L’Ape musicale

rivista di musica, arti, cultura

 

Il volo del furore

di Luigi Raso

Dopo duecento anni dalla storica tournée rossiniana a Vienna (e dopo quasi altrettanti dall'ultima rappresentazione cittadina), La gazza ladra torna nella capitale austriaca in un allestimento perfetto di Tobias Kratzer e con un'ottima compagnia di canto in cui spiccano Nino Machaidze, Paolo Bordogna e Maxim Mironov.

VIENNA, 25 novembre 2022 - Quando nel 1822, giusto 200 anni fa, Gioachino Rossini presentò a Vienna La gazza ladra si registrò il consueto furore, termine ricorrente nell’epistolario del pesarese.

Rossini, in tournée nella capitale asburgica con la compagnia di Domenico Barbaja di stanza al Teatro San Carlo di Napoli, conquistò i viennesi: i suoi ritratti andarono a ruba, fioccarono gli inviti ai ricevimenti più esclusivi, lo si osservava con ammirazione a passeggio tra le strade di Vienna. Quella del 1822 fu un’imponente trasferta musicale, a conclusione e coronamento del settennato napoletano; viaggio organizzato anche grazie ai buoni auspici del Cancelliere Clemens von Metternich, il temibile “nocchiero d’Europa”, ma, per quel che ci riguarda e gli fa onore, melomane, rossiniano di ferro e amico del compositore.

Da quel 1822 La gazza ladra, vivente Rossini, è stata rappresentata a Vienna, come mi ha illustrato in occasione di questa rappresentazione telefonicamente con la consueta dovizia di particolari il prof. Sergio Ragni, nel 1824 (Giannetto era Giovanni David), 1825 (Luigi Lablache era Fabrizio), nel 1828 (Giovanni Battista Rubini interpretava Giannetto, così come era accaduto nel 1822, Lablache stavolta vestiva i panni del Podestà), successivamente, nel 1844 (la Viardot era Ninetta, la Alboni era Pippo); dopo di che il silenzio.

È quindi un’occasione ghiotta per il rossiniano itinerante questa riproposizione della Gazza ladra messa in scena dal Theater an der Wien nella Halle E del Museumsquartier, a causa della chiusura per restauro (per due anni) della storica sala del teatro viennese sacro a Mozart, Beethoven, Johann Strauss figlio e Franz Lehár poco distante.

Lo spettacolo - firmato da Tobias Kratzer, con scene costumi di Rainer Sellmaier, luci di Michael Bauer, video di Jonas Dal, drammaturgia di Bettina Barz - è efficace, curatissimo, perfettamente aderente allo spirito e al messaggio dell’opera, pur - anzi, soprattutto! - per la trasposizione della vicenda agli anni ’80 del XX secolo; regia curata con grande maestria in ogni aspetto teatrale, anche nei più piccoli movimenti e nella mimica facciale degli interpreti (le sei settimane di prova si vedono eccome!) e soprattutto improntata a un inestinguibile senso teatrale, che nel corso delle vicenda indaga le dinamiche, le relazioni e le meschinerie di una comunità di un indefinito villaggio oppresso dalla brutalità della guerra, dell’arbitrio, della prepotenza maschilista.

La scena, costruita su due piani, a sua volta suddivisa in più quadranti, è una moderna fattoria scossa dall’irrompere, nel corso della Sinfonia, dai soldati: la guerra travolge la quotidianità e la sconquassa.

In questo microcosmo Ninetta è progressivamente schiacciata da un mondo dominato da uomini rozzi e perfidi, subisce gli effetti negativi della violenza e della guerra, il desiderio di possederla del Podestà.

La visione registica, come Rossini pretende, è focalizzata su Ninetta, sulle dinamiche tra lei e gli altri personaggi, ovviamente; ma il punto di osservazione è un altro, quello della gazza. Il motore inconsapevole dell’intera vicenda. Le proiezioni video, talora presenti nel corso dell’opera e non invadenti, ci mostrano la visuale dell'uccello, il volo durante la sinfonia, come i suoi furti quasi finiscono per condurre a morte una ragazza innocente; e poi l’opera si chiude con le immagini del volo della gazza su Vienna che approda al Kunsthistorisches Museum, sulla Saliera di Benvenuto Cellini, capolavoro orafo rubato e per fortuna ritrovato, proprio come il cucchiaio e le monete rubate dalla gazza!

Si apprezza con piacere il movimento che il regista Tobias Kratzer imprime a tutto il cast e al coro: l’opera viene raccontata con un vorticoso senso teatrale, con una gestualità calibrata, naturale ed efficace e un’ottima distribuzione dei personaggi e del coro sulla scena. Si sale, si scende, c’è un viavai continuo di tutti i cantanti! Insomma, l’esatto opposto di certe “regie” ingessate, noiose e antiquate, alle quali ancora càpita di assistere!

Per fortuna lo spettacolo è stato ripreso e ne sarà realizzato un dvd di prossima uscita per l’etichetta Unitel.

Ma le sorprese non si limitano all’aspetto registico-teatrale: musicalmente è un’esecuzione raffinata e incalzante, che ben mette in luce il caleidoscopio dei caratteri dell’opera semiseria di Rossini; la produzione schiera un cast vocale di specialisti rossiniani, affiatatissimi tra loro, bravissimi come attori tanto quanto cantanti.

