Troppo zucchero per la fiaba
di Giuliana Dal Piaz
Il regista Joel Ivany sembra voler stupire a tutti i costi, ma ottiene solo il risultato di soffocare la musica con una scena ipercinetica e di disperdere i contorni più cupi e inquietanti della fiaba in favore di immagini dolciastre e forzatamente rassicuranti. Per fortuna una buona lettura musicale risolleva le sorti di questa edizione di Hänsel und Gretel
TORONTO, 8 febbraio 2020 - È comprensibile che oggi i registi trovino nell'opera un campo di espressione per la loro creatività. Dovrebbe invece essere inaccettabile lasciar loro usare, come proprio personale campo di sperimentazione, le occasioni offerte da grandi compagnie di opera, con il risultato di una messa in scena che sembra mirata à épater le bourgeois con ingegnose trovate da palcoscenico, senza tener conto delle profonde esigenze musicali dell’opera che si sta manipolando. Di tale tendenza, questa Hänsel und Gretel firmata da Joel Ivany mi è parsa evidente esempio. Premetto che – come ben noto – la musica di Humperdinck è bellissima e per nulla superata, integrando in maniera mirabile nel suo respiro sinfonico con vivaci motivi di danze o canti popolari – ricordo ancora, dall’infanzia, il canto di Gretel nel bosco: "Ein Männlein steht im Walde", "Nel bosco c’è un ometto" – e in nessun momento suona sovrabbondante o noiosa.
Ma che senso ha trasportare la fiaba di Grimm/Humperdinck in un ambiente urbano dei nostri tempi, in un edificio di appartamenti, quattro dei quali in scena, con un costante viavai di comparse e il suggerimento di vite parallele senza connessione tra loro? Tra l’altro, l’unica foto di scena che riprenda l’intero palcoscenico è quella notturna, immobile, alla fine della prima parte dell’opera, e non dà nessun’idea della confusione anteriore, o posteriore.
Che senso ha che, invece di angosciarsi per la scomparsa dei figli di cui hanno chiesto inutilmente negli appartamenti vicini, i genitori di Hänsel e Gretel organizzino una sorta di pigiama-party in casa loro, con abbondanza di cuscini e tende improvvisate – tra cui poi i due fratelli si risvegliano al mattino per spostarsi, senza transizione, alla casa della “strega”, una bottega di abeti addobbati e illuminati e pacchi di regali natalizi? E perché mai fare della strega e dei due personaggi fiabeschi (l’omino della sabbia e la fatina della rugiada) delle figure comico-grottesche? Alla fine dell’opera, i bambini del pigiama-party, che sarebbero poi quelli già incantati dalla strega, si radunano al proscenio con dei vistosi occhiali da sole e nulla fa capire perché. Nella fiaba, l’incantesimo che li aveva trasformati in omini di zenzero faceva sì che avessero ancora gli occhi chiusi – una carezza di Gretel a ognuno di essi permetterà loro di aprirli – e ne aveva congelato il movimento: Hänsel riuscirà a scongelarli tutti mormorando la formula magica e agitando il ramoscello/bacchetta magica della strega, come aveva visto fare a lei.
Trovo però che, teatralmente, non faccia lo stesso effetto vedere ognuno di loro sollevare sulla testa o appendersi al collo quegli occhialoni scuri.
Un tempo le fiabe, sia quelle tradizionali dei varî popoli sia le versioni letterarie dei Grimm o di Andersen, non erano le confortanti storielle dei cartoni animati: con un profondo lato oscuro sulle realtà della vita, erano delle parabole di cui gli adulti si servivano per insegnare ai bambini cosa fare o non fare, cosa evitare, da cosa guardarsi. Possiamo considerarle superate, non sostituirle con la soverchiante tendenza al buonismo e alla ridicolizzazione dell’ignoto e del male, cosa che tra l’altro ne annulla l’effetto magico-fantastico. È come se lo scopo principale dell’opera sia diventato quello di divertire il pubblico, non di emozionarlo – o addirittura di educarlo – per mezzo di una musica senza età.
Ma questi sarebbero ancora, forse, peccata minuta. Essendo il libretto in tedesco, e quindi con anche i sopratitoli da tenere d’occhio, sento che la cosa più negativa di quest’impostazione sia l’ininterrotto e immotivato movimento in scena che distrae costantemente dall’ascolto della musica: è come se la partitura fosse del tutto secondaria.
Un vero peccato, perché tutte le voci sono buone: avrei preferito un mezzosoprano per Hänsel, ma il soprano statunitense Emily Fons si difende adeguatamente. Krisztina Szabó, mezzosoprano di nome, accetta con molto spirito la piccola parte di Gertrude, prestandosi con l’ottimo baritono Russell Braun (senz’altro la migliore delle voci in scena) a fare anche da supporto tecnico con cuscinoni e tende. Simone Osborne (Gretel) è un giovane soprano dal percorso ancora in fieri ma ha tutti i numeri vocali e attoriali per diventare una cantante di prima grandezza. Preferisco la parte affidata a un mezzosoprano e non vedo perché vestire la strega in modo così trasandato, quando uno dei punti di forza della trappola, nella fiaba dei Grimm, era il suo aspetto iniziale di dolce nonnina innocua, ma la voce del tenore Michael Colvin è decisamente buona. È invece pratica generale quella di avere un soprano per la parte dell’Omino della Sabbia, oltre che per la Fatina della Rugiada, quindi ben venga l’interpretazione, adeguata, di Anna-Sophie Neher.
La concertazione di Johannes Debus è, come sempre, rigorosa e sentita, con un’ottima orchestra che dà abitualmente il meglio di sé. Un elogio particolare merita il Coro Infantile della C.O.C. diretto da Teri Dunn: è dal 1968 che la C.O.C. forma bambini e ragazzini tra i 4 e i 18 anni, alcuni dei quali potrebbero diventare validi cantanti d’opera e molti continuare a far parte di un coro anche professionale. Purtroppo, tante voci femminili e pochissime maschili: anche in un paese così avanzato, esiste ancora una certa prevenzione nei confronti del maschietto che canta o balla, invece di praticare lo sport nazionale, l’hockey su ghiaccio, o il baseball, o il football americano.
Hänsel & Gretel – Stagione 2019-20 della Canadian Opera Company. Four Seasons Centre for the Performing Arts (6-21 febbraio).
Musica:Engelbert Humperdinck. Libretto: Adelheid Wette. Direzione: Johannes Debus.
Regia: Joel Ivany. Scenografia e disegno di proiezioni: S. Katy Tucker. Costumi: Ming Wong.
Luci: JAX Messenger.
Orchestra e Coro Infantile della Canadian Opera Company. Direzione del Coro Infantile: Teri Dunn.
Personaggi e interpreti:
Gretel – Simone Osborne
Hänsel, suo fratello – Emily Fons
Gertrude, loro madre – Krisztina Szabó
Peter, loro padre – Russell Braun
La strega – Michael Colvin
L’Omino della Sabbia/la Fatina della Rugiada – Anna-Sophie Neher