L’Ape musicale

rivista di musica, arti, cultura

 

La scintilla di Alfredo

di Roberta Pedrotti

La terza opera in programma nel festival donizettiano di Bergamo riscuote un sorprendente e meritato successo grazie al cast capitanato da Gilda Fiume e Antonino Siragusa, alla regia di Stefano Simone Pintor e alla direzione di Corrado Rovaris.

Bergamo, Il diluvio universale, 17/11/2023

Bergamo, Lucie de Lammermoor, 18/11/2023

BERGAMO, 19 novembre 2023 - Sulla carta, fra un grande dramma biblico e una versione alternativa di uno dei maggiori capolavori, il giovanile Alfredo il Grande sembrava destinato a far la fine del vaso di coccio fra i vasi di ferro. Già la trama sembra delle più esili: inizialmente sopraffatto dall'invasore danese, il re d'Inghilterra si rifugia presso un eremita e, raggiunto dalla battagliera consorte e dal suo più fedele generale, organizza la riscossa, sbaragliando il condottiero nemico Atkins grazie anche al sollevarsi di pastori e contadini. Il libretto di Andrea Leone Tottola, pur senza offrire un intreccio particolarmente vario e avvincente, presenta comunque qualche guizzo degno di nota, come la metafora dell'”elettrica scintilla” che non passa inosservata in un testo del 1823. Inevitabilmente, la musica è in prevalenza vivace e marziale, ma non mancano finezze nella concezione sempre più ampia delle forme (basti pensare all'estesissima grande aria del protagonista, più che un tributo al divismo di Andrea Nozzari) e nella costruzione dei temi: la marcetta dei danesi tornerà nella celebrazione del trionfo inglese (ma la risentiremo pure nel Diluvio universale e nella Fille du régiment), lo stesso tripudio solenne scatta sull'attenti all'attacco del tema di God save the King, ma si evolve con una gustosa strumentazione arcaizzante dell'inno borbonico Vive Henry IV, che giusto due anni dopo coronerà pure Il viaggio a Reims rossiniano. Sarà anche una drammaturgia fragile, ma Alfredo il grande è un'opera che si aggancia a una stretta attualità politica e bene ha fatto il regista Stefano Simone Pintor (con lo scenografo Gregorio Zurla, la costumista Giada Masi, Fiammetta Baldiserri per le luci e Virginio Levrio per i video) a pensare, con garbo, di metterla in relazione con la contemporaneità. Più che al generico regnante buono e legittimo dei versi di Tottola, guarda allo spessore del personaggio storico, il sovrano del IX secolo che fu legislatore e promotore di alfabetizzazione, traduzione di testi latini in lingua inglese, una politica culturale di fondamentale importanza per lo sviluppo del paese. Ecco che allora i canonici elmi cornuti dei barbari vichinghi non sono solo una tenera allusione alla tradizione iconografica, ma a ben guardare sono in realtà le repliche del copricapo del famoso “Sciamano” dell'attacco a Capitol Hill del 6 gennaio 2021. Per contro, Alfredo, la moglie Amalia, il generale Eduardo, perfino le contadine Enrichetta e Margherita con Guglielmo (qui un prelato) appaiono spesso con un libro in mano, intenti a leggere o scrivere. Nelle proiezioni sul fondale, efficaci e non invasive, la riscossa è una riscossa di cultura rappresentata da raffinate pagine miniate, mentre la violenza barbara ha le sembianze ignoranti e perniciose di chi nella storia ha bruciato e brucia libri, di guerre di ieri e oggi. Oggi non si celebra la monarchia, ma la civiltà, e difatti Amalia si libera di diadema ed ermellino per intonare il suo rondò finale.

Rondò che è il meritato trionfo di una una recita che vede crescere via via l'entusiasmo del pubblico: Gilda Fiume sciorina agilità, legati, staccati, sovracuti con spiazzante disinvoltura, voce sempre ampia e morbida, sempre duttile nell'espressione e nell'articolazione del testo. Sia giubilo, tormento accorato o fierezza regale, non perde mai il fuoco dell'emissione e della giusta intenzione. Non è da meno Antonino Siragusa, al quale si dovrebbe fare un monumento per l'incrollabile professionalità di chi da quasi trent'anni sostiene tante parti rossiniane e belcantiste, titoli di grande repertorio e rarità assolute senza un cedimento. Una certezza, anche per la dizione chiarissima, la cura musicale e la resa vocale, qui per di più in una parte baritenorile diversa da quelle sue consuete – dopo Osiride in Mosé in Egitto questo è solo il secondo personaggio creato da Nozzari che affronta. Agli albori, viceversa, della carriera, continua a far ben sperare il baritono Lodovico Filippo Ravizza, davvero ottimo Eduardo, al pari del pure giovane Adolfo Corrado, ben a suo agio nel vigore del barbaro Atkins. Valeria Girardello rende onore alla non trascurabile aria di Enrichetta, e ben figurano pure Francesca Cicìo (allieva della Bottega Donizetti, Margherita), Antonio Gares (Guglielmo) e Alexander Marev (Rivers). Il coro della radio ungherese diretto da Zoltan Pad, per lo più previsto in posizione oratoriale parti alla mano, completa il bel quadro musicale insieme con l'orchestra Donizetti Opera, affidata alla guida sicura di Corrado Rovaris, che conosce bene il mestiere e il repertorio, sì da imprimere sempre il giusto passo all'azione senza perder di vista le ragioni del canto, del teatro, dell'equilibrio complessivo.

Si chiude in bellezza questo primo fine settimana operistico del festival bergamasco, ma più che chiudersi in realtà si apre e tesse reti, fra musica e musicologia (Alfredo è nell'edizione critica di Edoardo Cavalli, come Il diluvio, mentre Lucie è nella revisione di Jacques Chalmeau), teatro, arti e attualità, dall'ecologia alla violenza di genere al rapporto fra cultura e guerra. E se all'Acacdemia Carrara una mostra ammicca ad Anna Bolena (Tutta in voi la luce mia) per mostrare la melodrammatica teatralità della pittura ottocentesca, proprio di fronte, nella Galleria di Arte Moderna e Contemporanea, un'esposizione dedicata al filmmaker e visual artist Ali Cherri torna, con toni onirici fra concreto, contemporaneo e arcaico, a parlare di natura, cultura, guerra.


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