vigorosi o giocosi (secondo le indicazioni dell'autore), senza trascurare le correnti più profonde. Quella di Ettinger è una lettura concreta e capace, coerente e convincente e la stagione percorsa dall'onda di Mahler si chiude in bellezza. 


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