L’Ape musicale

rivista di musica, arti, cultura

 

Aida per eccellenza

di Irina Sorokina

Torna all'Arena la storica produzione ricostruita da Gianfranco De Bosio sulla base del primo spettacolo areniano del 1913. Sul podio per questa Aida Daniel Oren e un cast in cui delude solo il Radames di Piotr Beczala.

Verona, 10 agosto 2024 - Una sorpresa? Un esito del tutto logico? Come definire quest’Aida areniana che quest’anno figura nel cartellone come Aida 1913, perdistinguerla dall’Aida firmata Stefano Poda? Si ricordano tante stagioni in cui andò in scena, come si ricordano tanti cast, a volte efficienti, a volte meno. Tuttavia al suo ritorno questa Aida storica, come può essere ormai definita a pieno titolo, dà l’ulteriore conferma d’essere la migliore.

Fiumi d’inchiostro (o, meglio, migliaia di tasti premuti sulla tastiera del computer) sono stati spesi per descriverla e a volte giudicarla severamente, ma a centoundici anni passati ribadisce la sua bellezza e la sua vitalità. Più di quarant’anni fa a Gianfranco De Bosio venne l’idea di rievocare la messa in scena risalente al 1913, basandosi su schizzi, bozzetti e fotografie d’epoca. Le scenografie non furono altro che degli elementi egiziani entrati nell’immaginario collettivo quali palme, colonne dei templi, statue, sfingi. I costumi furono più adatti a fisici armoniosi che alle celebrità con qualche chilo di troppo (e pensiamoci ai nostri tempi!). Non si trattava di una vera regia, ma della scrupolosa messa in scena del libretto: lo stesso regista sostenne che la sua “guida” fu il documento scritto dal Verdi stesso che la Casa editrice Ricordi pubblicò nel 1872. Una delle bellezze autentiche della messa in scena veronese fu, senz’altro, il lussuoso baldacchino sul tempio in cui, sopra la tomba degli amanti murati, pregava la figlia dei faraoni Amneris. Questo baldacchino faceva parte delle scene originali di Ettore Fagiuoli, da poco è stato ripristinato e il pubblico d’oggi ha fortuna d’ammirarlo, come ha il piacere di godersi la scena di trionfo con la partecipazione delle grandi masse di coristi e di bellissimi cavalli, senza dimenticare il balletto firmato da Susanna Egri.

Quest’anno la forza autentica dell’Aida ”storica”, rappresentata per l’ennesima volta tra le mura dell’anfiteatro, oltre che nel solito banchetto per gli occhi è nel cast, non del tutto perfetto, ma forte della presenza di elementi quali Luca Salsi (Amonasro), Ekaterina Semenchuk (Amneris), Alexander Vinogradov (Ramfis). Maria José Siri, com’era da aspettarselo, si difende bene nel ruolo del titolo e Piotr Beczala delude in quello di Radames. A volte artisti di valore appaiono in ruoli che non corrispondono alla loro indole e la vocazione: è proprio il caso del tenore polacco.

Ekaterina Semenchuk domina la prima rappresentazione dell’Aida 1913 come cantante e come attrice, ma non evita qualche nota critica. Disegna un’Amneris “classica”, fiera figlia dei faraoni, a tratti ipocrita e disprezzante, capace ai grandi slanci di pietà e generosità; nella sua recitazione si percepisce qualche esagerazione. Il canto del mezzosoprano russo è allineato con il suo modo vivere in scena: è ricco di sfumature, ma le forzature onnipresenti disturbano spesso l’orecchio di chi l’ascolta. Meno urla, più equilibrio e un uso più sapiente del registro basso: ne sarebbe venuta la principessa egizia perfetta.

Maria José Siri è fedele a sé stessa, la voce importante e ben estesa accusa spesso opacità, che si perdona facilmente grazie al raffinato gioco di mezze voci e di chiaroscuri. E poi, canta tutto sul fiato: i suoi “O cieli azzurri” risultano carezzevoli per l’orecchio e per l’anima.

Il tenore polacco Piotr Beczala, secondo il nostro parere, è capitato in una serata infelice. Il ruolo del giovane e aitante condottiero egizio non è affatto nelle sue corde, somiglia più a un impiegato d’ufficio timidamente innamorato: un sorriso ironico scappa per forza e non si limita di una volta sola. Delude anche vocalmente dall’inizio; la perfida “Celeste Aida” non vuole farsi domare, perché esige omogeneità dei registri e una salita facile verso il si bemolle. E proprio questa nota che si aspetta squillante e argentata, suona opaca e soffocata; la prestazione del tenore non va molto meglio il resto dell’opera: accettabile, ma non certo brillante.

Amonasro è il baritono parmigiano Luca Salsa ed è apparso nel ruolo di Scarpia in Tosca, rivelandosi un capo della polizia romana grandioso, spaventoso, perfetto. Il suo re etiope è tutt’altra storia, tutt’altro personaggio: e anche in questo caso Salsi è perfetto, riesce ormai a moderare una certa rudezza e disegnare il personaggio in cui convivono l’impietoso guerriero e il padre attento. Risulta perfettamente equilibrato in “Quest’assisa ch’io vesto vi dica” e perfeziona il suo legato, davvero dolce e carezzevole in “Ma tu re” e “Rivedrai le foreste imbalsamate”.

Il basso russo Alexander Vinogradov fa una bella figura nel ruolo di Ramfis, aiutato dalla voce davvero bella, posata, vellutata e dell’atteggiamento quasi reale. I tre comprimari, perfetti nei loro interventi, vantano una lunga esperienza nei rispettivi ruoli: Carlo Bosi, un messaggero, Francesca Maionchi, una sacerdotessa, Simon Lim, il Re.

Daniel Oren, com’era da aspettarsi, si trova al suo massimo agio, quando tiene in mano le redini dell’Aida dentro le mura dell’anfiteatro gremito di gente: si dimostra sicuro, dal bel gesto imperioso, giusto nei tempi e attento alle esigenze dei solisti. Ne viene fuori una recita più che soddisfacente, segnata pure dalla sintonia raggiunta tra il palcoscenico e la buca d’orchestra. Possiamo ancora attribuire all’Aida veronese due epiteti: ”areniana” e “oreniana”.

Superlativo il coro areniano preparato da Roberto Gabbiani e finalmente si vede il ritorno a Verona del corpo di ballo che esegue le belle coreografie firmate Susanna Egri in cui brillano Eleana Andreoudi, Denis Cherevychko, Gioacchino Storace.

Cosa si potrebbe pensare del percorso scenico dell’Aida verdiana in Arena di Verona, dopo aver visto parecchie versioni sceniche, alcune dignitose e altre brutte e assurde? La regina dell’estate lirica veronese rimane lei, l’Aida storica, nata per volere di Gianfranco De Bosio, ispirato dai bozzetti della prima messa in scena del capolavoro verdiano nel 1913.


Vuoi sostenere L'Ape musicale?

Basta il costo di un caffé!

con un bonifico sul nostro conto

o via PayPal

 



 

 

 
 
 

Utilizziamo i cookie sul nostro sito Web. Alcuni di essi sono essenziali per il funzionamento del sito, mentre altri ci aiutano a migliorare questo sito e l'esperienza dell'utente (cookie di tracciamento). Puoi decidere tu stesso se consentire o meno i cookie. Ti preghiamo di notare che se li rifiuti, potresti non essere in grado di utilizzare tutte le funzionalità del sito.