L’Ape musicale

rivista di musica, arti, cultura

 

Tensione e splendori

di Irina Sorokina

Un'interpretazione poco persuasiva dell'ultima sinfonia di Beethoven è sollevata dall'ottima prova del coro della Fondazione Arena di Verona

VERONA, 11 agosto 2024 - Compie duecento anni dalla nascita la Nona sinfonia di Ludwig van Beethoven e viene festeggiata in giro per il mondo, Italia compresa. Anche chi non ha mai ascoltato la musica del genio di Bonn sarà stupito dalla grandezza della sua ultima fatica nel genere sinfonico e attirato dalle curiosità storiche.

Fu commissionata dalla Società Sinfonica di Londra ed eseguita per la prima volta in un’accademia privata al Theater am Kärntnertor di Vienna il 7 maggio 1824. Venne diretta da kapelemeister viennese Michael Umlauf, mentre Beethoven, completamente sordo, si limitò di indicare la velocità. La sinfonia ottenne un grande successo, ma Beethoven non poté sentire gli applausi; solo il gesto del contralto Caroline Ungher che lo girò verso il pubblico gli permise di vedere le mani che applaudivano. Qualcuno addirittura piangeva, in molti gettavano in aria cappelli e foulard: il compositore fu emozionato fino a tal punto che perse i sensi.

La Nona sinfonia fu il frutto di dieci anni di gestazione e di due anni di lavoro. All’inizio Beethoven pensò alla stesura di due opere indipendenti, una sinfonia col finale corale e una composizione strumentale in re minore. Nel 1822 le unì in una sola opera aggiungendo al finale L’inno della gioia di Schiller; ci pensava dall’inizio degli anni 1790. Fu un’importante innovazione: alcuni musicologi sostengono che proprio la Nona di Beethoven presenta il primo caso d’uso delle voci in una sinfonia. I fatti storici suscitano sempre interesse, ma la vera magia del capolavoro del grande sordo sta in una lunga serie di cose. Direttori d’orchestra, strumentisti e cantanti – senza parlare del pubblico – rimangono rapiti dai forti contrasti, dalle combinazioni fra spirito eroico e dolcezza finissima, dai crescendo eroici che letteralmente travolgono e dai mormorii paralizzanti. La Nona sinfonia mette ogni direttore d’orchestra a dura prova: come trovare un equilibrio? E come penetrare nel mistero dell’idea della lotta al destino, importantissima per il compositore tedesco? L’esecuzione veronese, purtroppo, non risolve questi problemi.

La calda sera dell’11 agosto le tre prime parti della Nona non trovano nell’orchestra dell’Arena di Verona guidata da Andrea Battistoni interpreti del tutto all’altezza. Di Battistoni si apprezzano l’energia che trasmette da sempre e il gesto preciso e bello anche da vedere; tuttavia i suoi sforzi non sono sufficienti per unire una tale marea di musicisti in scena. Nell’esecuzione dei tre primi movimenti – Allegro ma non troppo, un poco maestoso; Molto vivace – Presto – Scherzo; Adagio molto e cantabile – Andante moderato - Adagio – si ha l'impressione che tutte le energie del direttore e dei musicisti si concentrino nell'andare insieme: ne vengono fuori una varietà dei colori limitata e un fraseggio generico.

Non sembra totalmente a proprio agio il quartetto di solisti, probabilmente a causa della frequentazione non assidua di questo tipo di repertorio: Erin Morley, soprano statunitense dal vasto repertorio che si spinge da Richard Strauss a Poulenc e da Mozart a Wagner, passando per l’operetta; il mezzosoprano Anna Maria Chiuri, una raffinata musicista in possesso di una voce ampia e vellutata; il basso russo Alexander Vinogradov, già elogiato per le sue qualità vocali nel ruolo di Ramfis in Aida verdiana; il tenore Ivan Magrì, che rispetto ai colleghi sembra addirittura fuori luogo. Ai solisti si riconosce un grande impegno artistico e una notevole tecnica che permette a loro di “domare”la scrittura di Beethoven, ma il volume delle voci è insufficiente.

Se l’esecuzione delle parti strumentali desta alcuni dubbi, il finale con la partecipazione del coro riesce ad emozionare: il merito va non solo all’orchestra che sotto la guida di Battistoni mantiene incessantemente il ritmo, ma soprattutto al magnifico coro dell’Arena di Verona diretto da Roberto Gabbiani. Col loro canto espressivo, potente e brillante non fanno che confermare la loro ottima reputazione, e proprio grazie al loro lavoro, l’esecuzione veronese della Nona viene premiata dagli applausi.


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