Viva Verdi!
di Roberta Pedrotti
Desta entusiasmo la trasferta francese dell'orchestra dell'Accademia della Scala con la direzione di Alessandro Bonato. In programma un'antologia di sinfonie, preludi e ballabili verdiani in un'interpretazione nobile e viva, palpitante di tensione, minuziosa e intelligente nel fraseggio.
Aix Les Bains, 30 settembre 2023 - Non solo Parma e dintorni. Quest'anno c'è un'altra rassegna in Europa tutto dedicato a Verdi, il Festival des Nuits Romantiques a Aix les Bains, località termale sulle rive del lago del Bourget celebrato da Lamartine, fra i monti della Savoia. L'appuntamento di punta del cartellone è senz'altro il grande concerto che vede ospite l'orchestra dell'Accademia del Teatro alla Scala. Dunque, val la pena andare, mettersi in viaggio e scoprire un pubblico eterogeneo ed entusiasta, che accoglie con calda emozione i giovani scaligeri. Con gli artisti c'è anche un buffet post concerto che non è la solita cena ufficiale con il solito catering di professionisti, ma un tripudio di piatti tipici fatti in casa da persone del luogo, che si avvicinano con i vassoi sorridendo e invitano ad assaggiare abbozzando pure qualche parola in buon italiano. L'atmosfera familiare non tragga in inganno: basta intercettare qualche conversazione nel foyer per capire che chi viene a questi concerti sa il fatto suo, discute di musica e letteratura con cognizione di causa, ferma i ragazzi dell'orchestra con osservazioni tecniche e complimenti mirati sui loro interventi. E, ci dicono, non sempre la sala si riempie come avviene oggi. Dunque, il tutto esaurito, gli applausi scroscianti, la standing ovation finale e il rammarico per aver avuto un solo bis (dopo un programma impegnativo e nutrito) sono davvero lusinghieri.
D'altra parte, è valsa davvero la pena di varcare le Alpi, e non solo per visitare la città e scoprire il festival savoiardo. L'orchestra dell'Accademia della Scala è reduce da un mese intenso, con le recite del Barbiere di Siviglia e del Lago dei cigni, ma non manca di farsi valere spaziando fra alcuni dei pezzi sinfonici più noti e ardui del repertorio verdiano. Le sinfonie di Nabucco, Giovanna D'Arco e di Les vêpres siciliennes, i preludi del terzo atto della Traviata e di Macbeth, i ballabili da Les vêpres siciliennes e Macbeth, cui si aggiunge la sinfonia dalla Forza del destino fuori programma. La selezione da cui sono emersi questi giovani strumentisti è d'alto livello e si sente nei tanti passi solistici disseminati in queste pagine; “pur non basta”, si sa: l'orchestra non è fatta di individualità distinte, ma è un organismo collettivo, non deve solo saper eseguire ma anche entrare compatta nello spirito dell'autore e del brano. Come già in marzo ad Arezzo con Čajkovskij [Arezzo, Galà di Danza dell'Accademia della Scala, 04/03/2023], è determinante la presenza di Alessandro Bonato sul podio per imprimere la giusta direzione al concerto. È raro sentire, anche da professionisti più esperti, un Verdi così nobile e vivo, non solo per slancio giovanile, ma per attento scavo in quelle note che «o belle o brutte che siano non le scrivo mai a caso e che procuro sempre di darvi carattere», come ebbe a precisare a proposito di Rigoletto. Ecco, allora che i temi di Les vêpres siciliennes si scontornano e si evolvono con affetto consapevole della loro collocazione nell'opera. Ecco che nella Traviata sentiamo - con colori diafani, accortissimi rubati e ritenuti - un alito di malattia e di morte che incombe inesorabile, sottile e inafferrabile ma pure concreto. Ecco nei brani dal Macbeth esternarsi quella capacità di plasmare il suono come vera materia teatrale e, in quanto tale, ora ruvido ora levigato, ora fiammeggiante ora terreo, liquido o volatile, serpentino o imperioso, opaco o traslucido, vigoroso o evanescente. Mai con vano esibizionismo, mai con gesto esteriore che vada a incrinare quella che invece è la caratteristica intrinseca del teatro verdiano: la nobiltà, quella vera, non di finti blasoni ma del pensiero alto, profondo e onesto. Allora non c'è bisogno di frenesie ed eccessi, ma ci si può anche sporcare le mani nel dar corpo al demoniaco, così come si può sentire la forza della carne e del sangue nel fraseggio più meditato e tornito. Basti pensare alla Forza del destino, a quell'attacco corrusco e impetuoso che trapassa nella dolcezza e nell'ispirazione dei temi di pentimento e redenzione, pur percorsi dall'inesorabile tensione fatale. Basti pensare a ogni crescendo, ma soprattutto a quello delle sezioni tempestose di Giovanna D'Arco, che nascono da un soffio quasi impercettibili per infuriare in un crescendo perfetto e accostato ad arte con le sonorità pastorali della sezione centrale. Ogni elemento, lo enuncia già bene in apertura Nabucco, è valorizzato e il contrasto si fa parte logica e inevitabile del discorso. La stessa dura prova virtuosistica delle Quattro stagioni da Les vêpres siciliennes non perde mai la visione d'insieme, il carattere descrittivo che fa quasi percepire il crepitìo del ghiaccio prossimo al disgelo.
Senz'altro il potenziale dei ragazzi dell'Accademia della Scala si affinerà con l'esperienza, ma se alla qualità individuale degli strumentisti si unisce sul podio una guida capace di animare e indirizzare il sentire dell'orchestra con maturità tecnica e interpretativa, i risultati sono evidenti. Nello specifico un Verdi come è raro ascoltare, intelligente, rifinito e palpitante. Che venga, poi, da un palco in cui nessuno raggiunge i trent'anni è ancor più entusiasmante e ci fa giubilare insieme con il pubblico francese, fra le poltrone color caramella del Centro Congressi di Aix Les Bains.