La vittoria del Messia
di Antonino Trotta
Riparte la macchina di OperaLombardia e, dopo Brescia e Pavia, a Der Messias di Händel-Mozart, accolto da un calorosissimo successo, spetta inaugurare anche la stagione del Teatro Sociale di Como.
Como, 3 ottobre 2020 – Ascoltare il Messiah di Händel è come passeggiare sotto la volta della Cappella Sistina: benché l’estatico susseguirsi di vaticini, catastrofi, prodigi, selezionati e antologizzati a partire da fonti piuttosto eterogenee tratte tanto dell’Antico quanto del Nuovo Testamento – salmi, lettere, vangeli –, sembri in gran parte annullare la continuità narrativa dell'epos sacro, la storia della redenzione dell’umanità, affrescata nei suoi nodi cruciali dell’avvento, della passione e della resurrezione, crea un complesso pittorico, di grandezza monumentale, che genera sempre sensazioni di stupore e meraviglia. Emozioni che, a onor del vero, qui a Como cominciano a vibrare già prima che la musica si faccia protagonista assoluta della serata.
A Como si rincontrano vecchi amici, si intravedono, anche al di là delle mascherine, le solite amabili facce del popolo melomane errante, col senno di poi cornice essenziale a ciascuna esperienza concertistica, e così, mentre il Teatro Sociale si riempie fino alla massima capacità consentita e i palchettisti festeggiano il rietro a casa, a tratti pare di poter accarezzare di nuovo, pur igienizzando ben bene le mani, quella normalità che la pandemia continua purtroppo a minacciare. Certo, per chi arriva ad esempio dai teatri piemontesi, dove il tetto dei duecento posti non è un'incognita “x” nel futuro della cultura musicale ma una croce già impalata alla testa di una fossa pronta ad accogliere il cadavere dell’attività teatrale, Como – come tutti gli altri posti dove è permesso accogliere un numero ragionevole di persone – potrebbe ricordare quasi Woodstock, tuttavia qui si conferma che, se le cose si fanno con ordine e criterio, non sarà certo una serata di ottima musica ad ammazzarci.
Per l’inaugurazione della stagione “D’acqua e vita”, com’anche a Brescia e Pavia nei giorni immediatamente precedenti, il Messiah di Händel è proposto nella rielaborazione di Mozart: con la sua revisione – ben introdotta nel saggio di sala dal direttore Fiocchi Malaspina – il Salisburghese cassò diversi numeri, ridistribuì alcuni interventi solistici a registri vocali differenti, arricchì l’organico di legni e aggiunse tre tromboni in raddoppio del coro “ad libitum” – che di questi tempi significa “meno male possiamo farne a meno senza adontare il genio creatore!” –, insomma filtrò, dunque tradusse, il capolavoro di Händel secondo un gusto musicale differente, per molti aspetti più raccolto e intimo, consegnando alla letteratura un lavoro a prova di norme anti Covid-19 che non tradisce – come sarebbe avvenuto con un’operazione di chirurgia inestetica – l’originale, bensì lo reinterpreta.
Alla guida dell’orchestra I Pomeriggi Musicali, in ottima forma, Massimo Fiocchi Malaspina lavora con minuzia sul rinnovato peso drammatico della tinta orchestrale, forse l’intervento più interessante della mano mozartiana, riuscendo così a creare sfondi evocativi in cui sbalzare i primi piani solistici. Abbracciando con dedizione lo spirito della nuova partitura di Der Messias – anche il testo è stato tradotto in tedesco –, Fiocchi Malaspina intavola una lettura che guarda con reticenza alle impennate grandiose dell’originale, sorveglia quindi agogiche e dinamiche per assicurare ovunque un’atmosfera di raccolta meditazione, rifiuta di porre l’accento sulle immagini apocalittiche, piuttosto illumina la scrittura lì dove il messaggio consolatorio del Messiah, che celebra il trionfo della luce sulle tenebre, della vita sulla morte, e perché no della musica sul silenzio,emerge in tutta la sua rassicurante iridescenza.
Di indiscusso valore è il parterre dei quattro solisti: Marigona Qerkezi, soprano dalle risorse vocali generose e forse appena graffiante nel registro acuto, affronta la sua parte con canto ispirato e carico di pathos, tutto proiettato in uno spettro dinamico ben variegato; Chiara Tirotta, mezzosoprano dotato di uno strumento caldo e avvolgente, sfoggia, oltre a un’emissione omogenea, una voce ovunque timbrata e un volume di tutto rispetto, un fraseggio elegante, misurato, che conferisce grazia e raffinatezza alla pagine a lei affidate; la sensibilità musicale di Didier Pieri, già apprezzata in altre occasioni, è qui confermata quale impeccabile moderatrice del dibattitto tra domanda virtuosistica e esigenze espressive; Andrea Patucelli, al di là di qualche perfettibile agilità, vanta una voce piena di bel colore che il basso bergamasco non manca di piegare alle necessità interpretative della parte. Eccellente la prova del Coro di OperaLombardia, preparato anch’esso dal maestro Fiocchi Malaspina.
Successo vivo e calorosissimo, come forse nemmeno nelle passate inaugurazione s’era mai constatato.