Ancora Butterfly
La seconda compagnia dell'opera pucciniana a Bologna conferma sostanzialmente gli esiti della prima. Degna di nota la presenza di pubblico giovane.
leggi anche la recensione della prima Bologna, Madama Butterfly, 19/02/2023
BOLOGNA 21 febbraio 2023 - Bis per Madama Butterfly. È necessario, come direbbe Lady Macbeth? Con fare meno minaccioso, possiamo dire che, se non proprio necessario, di certo è stato opportuno ascoltare anche il cast alternativo al Comunale Nouveau. In primo luogo per familiarizzare con lo spazio e prender le misure con un'acustica che non è certo malvagia, ma resta nello standard di tanti spazi simili, funzionali supplenti a cui manca un po' l'anima, il calore, la ricchezza d'armonici e il nitore analitico dei teatri e delle sale da concerto titolari – antichi o moderni che siano. Si perde qualche armonico, però si sente tutto e si sente piuttosto bene, se gli artisti si sanno calibrare a dovere e senz'altro Daniel Oren in questa occasione mostra di saperlo fare, quando vuole. La qualità del suono, il controllo, la tenuta sono da bacchetta di prim'ordine, l'interpretazione resta negli argini rassicuranti di una visione un tantino demodé, patetica e floreale, che non stupisce, come non stupiscono tutti gli atteggiamenti tipici del maestro israeliano, il gesto enfatico e le sottolineature ruggenti. Così è, nel bene e nel male.
Sulla scena, la protagonista alternativa Zarina Abaeva è senz'altro corretta, ma la voce risulta un po' debole soprattutto nei centri, per sostenere sempre con adeguata proiezione e timbratura la scrittura pucciniana. La sovrasta sovente la sonora Suzuki di Aloisia Aisemberg, sebbene il suo temperamento travalichi in più punti la grazia che ci si aspetterebbe dalla “serva amorosa”. Antonio Poli è un Pinkerton sicuro, convincente per timbro, di natura lirica ma non privo di bruniture, e fraseggio; un ottimo Angelo Veccia incarna con autorevolezza la dignità diplomatica di Shapless, che vede, capisce, ma non interviene se non in minima parte nella tragedia. Cambia anche lo Zio Bonzo e si apprezza la bella prova di Huan Hong Li.
In linea con la concertazione di Oren, la regia di Gianmaria Aliverta si conferma di tranquilla tradizione (fatto salvo il rilievo conferito a Kate) e restano degne di nota le luci di Daniele Naldi riprese da Paolo Liaci, il vero perno della scenografia minimalista ripresa da Stefania Scaraggi.
Come alla prima, conforta constatare l'affluenza di pubblico nuovo, non solo per anagrafe, ma comunque con un'età media decisamente bassa. Davvero l'idea di andare all'opera fuori dal teatro storico può risultare per qualcuno più rilassante, abbordabile, allettante? Sarà forse un'immagine di minore formalità? In ogni caso, bisogna pensarci per modulare le strategie di comunicazione, per far capire che il teatro è luogo di ritrovo, non un antro oscuro e minaccioso, o che le estrose mise che sfilano in favor di telecamera a Sant'Ambrogio non sono norma e regola. Se qualcuno dei ragazzi che si sono avventurati al Comunale Nouveau (o che pensano di avventurarsi all'opera) sta leggendo queste righe, non si preoccupi: nessuno a teatro vi mangerà o vi additerà come reprobi, basta essere educati e tenere occhi e orecchie aperte per conoscere un mondo nuovo. Non è un dramma aver sentito scoppi di applausi fuori tempo, ma ci auguriamo che la frequentazione porti anche l'attenzione al momento giusto (nei programmi televisivi l'applauso scatta sopra il ritornello celebre e il passo d'effetto, a teatro si preferirebbe ascoltare e poi applaudire) e al modo (tradizionalmente fischi e Bu indicano il dissenso, quindi certi strani acuti ululati che si ascoltano ultimamente fanno uno strano effetto straniante). Per tutti noi che viviamo a pane e opera sarà solo un piacere trovarsi intorno anche chi vive lo stupore della prima volta e raccontare magari qualche dettaglio o aneddoto. Speriamo davvero che questa trasferta serva almeno a qualcuno per rompere il ghiaccio, a qualcun altro per affinare i meccanismi della comunicazione. Perché, se non è obbligatorio che a tutti debba interessare e piacere l'opera o la musica classica, è un peccato se qualcuno non la frequenta solo per diffidenza o senso d'inadeguatezza.