Omaggio al Maestro
di Antonino Trotta
Debutta al Teatro Municipale di Piacenza L’opera minima, nuova commissione in onore del grande librettista Luigi Illica: la musica di Joe Schittino e il libretto di Claudio Saltarelli s’incontrano in una serie di piacevoli cammei dal carattere variegato.
Piacenza, 9 febbraio 2020 – Un’opera scritta per onorare il librettista piacentino Luigi Illica, versificata dal librettista e drammaturgo piacentino Claudio Saltarelli, con inserti testuali in dialetto piacentino, eseguita dall’Orchestra Giovanile della Via Emilia, cantata dagli allievi e dagli ex allievi del Conservatorio Nicolini di Piacenza e infine illustrata, per l’esecuzione in forma di concerto, dall’artista piacentino Guido Morelli. C’è da togliersi il cappello: nella valorizzazione delle risorse del territorio il Teatro Municipale di Piacenza sa fare i salti mortali. Quando poi un progetto ambizioso, non orbato di rischi, quale del resto una nuova commissione d’opera è, riesce anche a fregiarsi di tante nobili intenzioni – la commemorazione del grande concittadino, l’occhio di riguardo per i giovani che qui al Municipale non manca mai –, vie da sé che un appuntamento del genere si trasforma innanzitutto in un’opportunità. Un’opportunità per scoprire in anticipo i talenti che domani calcheranno quello stesso palcoscenico, un’opportunità per arricchire i propri orizzonti musicali e letterari, un’opportunità per rendere omaggio a chi in fondo è stato parte attiva dell’evoluzione del melodramma italiano. Un’occasione a cui il pubblico piacentino, spiace constatare l’insolita defezione, pare rinunciare in partenza. È vero, l’opera contemporanea può spaventare, ma è pur vero che c’è stato un momento della storia in cui contemporanee erano Il barbiere di Siviglia, La traviata, Tosca, e se questi titoli avessero ricevuto in origine lo stesso trattamento, oggi forse non sarebbero universalmente conosciuti come capolavori. O peggio ancora, potremmo addirittura non averne contezza.
L’opera minima, che ben ci guarderemmo dal definire così – la versione in un atto, con qualche minuscolo taglio, ascoltata a Piacenza dura all’incirca novanta minuti –, si dimostra poi un’opera godibilissima, e per la scrittura di Joe Schettino, prevalentemente articolata in un sistema tonale e al profumo di primo Novecento – l’utilizzo delle atmosferiche percussioni richiama immediatamente alla mente Turandot – , e per il libretto di Claudio Saltarelli che, con proprietà di stile, godereccia inventiva e quel pizzico di citazionismo conveniente a un lavoro apologetico, ricava dalla raccolta giovanile di Luigi Illica Farfalle, effetti di luce dieci miniature melodrammatiche, due intermezzi, un proemio e un epilogo, appena legate, un po’ alla maniera di Les contes d'Hoffmann, da un delicato fil rouge. Nel Proemio mitologico due delle nove Muse, Calliope e Talia, ispirate dalla rapida caducità delle farfalle, decidono di narrare frammentari episodi di natura umana: da qui le dieci istantanee di vita diventano l’occasione per rappresentare l’umanità in tutte le sue più disparate sfaccettature. Il temperamento ora brillante, ora malinconico del testo, ben sbalzato su un sostrato musicale capace di fondere lo stile di conversazione a un lirismo di ispirazione squisitamente italiana – molto bella la romanza del fotografo alle rondini, «Les hirondelles nous chantent», nel quarto quadro –, rendono la visita di questa pinacoteca musicale, a cui tra l’altro corrispondono sul lato visivo le romantiche illustrazioni di Guido Morelli, un’esperienza estremamente piacevole. Viepiù se in questo florilegio di cammei si legge una sorta di suite operistica, all’interno della quale è possibile ravvisare il buffo, il semiserio, il tragico: un’opera insomma che è tributo all’opera lirica stessa. Infine tra un accenno e l’altro alle più indimenticabili melodie legate ai versi di Illica – «Un bel dì vedremo», «Ebben, ne andrò lontana» e così via –, nell’Epilogo le nove Muse, travestite da altrettanti personaggi illichiani, partecipano vocalmente a un inno, espressamente ispirato all’Inno del sole dell'Iris, che celebra il Maestro e la grandezza della poesia.
L’Orchestra Giovanile della Via Emilia, guidata da Giovanni Di Stefano, suona bene e al meglio delle proprie possibilità. Se da un lato, come è giusto che sia in un contesto innanzitutto formativo, l’orchestra ammette ancora del lavoro da finalizzare, dall’altro dimostra di avere la stoffa necessaria per abbracciare anche la causa della lirica e con alla spalle un teatro che crede nei giovani, metà del cammino è praticamente fatto. Il parterre vocale è nel complesso convincente: qualcuno dovrebbe sistemare al più presto dei difetti, altri invece esibiscono già una buona musicalità – Rino Matafù, che ha anche un bel timbro e dimostra attenzione alle sfumature – e fanno sfoggio di pregevole materiale vocale – Cinzia Chiarini, Renata Campanella, Federica Sardella –.
Scrive Saltarelli nelle premesse del libretto, generosamente offerto dal Teatro a tutti i presenti: «La tua città ti ricorda». Il tuo pubblico, a dire il vero, un po’ meno.