Ein deutsches Requiem
di Roberta Pedrotti
Delude al Regio di Parma l'approccio di Oksana Lyniv al capolavoro sacro di Verdi.
PARMA, 23 settembre 2023 - Direttrice musicale del Comunale di Bologna dall'inizio del 2022, fra opere e concerti stiamo imparando a conoscere Oksana Lyniv. Il suo ambiente d'elezione è senz'altro quello wagneriano con le sue propaggini tardoromantiche, sul quale sembra essersi modellata nella sua personalità e nella sua tecnica. Quando esce da quest'ambito, qualche dubbio comincia a sorgere: se Tosca, per esempio, regge ancora bene una lettura più sinfonica, di stampo straussiano, in Andrea Chénier il senso del canto e della prosodia italiana sono fondamentali e non possono essere compensati dal vigore orchestrale, così come per la Mirandolina di Bohuslav Martinů lo spirito della commedia non può essere accessorio. Tutti i distinguo che nell'ultimo anno e mezzo possono aver punteggiato le esperienze italiane della direttrice ucraina sembrano nodi che vengono al pettine nel Requiem testé proposto al Festival Verdi di Parma, incidente di percorso che inquadra, dopo i pregi, anche i ben precisi limiti di Lyniv.
La gestione piuttosto sbrigativa di agogica e dinamica, con una gamma limitata di sfumature e un procedere genericamente spedito, denuncia fin da subito una mancanza di compenetrazione nella poetica verdiana, un rimanere quantomeno in superficie rispetto alla profondità di questa riflessione sulla morte. Pare subito chiaro che Lyniv diriga nel senso di scandire il tempo, ma non concerti, tant'è vero che scivolano via quasi inosservati gli snodi poetici salienti del Requiem, primo fra tutti il ricorrere del Dies Irae, ma non solo. Se, solitamente, già il primo attacco in pianissimo del coro segna l'interpretazione e suggerisce la strada che percorreremo, qui non riusciamo ad andar oltre l'esecuzione delle note. E non solo non può bastare, ma fatica anche a funzionare, perché, senza fraseggio e compitando solo la partitura, l'energia risulta vuota, indurita, l'orchestra (che pure è quella del Comunale di Bologna con cui collabora stabilmente) non trova stimoli, il coro (che pure, sotto la guida esperta di Martino Faggiani, unisce elementi parmigiani e bolognesi di comprovata qualità) non si innalza dall'ordinario e il quartetto solistico non si amalgama. Anzi, negli assiemi soprattutto si rilevano sbandamenti d'intonazione. Tuttavia, sulla carta e presi singolarmente, i cantanti sono pure di prim'ordine: abbiamo la classe di Michele Pertusi e il pathos di Daniela Barcellona sul versante dei veterani, mentre fra le nuove leve il lirismo luminoso di Federica Lombardi e il timbro robusto di Freddie De Tommaso. Eventuali finezze sparse e isolate sembrano più iniziative personali di chi ha più esperienza che indicazioni del podio, mentre in generale si procede guardinghi.
Insomma, una locandina stuzzicante per molti versi e, tuttavia, una serata decisamente non riuscita, un passo falso cui si spera si possa in futuro rimediare, magari ponderando meglio approcci a Verdi e dintorni e concentrandosi su un repertorio più congeniale.
Il pubblico, ad ogni modo, festeggia tutti gli interpreti con generosità: potenza del Cigno di Busseto!