A curare le trame musicali della produzione c’è Antonino Fogliani, che guida con precisione, brio e leggerezza l’ottima orchestra sinfonica della Radio di Vienna, compagine dal suono smagliante e tornito: Fogliani è particolrmente bravo nell’assicurare compattezza tra la buca e il movimentato palcoscenico.

Molto bene anche il Coro Arnold Schönberg diretto da Erwin Ortner: estremamente preciso, ma con qualche suono tendente al fisso che alle orecchie del pubblico italiano suonerebbe, per fortuna, poco familiare.

Come si accennava, il cast vocale schiera cantanti-attori, ciascuno adeguato alla proprio parte, tutti bravi nell’esprimere vocalmente e come scenicamente i caratteri dei personaggi interpretati.

Fabio Capitanucci è un Fabrizio concreto, dalla voce robusta e ben proiettata, che rende bene il ricco fittaiuolo. Discorso analogo per la Lucia di Marina de Liso, dalla voce ben timbrata, dalla spiccata comunicatività attoriale.

Maxim Mironov porta in dote l’eleganza della sua linea di canto, la precisione e lo smalto dei suoi acuti alla parte di Giannetto: interpretazione stilisticamente ineccepibile, linea di canto ferma, emissione variegata, il tenore russo fa emergere nel corso dell’opera la gioia e i dubbi che assalgono Giannetto. Bel legato, mezzevoci, bel timbro, acuti squillanti e sicuri fanno del Giannetto di Mironov una interpretazione sfaccettata e da ricordare.

Su Ninetta è incentrata drammaturgicamente e musicalmente La gazza ladra: Rossini l’ama, soffre ed è evidente che è schierato dalla sua parte. Che Ninetta sia una sorella minore di Angelina è Rossini a farcelo immediatamente capire sin dalla cavatina d’esordio “Di piacer mi balza il cor”.

A Vienna ad interpretare la parte del verace personaggio c’è Nino Machaidze, perfetta nel plasmare una donna debole oppressa da un mondo dominato dai soprusi e ingiustizie. La sua Ninetta è una ragazza buona d’animo, genuina, palpitante, carnale, una povera giovane che si ritrova a dover affrontare un equivoco che la stritola e che rischia di farla condannare a morte.

L’interprete esprime magnificamente l’amore per Giannetto, quello per il padre, il turbamento dilaniante per l’accusa di furto, lo smarrimento dinanzi alla sentenza di condanna a morte, la felicità finale.

Grazie a una vocalità matura, che poggia su un’ottima organizzazione, tutte le espressioni della psicologia di Ninetta si ritrovano nell’interpretazione di Nino Machaidze: la voce, rispetto a quella degli esordi, si è irrobustita notevolmente, ha acquisito notevole volume e consistenza, il timbro si è inscurito, eppure le colorature sono rimaste sgranate e nitide come ai primi tempi, gli acuti timbrati, luminosi, ampi e sicuri. Ciò che questa produzione della Gazza conferma dell’interprete è il misurato afflato drammatico conferito a Ninetta: se nella scrittura di Rossini - si pensi all’articolato finale - ci sono accenni musicali che anticipano il Verdi dei primi anni, la Machaidze ce lo ricorda ed evidenzia il collegamento. Un’interpretazione da vedere e da ascoltare, questa di Nino Machaidze, salutata al termine da un’ovazione personale più che meritata.

Paolo Bordogna interpreta Fernando Villabella: è questo il debutto per il basso-baritono milanese in un ruolo serio: e la prova è superata a piani voti. Voce imponente, dal bel timbro, dizione scolpita; ma è soprattutto l’interprete ad imporsi. Da consumato uomo di teatro, Bordogna fa risuonare ciascuna parola, presta attenzione ad ogni inflessione musicale, in modo da delineare la figura del padre di Ninetta con una naturalezza umana e reale che merita immediatamente rispetto e pietà per la triste vicenda di Fernando.

Si impone per la profonda e timbrata voce di basso il Podestà di Nahuel Di Pierro: si ritrovano tutti gli accenti e le sfumature del bieco esercizio del potere e dell’arbitrio che provano a schiacciare gli innocenti e gli indifesi.

Diana Haller è Pippo, molto ben cantato, la cui linea di canto si sposa benissimo con quella della Machaidze nel meraviglioso duetto “Deh pensa che domani... E ben, per mia memoria”, purtroppo interrotto dagli applausi del pubblico viennese sulla ripresa del tema della Sinfonia su “A mio nome, deh, consegna quest'anello al mio Giannetto”.

Il venditore ambulante Isacco (quanto gli è debitore Giuseppe Verdi per la parte di Mastro Trabuco della Forza del destino?) è il bravo Riccardo Botta.

Tutte efficaci e funzionali alla perfetta riuscita dell’opera sono le parti minori di Antonio (Johannes Bamberger), Giorgio (Timothy Connor), Ernesto (Alexander Aigner), il Pretore (Zacharias Galaviz). Un plauso merita, infine, Robert Lillinger, al fortepiano sulla scena, impegnato anche nelle vesti di sobrio e silenzioso attore.

Al termine, furore, come avrebbe scritto Rossini e avrebbero riportato all’epoca la Wiener Zeitung.

Successo calorosissimo per tutti, applausi prolungati, tante chiamate sulla scena, pubblico visibilmente felice ed entusiasta.

Rossini, a 200 anni esatti dalla trionfale tournée a Vienna, riscuote ancor travolgenti successi; attuale era due secoli fa, e ancor più attuale lo è oggi. E lo spettacolo di questa sera ce lo ha ricordato, qualora lo si fosse colpevolmente dimenticato.


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